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25/04/2020
Il dovere di ricordare la data del 25 aprile
Come potrebbe la storia italiana moderna sottovalutare la pagina scritta il 25 aprile 1945 e gli avvenimenti che l'hanno preceduta?

Il pericolo maggiore di ogni celebrazione è la retorica. Ma il rispetto della verità, con approfondimenti che non si devono temere, non significa dimenticare. E il valore del 25 aprile del 1945 non può essere in alcun modo dimenticato perché esso ha rappresentato, per l'Italia, la svolta storica posta a fondamento della Repubblica, di una nuova dignità internazionale, di una Costituzione che resta valida nella sua impostazione di fondo. Nel rivendicare questa fondamentale legittimazione i Popolari non ebbero mai alcun complesso di inferiorità.

La partecipazione alla Resistenza è stata sin dall'inizio significativa. Nell'aprile del 1946, al primo congresso all'Università di Roma della Dc, guidata da De Gasperi, ultimo segretario del Ppi che resistette a Mussolini, Enrico Mattei, il prestigioso comandante dei volontari della libertà, ha orgogliosamente rivendicato, oltre all'attiva partecipazione al Comitato di Liberazione Nazionale, il rilevante contributo dato dai cattolici alla conquista della libertà. Quasi 60 mila partigiani, migliaia di feriti, duemila morti, tra cui giovani cattolici come Giancarlo Puecher Passavalli, una delle prime medaglie d'oro della Resistenza, antifascisti come Galileo Vercesi segretario popolare milanese negli anni Venti, e molti altri, sono stati un significativo apporto ad una Resistenza resa vincente dai sacrifici e dalle battaglie di migliaia di combattenti, dal prezzo di migliaia di caduti.

Inoltre, il manifesto dei cattolici impegnati nella resistenza e la loro scelta di non violenza - come affermato dal Prof. Mario Taccolini - è tutta contenuta nella preghiera del Ribelle, di Teresio Olivelli e nell’omonimo giornale al quale lo stesso don Giacomo Vender partecipò attivamente; tra le donne cattoliche impegnate nella resistenza, si ricorda anche Tina Anselmi, staffetta partigiana e in seguito prima donna ministro della nostra Repubblica.

La stragrande maggioranza del popolo è stata, in quella difficile prova, la protagonista della liberazione del Paese dall'occupazione nazista. Le forze politiche, sociali e culturali diverse che avevano ostacolato la dittatura hanno potuto colmare, unitariamente, il vuoto del crollo di un regime divenuto sanguinario. Le radici del riscatto erano ancora più profonde. La Resistenza contro il fascismo è cominciata negli anni Venti, ha avuto il punto più alto nell’Aventino, dopo il delitto Matteotti, si è avvalsa del coraggio degli antifascisti, degli esuli, dei perseguitati, tra i quali i popolari Sturzo, Donati, Ferrari e lo stesso De Gasperi, è continuata, in pieno regime, con l'opposizione milanese dei “guelfi” di Malvestiti e gli scontri con l'Azione Cattolica nel 1931.

Né va dimenticato che la Resistenza è stata una risposta di alta responsabilità civile e politica al caos dell'8 settembre 1943 che coinvolse, insieme alla monarchia, istituzioni allo sbando ricostruite nell'onore e nella credibilità internazionale dell'Italia dalla mobilitazione partigiana. Per questo va anche ricordato, insieme alla lotta partigiana, il notevole contributo di interi reparti delle Forze Armate, con oltre 25 mila morti, che trovandosi all'estero, dalla Jugoslavia alla Grecia, da Cefalonia alla Corsica, hanno condotto azioni regolari contro i tedeschi. Così come vanno associate al ricordo le decine di migliaia di morti di italiani deportati nei campi di concentramento che hanno saputo opporre una resistenza senza armi con il rifiuto a tornare in Patria, per schierarsi con la Repubblica Sociale, e con eroici boicottaggi alla furia nazista di annientamento della loro personalità.

Si concludevano, con il 25 aprile del 1943, molte pagine importanti della storia italiana riconducibili, per certi aspetti, anche alle migliori battaglie del Risorgimento e tali da essere l’elemento fondante del nuovo Stato democratico. Senza questi precedenti, che non possono essere annullati da un revisionismo storico manipolatore e di moda, sarebbe stato difficile avere ascolto alla Conferenza di Parigi per il Trattato di pace. Nel discorso noto per l’espressione "tutto è contro di me, tranne la vostra personale cortesia", De Gasperi fu in grado di ricordare, con dignità di statista, che il crollo del regime fascista, a seguito degli avvenimenti militari, "non sarebbe stato così profondo se non fosse stato preceduto dalla lunga cospirazione dei patrioti che in Patria e fuori, agirono a prezzi di immensi sacrifici, senza l'intervento degli scioperi politici nelle industrie del nord, senza l'abile azione clandestina degli uomini dell'opposizione parlamentare antifascista" che spinsero al 25 luglio. "L'Italia ha liberato se stessa dal regime fascista - ha potuto dire De Gasperi a Parigi - grazie alla Resistenza che ci ha consentito di diventare Paese cobelligerante e non vinto - e sta facendo buoni progressi verso il ristabilimento di un Governo e di nuove istituzioni democratiche".

Come potrebbe la storia italiana moderna sottovalutare la pagina scritta il 25 aprile 1945 e gli avvenimenti che l'hanno preceduta? Perché si dovrebbe rinunciare al dovere di ricordate tutto ciò, con spirito di verità e senza enfasi retorica, ai giovani che non hanno vissuto quella tragedia? La manipolazione del diffuso revisionismo storico alla Renzo De Felice, vanno confutate senza neutralismi colpevoli, in sede scientifica, ma anche sul terreno politico, non si può prestare il fianco a chi, in nome di una pacificazione avvenuta da tempo, vorrebbe mettere sullo stesso piano fascismo ed antifascismo dimenticando che è dal grandioso moto popolare della Resistenza che sono nate la Repubblica, la Costituzione, che va riformata, ma non stravolta, la democrazia, al cui servizio i vecchi Popolari, in coerenza con il meglio del loro passato, non intendono venire meno nelle non facili prove dell'oggi.

Gilberto Minghetti




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