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18/04/2020
18 aprile 1948: il popolo italiano sceglie un futuro democratico e occidentale
quello che dobbiamo saper continuare a vivere e che ci appartiene per intero è una eredità che nessuno può amministrare per proprio conto

Se oggi siamo qui a ricordare questa data non è per una rivendicazione. Non è l'amore di bandiere che ci ha mosso, ma un'esigenza profonda di verità storica e di chiarimento del significato dell'evento del 18 aprile 1948 per poter continuare. Noi siamo ben consapevoli che quella data appartiene alla storia del Paese. Nessuno ha il diritto di appropriarsene né di strumentalizzarla. E' una data che si colloca tra le grandi tappe della vita di un popolo. E' una festa degli italiani perchè è la festa della nostra comune e riconquistata libertà. E' l'inizio di un cammino che ci ha affiancato alle grandi democrazie europee. Il 18 Aprile, infatti, non fu solo il successo di una parte politica su un'altra, della Democrazia Cristiana sul Fronte Popolare e sul Comunismo; fu anche la definitiva scelta di valori e principi di democrazia da incardinare nella coscienza del popolo e nel sistema politico; fu il completamento di quell'aspirazione di libertà che aveva intessuto la resistenza al fascismo e la lotta per la liberazione. Fu quello spirito che vinse il 18 Aprile. Certi storici non si rassegnano a questa elementare verità e cercano le ragioni di una sconfitta, nella mobilitazione della Chiesa, nell'azione dispiegata dei Comitati civici, nella capillare azione dei preti e delle monache. Per un ostinato pregiudizio continuano a sorvolare su ciò che il comunismo reale e quello sovietico andavano rappresentando per la libertà dei popoli e a sottovalutare la percezione profonda che la gente ebbe del pericolo di sottomissione e dominio. Forse non si rassegnano a riconoscere che il popolo minuto capì meglio di tanta intellighentia nostrana, ed europea, il messaggio delle defenestrazioni di Praga, della tenaglia del potere sovietico, del cigolio dei carri armati dell'Urss verso la Polonia e la Germania.

E' onesto, invece, il riconoscimento aperto che rappresentò il rifiuto del popolo italiano ad ogni totalitarismo comunista. Se ho insistito sul punto è perchè a me non pare insidioso il tentativo di offuscare la chiara scelta operata dal popolo italiano il 18 Aprile, che non fu il risultato di manovre oscuranti, ma un orientamento senza equivoci verso un futuro democratico ed occidentale. A guidare la scelta non c'era un informe accozzaglia elettorale, uno scomposto raggruppamento politico, ma un grande partito: la Democrazia Cristiana ed un grande leader: Alcide De Gasperi, il più grande statista del secolo. Chiaro era il disegno degasperiano, onesta, ricca e robusta la cultura che ispirava il Partito.
Un'altra prova era stata già offerta alla Costituzione con nostri amici costituenti che vissero quella feconda stagione e ne furono protagonisti. Ma ancora più lungimirante ci appare la sapienza con la quale fu governata la vittoria del 18 Aprile.

Mi preme solo sottolineare la natura della decisione di De Gasperi proprio all'indomani del 18 Aprile, con il suo metodo ed uno stile di politica democratica. Nessuna autosufficienza di partito ma la profonda coscienza del pluralismo, in collegamento con le tradizioni politiche più vive, liberali e risorgimentali del Paese. Il cammino dal 18 Aprile partiva, dunque, con il timbro della più vigorosa democraticità, respingendo le tentazioni indipendentistiche e perfino autoritarie che già erano presenti nello schieramento creatosi contro Fronte Popolare. Il voto fu così rispettato nell’essenza come un voto di libertà, quella che vinse quel 18 Aprile, per merito di De Gasperi e della Democrazia Cristiana e vinse una volta per tutte.

La vitalità di quell'evento consiste proprio nell'aver dispiegato la sua intrinseca potenzialità fino alla realizzazione di una compiuta democrazia e all'attuale superamento di ogni fattore di esclusione sia a destra sia a sinistra. Non comprendere fino in fondo il valore storico e politico del 18 Aprile, offuscarne l'aspetto fondativo, immaginare di poter riscrivere la storia come fosse invece l’inizio di un periodo ambiguo e oscuro, composto da manovre di apparato e di servizi stranieri e coartato dalla prepotenza americana, è da Paesi, appunto, a sovranità limitata e questo non può che condurre alla delegittimazione dello stesso sistema democratico. Ecco perchè siamo qui non per celebrare ma per rivendicare il valore storico di una data. Come si potrebbe, infatti, proseguire sugli stessi binari democratici se questi fossero stati costruiti da una storia e da un passato ritenuti indegni? Quali sarebbero allora i nuovi percorsi e da dove e come partire? Non ci sarebbe che lo smarrimento. Quelli che ieri non seppero capire e scegliere la libertà e la democrazia nel modo giusto, oggi si ripropongono in queste letture storiche come nuovi maestri, ma non aiutano a chiarire fatti e a capire fenomeni, forniscono al massimo un mediocre materiale storiografico a qualche PM per sentenziare sulla storia più che indagare su delitti.

A distanza di 72 anni noi possiamo valutare il cammino compiuto, la sconfitta e le vittorie che sono state determinanti. Possiamo misurare i travagli e i drammi che accompagnano la storia dei popoli europei e delle loro democrazie. E la nostra, come tutte le altre democrazie, non è rimasta certa immune da scontri, delitti, corruzione, violenza, omicidi. Abbiamo ricordato Roberto Ruffilli a 32 anni dalla uccisione, da poco Piersanti Mattarella, Bachelet, tra qualche settimana saranno 42 anni dall'assassinio di Aldo Moro. Sangue democristiano, eminenti magistrati, agenti di polizia, carabinieri, fedeli servitori dello Stato, che noi amiamo e rispettiamo. Una scia di sangue attraversa la nostra democrazia. Ma essa ha vinto perchè era fortemente radicata nella coscienza popolare, ed è ancora forte, perchè continua ad operare lo spirito di quel lontano 18 Aprile 1948, continua a vincere la parola di Alcide De Gasperi.

Guardando al futuro, tocca a noi saper recuperare il senso profondo della ispirazione di Alcide De Gasperi, la cui grandezza, io ritengo, vada ricercata in quella misteriosa e personale sorgente della visione cristiana della vita. Poichè il 18 Aprile fu anche questo - come scriveva in un articolo di quel tempo Amintore Fanfani - fu anche l'utopia di vivere tout court il Vangelo nella storia.

Se oggi una più avvertita consapevolezza ideologica e storica ci rende cauti in queste affermazioni, non possiamo rinunciare perciò a trovare le ragioni profonde per il futuro del nostro agire politico e a trovarle in quella concezione cristiana laicamente vissuta che fu radice del pensiero e dell'azione di Sturzo e di De Gasperi, i nostri fondatori; solo allora comprenderemo che quello che dobbiamo saper continuare a vivere e che ci appartiene per intero è una eredità che nessuno può amministrare per proprio conto.

Gilberto Minghetti
 




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