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28/02/2019
La sovranità da sola non basta
Nel mondo globalizzato attuale, fortemente interconnesso, cercare l’indipendenza dalle Istituzioni europee (cavalcata dai governi populisti) mette i paesi di fronte a scelte complesse.

Il Presidente della Bce Mario Draghi in un suo recente discorso (22 febbraio 2019), tenuto nell’Aula Magna Santa Lucia dell’Università di Bologna, s’è occupato di un tema di scottante attualità: “La sovranità in un mondo globalizzato”. L’occasione è stata fornita dal ricevimento della laurea honoris causa in legge per aver difeso i principi e i valori dei trattati dell’Unione Europea. Al suo arrivo ‘blindato’ è stato accolto da un diploma di laurea, stile necrologio, affisso su un muro all’ingresso del rettorato che recitava: ‘Laurea Magistrale’ in Tagli e Austerità. Gli autori di questa protesta sono stati i componenti di uno sparuto gruppo di attivisti dei collettivi cittadini che hanno voluto criticare l’operato della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea. Nella sua prolusione con la consueta chiarezza Mario Draghi ha risposto indirettamente a questa provocazione difendendo l’operato della Bce e dicendo la sua sul concetto di sovranità oggi tanto in voga. Nelle sue parole: “In un mondo globalizzato tutti i paesi per essere sovrani devono cooperare. E ciò è ancora più necessario per i paesi appartenenti all’Unione europea. La cooperazione, proteggendo gli stati nazionali dalle pressioni esterne, rende più efficaci le sue politiche interne”. Questo perché nella stagione che stiamo vivendo le interconnessioni tecnologiche, finanziarie e commerciali sono così pervasive che solo gli Stati dalle dimensioni più grandi riescono ad essere nel contempo indipendenti e sovrani. Per tutti gli altri, fra i quali quelli europei nessuno escluso, indipendenza e sovranità non coincidono. “L’Unione Europea – per Mario Draghi - è la costruzione istituzionale che in molte aree ha permesso agli Stati membri di essere sovrani. È una sovranità condivisa, preferibile ad una inesistente. È una sovranità complementare a quella esercitata dai singoli Stati nazionali in altre aree.” La storia economica del continente europeo dopo la fine di Bretton Woods  (Agosto 1971) illustra molto bene questo concetto espresso dal Presidente Draghi. I singoli stati pur avendo nella cassetta degli attrezzi della politica economica gli strumenti della politica monetaria e di quella fiscale da utilizzare secondo le singole necessità erano costretti a seguire le scelte praticate dagli Stati Uniti pena crisi della bilancia dei pagamenti (Italia 1974), dei tassi di cambio (Italia 1992) e valutarie.  

Nel mondo globalizzato attuale, fortemente interconnesso, invece, cercare l’indipendenza dalle Istituzioni europee (cavalcata dai governi populisti) mette i paesi di fronte a scelte complesse. Da un lato continuare a stare dentro al mercato unico: accettando passivamente regole scritte da altri e perdendo il controllo su decisioni che toccano l’interesse dei propri cittadini. Oppure dall’altro, ricercare una separazione dai partner commerciali più importanti, perdendo controllo sul benessere dei loro cittadini. Un dilemma che molti commentatori avveduti misero in risalto prima della creazione dell’Eurozona. Molti paesi, infatti, che dovevano scegliere se entrare a farvi parte o restarne fuori non avevano né le caratteristiche per restare ‘sovrani’ e nemmeno per adottare la moneta unica.  L’Unione Europea pertanto fino allo scoppio della crisi del 2008 ha avuto successo perché ha offerto l’ambiente ideale nel quale l’operato dei suoi cittadini ha prodotto una prosperità diffusa fondata sul mercato unico e protetta dalla moneta comune. Ma nel contempo però gli ultimi dieci anni hanno messo a nudo le carenze delle politiche nazionali (mancanza di riforme strutturali) e la necessità di evoluzione nella cooperazione sia all’interno dell’Ue che al suo esterno. Cosa bisognerebbe fare a questo punto per Draghi? Adattare le istituzioni esistenti al cambiamento. “Un adattamento a cui si è finora opposta resistenza perché le inevitabili difficoltà politiche nazionali sembravano sempre essere superiori alla sua necessità”. Recuperando quell’unità di visione e di azione che da sola può tenere insieme Stati così diversi come quelli europei. Questo però non dovrà essere solo un auspicio ma un’aspirazione fondata sulla convenienza politica ed economica. In questo modo attraverso la cooperazione i paesi dell’Eurozona e dell’Unione europea nel suo complesso potranno meglio rispondere insieme alle sfide che pone l’attuale fase di de-globalizzazione: con la riduzione del peso delle esportazioni e dei flussi globali dei capitali. 

Marco Boleo

   

 

 

 




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