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14/10/2019
Il ruolo delle Fondazioni Bancarie per il rilancio della cultura, dell’economia e del sociale
La Carispaq, dopo il sisma del 2009

Nell’ultimo Meeting di Rimini, Il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha ricordato la centralità dell’“ossessione” per il Bene Comune, attraverso il dialogo e la credibilità, di tutti i soggetti  vitali della società italiana. Un richiamo doveroso alle Istituzioni, a tutti i livelli, ad ascoltare le varie voci del Terzo Settore, con le loro peculiari e virtuose esperienze maturate, com’è il caso delle stesse Fondazioni bancarie.

Nell’ultima edizione del loro Forum il D. G. dell’Acri, ha sottolineato come il Terzo Settore rappresenti innanzitutto il valore della partecipazione democratica della cittadinanza attiva, per sostenere la crescita complessiva di un Paese, da decenni in stagnazione, che ha visto tagliate sistematicamente le risorse in campi vitali dell’intervento pubblico, gravato dalle zavorre del debito pubblico, della elevatissima tassazione e della burocrazia più lenta ed inefficiente dei Paesi avanzati. Una riflessione cruciale ed attualissima, al di là degli annunci roboanti del nuovo governo: il “Conte Bis”, che ha tra i suoi punti aperti la stessa riforma incompiuta del nostro settore, ancora nella palude dei decreti attuativi, con la ridefinizione non solo del suo status, ma anche del nuovo confine tra attività profit e non.

Da qui il confronto tra mondi prima lontani, che ora appaiono contigui, pur con contorni ancora sfumati ed incerti, in un Paese sempre più precario, dove si tende a rimettere in discussione ogni riforma, con il cambio di governo, pur nella crescita registrata dal volontariato, certificata dallo stesso Istat. La critica spesso avanzata verso quest’ultimo, ovvero di eccessiva frammentazione ed eterogeneità dei fini, con scarsa capitalizzazione e spesso inefficiente gestione, rischia di divenire il “cavallo di Troia”, che può snaturarne il ruolo e lo spazio vitale, in primis sul piano culturale, ma anche istituzionale, minando alla base i valori fondanti della solidarietà e della sussidiarietà, svuotandoli e marginalizzandoli, al di là della “retorica degli affetti”. Il rischio evocato, tutt’altro che infondato, è che si diffonda sempre più una lettura del settore, attraverso i soli paradigmi del profit, ovvero della sua semplificazione e concentrazione economico-finanziaria, prima che gestionale, penalizzando soprattutto le realtà più piccole e meno tutelate, dai vari retroterra politico, istituzionali e territoriali.

L’Italia sarà anche il Paese più bello del Mondo, ma dove l’ipocrisia ed il trasformismo regnano sovrani, con le eterne dinamiche del potere, che perpetuano spesso logiche di precarietà e di sfruttamento dei soggetti più fragili ed indifesi, assegnando al Terzo Settore, solo il ruolo di supplenza di un mercato assente o che non può accedere alle logiche di profitto. Tutto questo in un sistema pubblico allargato, che fagocita rilevanti risorse, spesso assicurando solo nominalmente la fruizione di servizi, anche primari, con un gap enorme non solo tra il nord ed i sud del Paese, ma tra le aree più forti e quelle deboli, in gran parte nelle zone interne. In quest’ultime non a caso, si registrano gli indici più bassi di infrastrutture e di servizi, anche tradizionali, dove le differenze possono farle interventi esterni del privato sociale, come quello rappresentato dalle Fondazioni di origine bancaria, pur provate dalla grave crisi dello stesso settore creditizio, con le grandi ristrutturazioni e le concentrazioni in atto, che non a caso hanno assorbito le realtà più periferiche e deboli.

In particolare quelle che operano, come loro missione, nelle aree interne dell’Appennino, rappresentano spesso casi di eccellenza, come in Abruzzo, specie dopo l’improvvida sua uscita dall’area di intervento europea per il Mezzogiorno, che l’ha privata di preziose risorse di cofinanziamento delle sue politiche di sviluppo, per garantire gli stessi servizi essenziali del welfare state specie per i territori altamente spopolati e deindustrializzati. Così a dieci anni dal terribile terremoto del 2009, che ha colpito la Città di L’Aquila ed il suo cratere provinciale, la ripresa di questi territori resta debole e disomogenea, con la ricostruzione strutturale di tanti borghi, ma non accompagnata dalla rivitalizzazione dei loro tessuti sociali ed economici, che rischiano di apparire come tante cattedrali nel deserto. Da qui il ruolo positivo svolto da Fondazioni bancarie come quella della Carispaq, testimoniato in questo solenne decennale da un grande evento, dal titolo:” l’Acri e le Fondazioni Bancarie a fianco delle popolazioni colpite dal sisma”, con la donazione di oltre sei milioni di euro, per rianimare le boccheggianti politiche culturali, sociali ed economiche. Un modello altresì per le altre realtà italiane, proprio perché sperimentato in un’acuta fase di emergenza, tuttora aperta, che ha reso ancor più complesse le dinamiche di ripresa di territori, stravolti dagli eventi catastrofici, in maniera continua, a partire dalla regressione delle dinamiche demografiche, prima ancora che economico-produttive dei suoi comprensori.

Quindi un impegno a lungo spettro per queste realtà, con le priorità delle sue vocazioni tradizionali, ma altresì con l’innesto dei vitali processi innovativi, a partire dalle Pmi, con i suoi distretti produttivi, per favorirne la collaborazione stabile con l’alta formazione universitaria, con i livelli di eccellenza assicurati dalla stessa Università degli Studi dell’Aquila e dai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (L.N.G.S.-I.N.F.N.) Su questo orizzonte di innovazione e di sinergie, anche internazionali, le Fondazioni bancarie possono risultare preziose, nell’implementazione delle loro migliori “Buone Prassi”. Così quelle espresse, sempre a L’Aquila, recentemente con il workshop: “Incontro con Cariplo Factory”, per favorire la crescita delle imprese innovative (in collaborazione con Microsoft, Fastweb, Terna e Novartis), vocate al sostegno dei giovani talenti italiani, con start-up avanzate, nei campi decisivi della nuova rivoluzione industriale in atto, in primis attraverso la digitalizzazione dei suoi processi. Il futuro non è solo figlio del passato, ma è soprattutto capacità di cambiare il destino comune, attraverso una visione strategica, con alla base i valori cristiani della solidarietà e della sussidiarietà sociale, sempre al centro di tutte le dinamiche di sviluppo dell’uomo.

Sergio Venditti




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