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16/01/2020
Elogio della satira e del politicamente scorretto
Spaccati di realtà sociale, politica e religiosa, letti con l’arte della tagliente ironia

E’ bastata lì apparizione del film di Zalone “Tolo Tolo” per fare esplodere la consunta polemica del politicamente corretto, facendo raggiungere all’attore due obiettivi: 1) una enorme pubblicità gratuita per il suo film; 2) maggiore notorietà a Checco Zalone rispetto ad altri attori che utilizzano lo stesso metodo di lettura della realtà.

Effettivamente, a molti è sfuggito il fatto che films di tal fatta appartengono a quella tecnica di comunicazione che si chiama Satira e, a molti, sfugge la distinzione tra satira e comicità; anche questa può essere utilizzata per la lettura di uno spaccato di realtà, ma le due cose non vanno assolutamente confuse, altrimenti si è indotti a sbagliare completamente l’oggetto del contendere e, alcune analisi, o giudizi espressi, inducono all’errore

E’ pur vero che, a volte, i confini dei due generi, rispetto al passato, sono molto labili, in quanto tutto ciò che è riportato in uno spettacolo satirico, ad esempio televisivo, o semplicemente teatrale,  nell’ immaginario collettivo realtà e finzione si confondono nel senso comico. Diventa, quindi, necessario comprendere cosa sia la Satira per evitare errori e facili “scandalismi” .

 In termini molto generali, la Satira è uno spettacolo, un discorso, un’espressione figurativa che  mira a criticare, o giudicare, con l’arma  dell’ironia, fatti, persone, costumi e istituzioni, politiche o religiose, del proprio tempo.

La Satira, dunque, è per sua natura dissacrante, politicamente scorretta e non ha riguardi per nessuno; a differenza della comicità pura e semplice, il genere satirico prende di mira, in particolare, i molti vizi e le ostentate virtù dei potenti e della politica, quindi, in genere, prende di mira il potere in tutte le sue forme, utilizzando un linguaggio tagliente, diretto e, spesso, scurrile.

Nel mondo reale, politica e potere, Istituzioni e soggetti, si identificano in strategie atte a raggiungere specifici fini in una determinata sfera  sociale. Succede, dunque, che quando il potere si incontra con la politica e con l’economia, fondamentalmente mira alla sua affermazione e autoconservazione, unitamente alla volontà di trasformazione della società attraverso azioni ideologiche.

E’ in questo contesto che, ormai da molteplici anni, si sono creati numerosi apparati burocratici ed economici che, unitamente all’azione politica di governo, rende davvero difficile delineare la demarcazione dei confini dell’una o dell’altra e, di conseguenza, il potere politico-economico cerca di appropriarsi di tutti gli strumenti atti a trasmettere “il pensiero unico”, dalla cultura, all’istruzione, ai mezzi di comunicazione di massa; l’appropriazione di ciò tende ad affermare quella che comunemente è chiamata “ideologia dominante”, che tende alla  trasformazione della società nei suoi rapporti sociali, nell’organizzazione del lavoro, nei processi di accumulo e distribuzione del capitale, della delocalizzazione o localizzazione dei mezzi di produzione e dei lavoratori.

Sin dall’antichità, nei paesi dove si è affermata una qualsiasi tipologia di democrazia, oltre alle forme di opposizione che sono rappresentate da gruppi politici presenti nei Parlamenti nazionali, si è realizzata e inserita una tipicità di critica sociale e culturale, che dà origine, appunto, alla Satira.

Volendo fare un brevissimo cenno storico, la Satira, è una forma letteraria espressione della cultura romana, quindi tipicamente italica: ”Satura quidem tota nostra est” (Quintiliano).

