PRIMO PIANO
21/01/2020
Il lato oscuro del pianeta occupazione
Nell’ultimo anno (dal novembre 2018 al novembre 2019) il denominatore (occupati + disoccupati + inattivi) è diminuito di 111 mila unità

Occupazione, ore lavorate, crescita economica e produttività sono quattro variabili il cui andamento costituisce un buon indicatore dello stato di salute di un sistema economico. L’aumento dell’occupazione e delle ore lavorate, ad esempio, per risultare duraturo ’richiede’ una crescita del Pil che permane per più trimestri ed un aumento della produttività. Alla luce di queste considerazioni passiamo ad esaminare i dati del novembre scorso del mercato del lavoro italiano recentemente diffusi dall’Istat (9 gennaio). A  prima  vista le quantità e le percentuali diffuse dal nostro Istituto di Statistica descrivono uno scenario positivo:  il  record  storico  del  tasso  di  occupazione  e  del numero  degli  occupati,  un aumento  dei  rapporti  di  lavoro  che  prosegue  a  ritmi superiori  rispetto  a  quelli  del Pil  e  che  riguarda  in  particolare  il  lavoro femminile  ed  i  rapporti  a  tempo  indeterminato. La Ministra  del  Lavoro Nunzia  Catalfo non ha mancato di esprimere  tutta  la  sua  soddisfazione, affermando che questi dati dimostrerebbero l’efficacia  delle misure governative: “Il  lavoro  cresce?  Merito delle  politiche  che  abbiamo  attivato  in  favore dell’occupazione  stabile.  E  i  72  mila  inattivi  in  meno  sono  il  segnale  che il  Reddito  di cittadinanza sta funzionando” [Il Fatto Quotidiano, 10 gennaio 2020]. La Ministra, insomma, in questa dichiarazione pirotecnica riesce ad inserirci tutto: dal Decreto Dignità sino al reddito di cittadinanza. Nulla di nuovo nel consueto ottimismo di facciata governativo, che questa volta però ha dalla sua numeri i numeri positivi sull’occupazione. Noi invece, abituati a guardare il lato oscuro dei numeri, facciamo osservare che nel mercato del lavoro italiano restano aperte importanti questioni strutturali (da non sottovalutare): dalla dinamica salariale  stagnante,  che riflette  i  mancati  incrementi  di  produttività,  all’incidenza  del  lavoro  a  termine, senza dimenticare le dinamiche demografiche. Ma vediamo meglio. La prima cosa che emerge da una lettura attenta dei dati è che vi è  stato un travaso dinamico dai contratti a tempo determinato a quelli a tempo indeterminato, con un aumento nullo dell’occupazione totale. Pertanto non corrisponde l’affermazione della Ministra Catalfo secondo cui “l’occupazione cresce per merito delle politiche che abbiamo attivato sull’occupazione stabile”. La  ripresa dei  rapporti  di  lavoro  dipendenti  a  tempo indeterminato, poi,  va  presa con le molle,  visto che è stata condizionata  dall’effetto  degli  incentivi pecuniari  che  sono stati  messi  a  disposizione dal Governo alle  imprese  per  trasformare  i contratti  a  termine  in tempo  indeterminato.  In proposito va tenuto conto che le ricerche effettuate  sull’efficacia  di  tali  incentivi  nel  medio  e lungo termine, come ha ricordato tra gli altri Natale Forlani,  dimostrano  che  “una  volta  esaurito  l’effetto  iniziale  la  percentuale dei  rapporti  a  termine  sul  totale  dei  rapporti  di  lavoro  dipendente  tende  a riportarsi  sui  livelli  precedenti  alla  loro  introduzione.”

Un altro dato da analizzare è quello del tasso di occupazione che ha toccato la cifra record del 59,4%. A nostro avviso anche in questo caso andrebbero riposte le bottiglie di spumante. Le ragioni delle nostre perplessità sono in questo caso di natura demografica. Il tasso di occupazione è, infatti, dato dal rapporto tra il numero di occupati (al numeratore) e la somma di occupati, disoccupati ed inattivi (al denominatore). Nell’ultimo anno (dal novembre 2018 al novembre 2019) il denominatore (occupati + disoccupati + inattivi) è diminuito di 111 mila unità. Quindi, quando il denominatore si riduce, il rapporto aumenta. Pertanto, con un andamento demografico negativo, basta che il totale degli occupati resti stabile o diminuisca meno ed ecco che il tasso di occupazione si innalza. E questo è esattamente ciò che è avvenuto nell’ultimo anno in Italia. Prima di chiudere vogliamo spendere alcune parole sull’aumento degli occupati e sull’effetto del reddito di cittadinanza sul mercato del lavoro. La Ministra ci dice che si vedono chiaramente gli effetti del decreto dignità. A nostro avviso, invece, sembra una affermazione priva di fondamento. Gli occupati, infatti, sono aumentati di circa l’1% (285 mila unità) mentre il Pil è aumentato anch’esso di circa l’1%. In altre parole si è avuto un aumento dello stock degli occupati pari a quello del Pil nominale: tutto in linea con la legge di David Ricardo che afferma che la crescita dell’occupazione è data dalla crescita del Pil meno quella della produttività (prossima allo zero). Passando all’altro cavallo di battaglia della Catalfo, quello secondo cui la diminuzione degli inattivi sarebbe imputabile alle misure contenute nel reddito di cittadinanza, esso ci sembra azzoppato. Com’è  noto la percezione del reddito di cittadinanza prevede che gli inattivi (né occupati né disoccupati) si iscrivano al collocamento. Quindi, secondo il moto perpetuo dell’economia, ideato dall’attuale Presidente del INPS, ci sarebbero dovuti essere meno inattivi e più disoccupati. Ma tra aprile e novembre 2019  (unici dati disponibili) abbiamo 86 mila disoccupati in meno, e 126 mila inattivi in meno. Detto in altre parole, non si trova traccia alcuna del travaso tra inattivi e disoccupati (iscritti al collocamento) che gli ideatori del reddito di cittadinanza avevano auspicato, visto che sono diminuiti sia i disoccupati che gli inattivi. A nostro avviso le strade da percorrere per aumentare l’occupazione sono solo due: i) o diminuire il suo costo totale, quindi o i salari o gli oneri sociali pagati dalle imprese (il cosiddetto cuneo fiscale); ii) o aumentare la produttività di tutti i lavoratori. Quest'ultima via, poi, la si può percorrere o aumentando la qualità della scolarizzazione degli italiani (e visti gli indici di analfabetismo funzionale che ha l'Italia, su questo tema c'è un enorme lavoro da fare) o aumentando gli investimenti in tecnologia delle imprese. Tertium non datur.

Marco Boleo

 




Via Luigi Luzzatti 13/a - 00185 ROMA - Tel +39-06-7005110 - Fax +39-06-77260847 - [email protected]
2012 developed by digitalset digitalSet