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27/12/2017
Un libro sostiene che la Chiesa si è prodigata poco contro la schiavitù
ma la realtà lo sfata

In questo tempo di “fake news”, non poteva mancarne una di dimensioni mastodontiche: I Papi e la Chiesa si sarebbero poco prodigati per la lotta alla schiavitù. E' la tesi di fondo contenuta nel libro The Popes, the Catholic Church and the Transatlantic Enslavement of Black Africans 1418-1839, scritto dal sacerdote nigeriano Pius Adiele Onyemechi.

Anche se non si è letto il libro, si può evincere ciò dalla critica letteraria usata per elogiare il volume su diverse testate. In modo particolare si distingue la recensione - più degna di tripadvisor anziché dei dipartimenti di storia - scritta per La Stampa da Rita Monaldi e Francesco Sorti, celebri per definirsi, non senza vittimismo e manie di persecuzione, “storici non accademici a lungo censurati in Italia, per aver rivelato verità scomode su papi e cardinali del passato”. Ma a causa di quanto hanno scritto, dovrebbero essere definiti faziosi e approssimativi.

A loro avviso, l'opera di don Pius è attendibile giacché egli è nigeriano e prete cattolico; ed è “un contributo duraturo alla ricerca della verità storica”, dal momento che ha la pretesa di dimostrare, appunto, che “solo nel 1839 la Chiesa ha riconosciuto gli africani come esseri umani al pari di tutti gli altri, attraverso la bolla di  Papa Gregorio XVI”. Vera e propria diffamazione, da parte di tutti e tre.

La realtà suggerisce altro, ovviamente. L'impegno della Chiesa contro la tratta degli schiavi, bianchi o nero che siano, è suffragato da 2000 anni di storia e da migliaia di documenti e testimonianze varie. Non a caso, torna alla mente cosa affermava al riguardo Nelson Mandela, di certo non cattolico ma metodista: “Quando i neri non potevano nemmeno salire su un autobus, la Chiesa cattolica li faceva vescovi e cardinali”.

Sin dalla sua fondazione “su Pietro”, ad opera di Gesù Cristo (Mt 16,18), la Chiesa cattolica si è dimostrata l'unica in grado di liberare l'uomo dal problema della schiavitù, sia sul piano spirituale, che su quello civile e politico. Perciò San Paolo può affermare: “Tutti voi siete infatti figli di Dio. Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,26-28). Così il Cristianesimo è apparso nel mondo, dichiarando guerra al peccato, al Diavolo e a istituzioni millenarie e universali, tra cui la schiavitù che, da allora, non ha mai smesso di combattere. Per esempio, durante il regno di Costantino (274-337), e in ossequio al Vangelo, Ella ottenne assieme alle leggi contro l'infanticidio, l'abbandono e agli aiuti fiscali per le famiglie bisognose, di far vietare il marchio a fuoco per gli schiavi e la condanna dell'antica usanza dei padri romani di disporre della vita dei propri figli, fino al punto di poterli vendere come schiavi. Per non parlare dell'impegno dei grandi filosofi e padri della Chiesa (quali San Gregorio di Nissa, San Giovanni Crisostomo Sant'Agostino, Sant'Ambrogio) contro la schiavitù, considerata estranea dal progetto divino ed effetto del peccato originale; esempi che conferma, La Città di Dio e la lettera 10 a Sant'Alipio del santo vescovo di Ippona.

Dunque, la Chiesa non ha mai fatto alcuna distinzione tra liberi e schiavi. Entrambi avevano diritti, privilegi; ricevevano gli stessi sacramenti, inclusa l'ordinazione, e almeno due schiavi sono diventati Papi: Pio I e San  Callisto I, il quale portava i segni di schiavo fuggitivo, e regnò dal 217 al 222 d.C. La condizione servile non imponeva vincoli matrimoniali, e nei cimiteri non sono riscontrabili distinzioni tra tombe ed epigrafi di schiavi e liberi.

