PRIMO PIANO
20/12/2019
Il Fallimento della Popolare di Bari
Al fine di salvare la BPdB l’idea del Governo è quella di seguire uno schema già adottato con la Carige

Mentre nel nostro paese si attendeva il fallimento di qualche banca tedesca o francese, vista la fretta che Francia e Germania ci stavano mettendo sull’approvazione del nuovo Meccanismo Europeo di Stabilità, è entrato in scena con prepotenza il fallimento della Banca Popolare di Bari (BPdB). Prima di andare al Governo (Conte I), M5S e Lega erano contrari ai salvataggi delle banche da parte dello Stato. Ora invece, pur essendo critici sulla riforma del MES, hanno abbracciato una politica di governo attivo della crisi. Il M5S, in particolare, ora ritiene strategico il sistema del credito strategico. Pertanto, ha lanciato l’idea del salvataggio della BPdB, il quale dovrebbe avvenire con un intervento pubblico atto a trasformare la banca in crisi in una Banca per gli Investimenti nel Mezzogiorno. Nel contempo, invece, la Lega chiede una operazione straordinaria avallata da tutte le forze politiche, perché il fallimento della BPdB e la crisi ancora irrisolta dell’Ilva potrebbero affossare l’economia pugliese. Che dire? Una giravolta utile a rafforzare il consenso elettorale nel Mezzogiorno di Lega e M5s, che alla fine della fiera verrà finanziata con le tasse dei contribuenti. Ma prima di aggiungere altro sul fallimento della popolare di Bari e sulle intenzioni del Governo giallorosso con la Lega giunta in soccorso, occorre ricordare alcune nozioni di economia bancaria. Quand’è che una banca fallisce? Questo si verifica quando gli impieghi bancari (crediti e investimenti) risultano inferiori alle fonti di finanziamento, date dal capitale di rischio, dalle obbligazioni, e dai depositi dei correntisti. Nello specifico, se le fonti di finanziamento sono inferiori al capitale di rischio, allora a perderci sono gli azionisti.

Se risultano, invece, inferiori sia al capitale di rischio che alle obbligazioni, allora a rimetterci sono sia gli azionisti che gli obbligazionisti. Se si dimostrano inferiori anche al capitale di rischio ed alle obbligazioni, allora saranno inceneriti anche i depositi sopra i 100.000 euro (quelli al di sotto dei 100.000 sono garantiti). Nel caso della Popolare di Bari stiamo parlando di una cifra vicina ai 2 miliardi di euro. Ma quand’è che si verificano le condizioni ricordate in precedenza? Innanzitutto quando i crediti concessi, in particolare, alle imprese ma anche alle famiglie risultano in qualche modo non esigibili, e se gli investimenti come l’acquisizione di un’altra banca - e nel caso della Popolare di Bari ciò è avvenuto nel 2014 con la Tercas - si rivelano errati. L’attività bancaria è un’attività rischiosa per sua natura, ma quello che fa la differenza è come viene gestita. Quando avvengono tali fallimenti, occorre chiedersi: i) se gli errori nella concessione dei crediti alle famiglie ed alle imprese e nella scelta degli investimenti sono avvenuti in buona fede; ii) se sono stati causati da una gestione clientelare e iii) se aggravati da una congiuntura economica negativa. Il più delle volte, nel nostro Paese, sono stati la gestione clientelare della concessione dei crediti e gli investimenti nell’acquisizione di altre banche forzati dalla Banca d’Italia a portare le banche alla sofferenza ed al successivo fallimento. La BPdB, su pressione della Banca d’Italia, si offrì di rilevare la Tercas, in amministrazione straordinaria dal 2012, solo dopo che il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FIdTD) fosse intervenuto a ripianare il suo buco patrimoniale. Ma la Commissione Europea non accordò l’operazione, visto che, essendo il FIdTD un fondo pubblico, l’operazione si sarebbe prefigurata come un illegittimo aiuto di stato. Alla fine il salvataggio ci fu lo stesso con la creazione da parte delle banche italiane di uno schema volontario che subentrò al FIdTD e che consentì di colmare le perdite pregresse della Tercas.

La BPdB prese pertanto il controllo della Tercas ma trovò delle sorprese inattese nel portafoglio crediti della medesima (delle quali sarebbe lungo parlarne). Quello che vogliamo dire è che la gestione all’italiana delle crisi bancarie, che cerca di aggirare la procedura del bail-in utilizzando uno schema volontario tra banche che fanno sistema avallato anche dalla Banca d’Italia, non è una soluzione ottimale, anche se i giudici dell’Unione Europea hanno affermato che l’utilizzo del FIdTD non costituisce aiuto di stato. Ed infatti, agendo in questo modo ci sono due effetti collaterali da valutare: 1) non è possibile calcolare a priori quanto denaro sarà necessario per il salvataggio; e 2) si può innescare un contagio che potrebbe infettare le banche sane. Gli interventi di salvataggio effettuati finora sulla base di questo schema non hanno fatto altro che scalciare la lattina in avanti, non risolvendo le criticità del nostro sistema bancario. Anche nel caso della BPdP sicuramente verrà seguita una procedura simile, ma facendo così non si farà altro che spostare in avanti il problema, aspettando tempi migliori che difficilmente arriveranno. Quelle che cambiano, agendo in questo modo, sono solo le vittime sacrificali. Verranno azzerati solo gli azionisti, o ci rimetteranno anche gli obbligazionisti subordinati? Che fine faranno i correntisti che hanno depositi superiori a 100.000 euro? Al fine di salvare la BPdB l’idea del Governo in questo caso, viste le sue prime mosse, è quella di seguire uno schema già adottato con la Carige: amministrazione straordinaria e nomina di un commissario. Successiva ricapitalizzazione aggirando la BRRD: la direttiva europea che dal 2016 impone di gestire le crisi bancarie col meccanismo del bail-in (salvataggio interno col coinvolgimento di azionisti, obbligazionisti e correntisti) e non del bail-out (salvataggio esterno col bilancio dello stato). Così facendo, gli azionisti subirebbero cospicue perdite dovute al processo di diluizione del capitale. Mentre verrebbero salvati tutti i depositanti, compresi quelli sopra i 100 mila euro, e gli obbligazionisti.  

Marco Boleo

 

 

  

 




Via Luigi Luzzatti 13/a - 00185 ROMA - Tel +39-06-7005110 - Fax +39-06-77260847 - [email protected]
2012 developed by digitalset digitalSet