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24/04/2019
Il testo sulla pedofilia nella Chiesa di Benedetto XVI
In linea di continuità con Papa Francesco: chi li divide e si divide, abusa della Chiesa per i propri disegni

È trascorsa poco più di una settimana dalla diffusione, in Italia sul “Corriere della Sera”, delle 18 pagine di appunti sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica redatti dal Papa emerito, Benedetto XVI. Giorni, quelli seguiti alla pubblicazione del testo, che sono stati caratterizzati più dalla polemica che dall’approfondita analisi delle riflessioni (di cui non mancano i sostenitori della natura apocrifa). Tocca far rilevare come, anche su questa questione, da parte dei commentatori ma anche tra i semplici fedeli, ci sia stato un agitarsi da tifosi piuttosto che un paragone costruttivo con i contenuti.

Il corposo articolo è così compendiato dal suo stesso autore: “Il mio lavoro è suddiviso in tre parti. In un primo punto tento molto brevemente di delineare in generale il contesto sociale della questione, in mancanza del quale il problema risulta incomprensibile. Cerco di mostrare come negli anni ’60 si sia verificato un processo inaudito, di un ordine di grandezza che nella storia è quasi senza precedenti. Si può affermare che nel ventennio 1960-1980 i criteri validi sino a quel momento in tema di sessualità sono venuti meno completamente e ne è risultata un’assenza di norme alla quale nel frattempo ci si è sforzati di rimediare. In un secondo punto provo ad accennare alle conseguenze di questa situazione nella formazione e nella vita dei sacerdoti. Infine, in una terza parte, svilupperò alcune prospettive per una giusta risposta da parte della Chiesa”. Già nelle premesse viene specificato, ed è bene ribadirlo per non attribuire volontà diverse alla scelta di rendere pubblico lo scritto, che è “A seguito di contatti con il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, e con lo stesso Santo Padre, [che si è ritenuto] ritengo giusto pubblicare il testo così concepito”.

Ridurre la portata del testo (e del gesto di darne questo tipo di risalto) a un’escalation in una non meglio precisata strategia d’indebolimento dell’attuale Pontificato, come denunciano certi progressisti e auspicano i non meno ideologici tradizionalisti, non è un buon servizio reso alla Chiesa. Come non lo è, più in generale, il costante cercare di porre in contraddizione Benedetto XVI e Francesco, pur esistendo evidenti differenze tra i due (che posso comporsi, però, in una visione autenticamente cattolica).

In un suo scritto sul settimanale diocesano di Torino “La Voce e il Tempo”, rimanendo soprattutto sul punto degli abusi, è padre Federico Lombardi, ex direttore della Sala Stampa Vaticana, a porre in evidenza i limiti di questa impostazione nell’approcciare il documento. Scrive il già portavoce dei due ultimi Papi: “ritengo assolutamente sbagliato vedervi una contrapposizione con l’impostazione e le prospettive del recente Incontro di febbraio sulla Protezione dei minori e dell’azione di Papa Francesco. Chi ha partecipato all’Incontro o ne legge gli Atti (già tempestivamente pubblicati: Consapevolezza e purificazione, Libreria Editrice Vaticana) sa benissimo che la Relazione di mons. Charles Scicluna ha avuto un ruolo fondamentale nell’Incontro stesso. Ebbene, essa riporta in modo amplissimo la Lettera del Papa Benedetto XVI ai cattolici d’Irlanda del 2010 – che è notoriamente il più ampio e completo pronunciamento di Benedetto XVI sul tema – definendo «profetiche» le sue parole.

Rileggendola, non si può non restare impressionati dalla sua lungimiranza e dalla sua attualità; dalla sua ampiezza di orizzonti, che comprendono le vittime di abuso e le loro famiglie, i seminaristi, i sacerdoti, i vescovi, tutti i fedeli; la giustizia da attuare nei confronti dei colpevoli e l’atteggiamento penitenziale da parte di tutta la comunità. Inoltre, non si può non ricordare che le normative canoniche vigenti sono state stabilite con il contributo determinante del card. Ratzinger, in qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e poi del Papa Benedetto XVI”.

Così autorevolmente riscontrata, l'elemento della continuità va considerato. A fianco di essa, poi, va posto lo specifico della riflessione ratzingeriana, che coglie nel profondo l'assalto della rivoluzione relativista (con i suoi esiti totalitari, che trasformano i desideri in diritti) alla ragionevolezza della Legge Naturale. Una rivoluzione che è entrata, nel costume e nell'ideologia, anche nella Chiesa. Ad essa, con il rigore del pensatore, non viene contrapposta una tradizionalista reclusione difensiva, nemmeno in questi appunti, bensì la forza di un'analisi che dà argomenti per una risposta creativa. Una risposta che non è il cedimento al mondo e alla sua inculturazione vagheggiata dal progressismo, bensì "battaglia culturale" che non tende all'auto-assolvimento. Come ha fatto notare Maurizio Vitali: "la profonda e preziosa riflessione del Papa emerito (...) richiama un percorso di conversione reso in radice possibile dal riconoscimento del Mistero di un Dio presente, di Cristo vivo, di un Chiesa dove attraverso l’umano si introduce il divino" (Il Sussidiario, 14 aprile 2019).

A ben vedere, quindi, per dirla con Federico Pichetto, leggendo la nota senza una sguardo pregiudicato, si può dire che "Dallo scandalo della pedofilia si esce seguendo Francesco, il volto di quella Presenza che indica con la sua disarmante forza non la strada di una guerra per riconquistare il mondo, ma la strada di un cammino per ritrovare se stessi. E battere Satana, colui che in fondo è nel mondo per dirci che noi non valiamo nulla, che Dio è un imbroglio, che tutto è disperazione. (Il Sussidiario, 12 aprile 2019).

Seguendo la visione cattolica del et et, insomma, possiamo dire che ci troviamo di fronte a una polifonia che indica una rigenerazione e non un guerreggiare di inconciliabili leader di fazioni. Chi li divide e si divide, abusa della Chiesa per i propri disegni.

Marco Margrita




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