La schiavitù come fenomeno di massa e con le terribili caratteristiche che aveva nel mondo pagano scomparve gradualmente. Ci volle del tempo, perché ad un certo punto la Chiesa dovette affrontare la caduta dell'impero romano, le invasioni barbariche e l’espansione dell'islam. La Chiesa di Roma rispose con vigore alle nuove minacce. Attraverso l'evangelizzazione, la cultura letteraria, storica e del diritto educò i barbari, favorì l'incontro tra questi e il mondo romano, favorendo la nascita dei regni romano-barbarici e del sacro romano impero. Di conseguenza, si gettarono le basi per l'edificazione della civiltà europea. Durante il tardoantico e il medioevo, i Papi, i vescovi e gli altri religiosi indissero diversi concili, sia universali sia locali, per adottare numerose misure in favore degli schiavi, come il divieto per i padroni di infliggere loro pene troppo severe, di usare le schiave come concubine, e per imporre la necessaria liberazione dal servaggio degli schiavi divenuti monaci o preti. Per capire, leggasi la Summa Teologica di San Tommaso d'Aquino, Medioevo, un secolare pregiudizio di Régine Pernoud, Il mito ariano di Léone Poliakov, Diritto e rivoluzione. Le origini della tradizione giuridica occidentale di H.J. Barman. Ma queste sono solo un assaggio delle ottime letture che si possono fare sul medioevo e la questione specifica qui trattata. Inoltre, diversi furono gli ordini religiosi – tra cui francescano – che si specializzarono nella raccolta di offerte per il riscatto delle persone rese schiave dai predoni islamici. Nacquero delle vere e proprie “Compagnie per il riscatto degli schiavi”, che agirono fino al XIX secolo. L'islam ha causato, sebbene non si dica attraverso i media mainstream, la deportazione di oltre 15 milioni di persone, tra l’VIII e il XIX secolo, contro i circa 14 milioni di persone coinvolte nella tratta atlantica, guidata da europei e americani. In tal guisa, si ridimensiona un altro “falso storico” sostenuto da Sorti e Monaldi nella recensione per La Stampa: la tratta europea degli schiavi ha coinvolto 80 milioni di persone. Tra l'altro, hanno ripescato una vecchia tesi degli anni '60, sostenuta dallo scrittore danese Thorkild Hansen. Però, come ha ricordato l'africanista Anna Bono su La Nuova Bussola Quotidiana http://www.lanuovabq.it/it/la-lotta-dei-pontefici-contro-la-schiavitu-la-verita-negata è durata poco, giacché “tra gli anni 70 e 80 le cifre della tratta sono state ricalcolate grazie a ricerche condotte su diverse fonti, inclusi i registri dei porti americani destinazione delle navi negriere, le dimensioni delle imbarcazioni e il numero dei loro viaggi dall’Africa alle Americhe”.

In Europa l'opera dei cattolici per la liberazione degli schiavi trovò nuovi ostacoli durante la scoperta dell'America, a causa di quei re che diedero avvio, tra il 1400 e il 1600, alla costruzione di monarchie nazionali e assolute, in forza dell'umanesimo pagano e della rivoluzione protestante. Loro  pretendevano diritti sopra la Chiesa, ostacolando i religiosi impegnati nelle missioni evangelizzatrici in Africa e in America. Diversi sovrani e funzionari di corte tentarono con tutti i mezzi di aggirare i moniti dei Papi e vescovi per il rispetto della dignità degli indigeni che vietava il ricorso al loro asservimento e lo sfruttamento delle loro terre. Sebbene non fosse facile, l'opposizione della Chiesa allo schiavismo e alle disumanità, non è mai venuta meno, soprattutto per l'azione e il Magistero dei pontefici. Pensiamo alla disputa di Valladolid (1550-1551), che Carlo V, Las Casas organizzarono per dirimere la controversia sulla presenza dell'anima negli indios.

Si può menzionare a questo proposito anzitutto la bolla di Paolo III del 1537 contro la schiavitù nel Nuovo Mondo Sublimis Deus, nella quale il Papa ricordava a quanti negavano l'umanità degli indigeni, sostenendo tale tesi con la bestialità dei loro sacrifici umani e del cannibalismo, che gli “indiani in verità sono uomini autentici”, e che non è lecito a nessuno privare della libertà e delle proprietà “gli stessi indiani e tutti gli altri popoli, anche se non appartenenti alla nostra religione”. Impose altresì la scomunica a chiunque avesse collaborato con la tratta degli schiavi. La scomunica venne ribadita da Papa Urbano VIII (nel 1639), da Papa Benedetto XIV (nel 1741), da Papa Pio VII, il quale chiese di proibire la schiavitù ai partecipanti al Congresso di Vienna del 1815, ove non si parlò soltanto di restaurazione, della sconfitta di Napoleone, bensì pure della spartizione del continente africano. Mentre i papi prendevano questi giusti provvedimenti, a fare uso massiccio della schiavitù erano le nazioni protestanti: Stati Uniti e impero britannico in primis.
E ora, finalmente, si giunge al papa nominato all'inizio, e preso di mira da don Pius, Monaldi e Sorti, Papa Gregorio XVI; egli riassunse e ribadì i pronunciamenti di condanna dei suoi predecessori nella bolla In Supremo Apostolatus del 3 dicembre 1839. Quivi “ammonisce e scongiura” i cristiani a non macchiarsi più della “così grande infamia” della schiavitù, “quell’inumano commercio con il quale i negri… sono comprati, venduti e costretti talvolta a eseguire durissimi lavori”. Quindi, è evidente che la Chiesa cattolica ha sempre trattato (e non solo dal 1839) come esseri umani tutti gli schiavi, lottando per loro senza tregua; facendolo prima di chiunque altro. Don Pius e i due pseudo-storici prendano nota. Allo stesso tempo, vadano a parlarne con il cardinal Sarah, a studiare le vite dei santi, come Pedro Claver, Daniele Comboni, Giuseppina Bakhita; di personalità straordinarie quali Katharine Drexel, Monsignor Lefebvre e padre Gheddo, per comprendere il bene inestimabile che la Chiesa cattolica ha fatto per l'Africa e per il mondo intero. Ribadirlo fa bene: solo la sposa di Cristo può rendere liberi gli uomini e le donne. E' per questo che San'Ambrogio poteva dire “Ubi Fides, ibi libertas”. Un baluardo contro ogni totalitarismo antico e moderno.

Daniele Barale
 




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