Nella civiltà  latina, “Satura” indica un piatto pieno di molteplici pietanze che formano un pasto unico, così sul piano letterario la Satura è un misto di forme artistiche che vanno dalla prosa alla poesia, al teatro della commedia latina, forma espressiva che a Roma trovò ampio successo. Ennio e Lucilio della Satira ne fecero uno strumento di critica delle vanità umane, mentre Orazio osservò con ironico distacco le follie umane. Nel periodo imperiale Persio e Giovenale, con aspra ironia, criticarono i vizi e la corruzione della Roma del loro tempo, così come fecero Varrone e Petronio attraverso i loro romanzi.

Nel mondo medievale è possibile rintracciare la Satira nelle opere goliardiche e nelle favole come i “Carmina Burana”; anche Dante Alighieri nelle due cantiche della Divina Commedia dell’Inferno e del Purgatorio, esprime giudizi e critiche verso i più noti personaggi della storia, attraverso figure e forme poetiche, dando di essi giudizi morali e politici. Ma di poeti e scrittori, che usano la satira per diversi fin,i possiamo citare Jacopone da Todi, Guittone d’Arezzo, ma anche Petrarca, Ariosto e Boccaccio, tra i più grandi. La Satira, con violente invettive contro il potere e lo svilimento sociale, la troviamo, nel ‘600, in Pietro Aretino e Francesco Berni. Nel settecento essa diventa intrattenimento, mentre è nell’800 italiano che assume caratteri di amaro realismo, violento e tragico, come nelle opere di Belli e Porta, nelle quali sono riportati gli umori dei sofferenti e degli sfruttati, opposti all’arroganza e alla corruzione dei potenti, così che col Giusti la Satira italiana incomincia ad acquisire le caratteristiche proprie della satira politica e patriottica. Nel ‘900 tale foma acquista, definitivamente, connotati grotteschi e paradossali e, celandosi nella forma della farsa o dell’allusione, condanna il conformismo borghese, l’assuefazione al sacrificio della società di massa, l’ipocrisia della classe politica.

Opere teatrali, cinematografiche, giornalistiche, nel secondo novecento e nel primo ventennio del 2000 hanno offerto forme satiriche a tutto campo: Eduardo De Filippo nel teatro, Totò nel cinema, gruppi come Il Bagaglino, personaggi comici e giornalisti attraverso la televisione prendono di mira la corruzione politica e le furberie truffaldine dei comuni cittadini.

Attualmente, Maurizio Crozza e Checco Zalone sono i personaggi televisivi che utilizzano la satira nel senso più complesso del termine; prendono di mira personaggi politici di qualunque schieramento annientando l’aurea, quasi sacrale, di cui vengono circondati dalla propaganda. Il primo, attraverso il teatro televisivo, ha come oggetto le contraddizioni nelle quali il potere politico si dimena, aggiungendo, oltre alla vis comica, anche la capacità imitativa dei personaggi politici; il secondo, attraverso il cinema, prende di mira i luoghi comuni di cui è infarcita la società: il posto fisso, il terrone che per avere fortuna scappa al Nord, l’omosessualità vissuta nella sua forma umana sia da chi la intende come fatto naturale, sia nella sua forma vissuta dalle  “checche isteriche”.

A questi due, che usano forme e linguaggi della satira originaria, si aggiungono il trio “Aldo, Giovanni e Giacomo” e il duo “Ficarra e Picone” che, generalmente, utilizzano il teatro e la cinematografia come mezzo di trasmissione satirica; il loro campo d’azione spazia dall’uso di un linguaggio moderato alla critica sottile, ma tagliente, delle convenzioni sociali e moralistiche.

Un cenno a parte è riservato ad Antonio Albanese il quale, con il suo personaggio, Cetto Laqualunque, prende di mira l’uomo politico, corrotto e spesso ignorante, colluso con la mafia e, grazie alle tre “qualità”, riesce a prendere il potere utilizzandolo a proprio uso e consumo, osannato, anche, dalle folle. Il suo linguaggio è violento, scurrile e volgare, ma apre spaccati di mondo sociale, purtroppo,  altrettanto realistici.

Alberto Fico

 

 




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