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07/05/2019
Il lavoro dignitoso e sicuro sia la vera priorita’ del “bel paese”
Un lento, ma ineluttabile declino, che va contrastato, con misure concrete e non dal forte sapore “assistenzialistico “

La Festa del Lavoro 2019 forse resterà negli annali come una delle più amare, in un ‘Italia  sempre sfiduciata, dove il lavoro rappresenta la vera “cartina di tornasole” sulle  sue prospettive  future di sviluppo e di occupazione ,non certo di una  “decrescita felice”, astratta ed impossibile. Un Paese il nostro, che oscilla pericolosamente come il “Pendolo di Foucault”, con la metafora “sulla storia della menzogna”, tra la nobiltà della sua Storia millenaria  e la miseria della sua attualità quotidiana. Per questo bisogna sempre riportare il dibattito alle priorità reali, con una visione di crescita sostenibile e solidale, che ponga al centro il valore concreto della ricerca del “Lavoro Dignitoso e Sicuro”, a partire dai soggetti più fragili e vulnerabili del nostro  tessuto socio-economico, ovvero i giovani e le donne. La stessa Agenda 2030 dell’Onu ha posto questi obiettivi, per raggiungere anche in Italia un tasso di occupazione pari al 75%, (proprio nella fascia di età compresa dai 20 ai 61 anni), oggi ancora bel lontano da quel traguardo, con una disoccupazione giovanile  sempre  drammatica, specie al Sud, con i suoi migliori “cervelli in fuga “(L’Abruzzo con un tasso del 21,7 % è ben superiore alla media italiana del 15,4%), con un’occupazione femminile, che resta  insufficiente, poco qualificata, carente proprio nel sostegno ai nuclei familiari. Rispetto alla drammatica  crisi apertasi dopo il 2008, gli occupati tendono a crescere lievemente, ma il tasso di disoccupazione, resta quasi doppio a dieci anni or sono, con una positiva vitalità solo nelle aziende vocate all’export, mentre il mercato interno ristagna, con un’occupazione sempre più precaria, con l’aumento dei contratti a termini ed a part-time. Il fenomeno più inquietante  è rappresentato sempre dai “Neet”, ovvero i giovani under 35, che “non studiano e non lavorano”, oramai oltre i 3 milioni di unità, che richiamano anche noi soggetti di promozione sociale alla priorità assoluta della formazione attiva delle  politiche del lavoro, per i giovani, le  donne e gli immigrati, ma anche  per gli ultra 50enni espulsi dai cicli produttivi, vittime  spesso di lavori precari, dequalificati e poco sicuri.

Un “circuito vizioso” oramai conclamato, che tende ad abbassare tutti i nostri standard  produttivi ,di benessere ,di sicurezza sociale e  del lavoro, facendoci arretrare tra i Paesi più avanzati ed innovativi. L’Italia resta fanalino di coda per le Start-Up. Un lento, ma ineluttabile declino, che va contrastato, con misure concrete e non dal forte sapore “assistenzialistico “come il reddito di cittadinanza, che postula la ricerca di un lavoro che non esiste, senza dare forza alle sole leve che possano generarlo, ovvero la ripresa degli investimenti pubblici e privati, con una reale detassazione delle politiche del lavoro, riducendone  l’abnorme incidenza del suo  cuneo fiscale, recuperando il reale potere d’acquisto per i lavoratori ed i  pensionati. “Un Patto per il Lavoro” rinnovato, con chiare priorità, senza misure tampone o propagandistiche, dal respiro pluriennale, che faccia della lotta alla disoccupazione  giovanile “l’Obiettivo-Principe “per modernizzare la cultura del lavoro, aumentando in quantità e qualità gli investimenti in ricerca e sviluppo, con un reale sostegno all’impiego ed all’auto-impiego, supportando realmente i nuclei familiari, che oggi soffrono più di tutti, l’aumento delle stesse diseguaglianze  e  povertà, vecchie e nuove, specie di un ceto medio” polverizzato” dalla crisi. Quindi una visione di sistema, che governi la stessa rivoluzione digitale, così tumultuosa nel  mondo del lavoro (tra il 2018-2022 lo “sviluppo di servizi per tecnologie mobili, intelligenza artificiale, analisi big data e tecnologia cloud”), che tende  a  selezionare  i mercati, rendendo ancora più  complessa la ricerca di un lavoro stabile  e sicuro, ridefinendo le vecchie  culture e procedure, per renderle più adeguate e continue, per  rispondere ai bisogni essenziali dei lavoratori, già formati nella famiglia e nella scuola.

Per questo la stessa cultura della sicurezza sul lavoro, mantenendo le conquiste essenziali, raggiunte in questi decenni, proprio dall’adeguamento della nostra legislazione a quella europea, (con la supervisione della sua Agenzia di Bilbao-EU-OSHA), deve però affrontare le nuove  e complesse sfide di un’occupazione ibrida e segmentata, che nel 2018 ha portato alla crescita del 10% delle ”morti bianche” in Italia, nonostante la retorica rassicurante degli organi vigilanti. Una scia perversa, che viene da lontano, frutto certo di un’interminabile crisi economica che ha sfiancato interi comparti produttivi, come l’edilizia ,mantenendo elevato il tasso di sommerso e di lavoro nero, specie al Sud, che ha fatto registrare già nel 2017 una crescita del 9,8% degli incidenti sul lavoro, fino agli attuali 1.133: oltre 3 decessi al giorno. Un Programma di crescita e di sviluppo incentrato sull’uomo, come sostenuto dall’ O.M.S. e dall’ I.L.O., “che affronti le principali minacce  sul posto di lavoro, tra cui lo stress, i turni lunghi, il lavoro sedentario e le malattie dovute all’inquinamento”. Una tendenza ancor più preoccupante perché omogenea, sia per tipologie, settori e territori del Paese, smentendo la retorica di una burocrazia lentissima, che alimenta solo l’effimera cultura degli adempimenti formali, con scarsi controlli e che ricorda le sferzanti denunce di Ennio Flaiano, con la “Calata dei Timbri”, aggravate da una conclamata mediocrità e subalternità dell’ attuale classe  politico-istituzionale.

                                                                                                                                    

Sergio Venditti

Presidente Mcl Abruzzo & Molise

 

                  

 

 

 




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