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15/11/2016
Il prof. Filippo Peschiera ed il modello renano
La collaborazione nella impresa tra capitale e lavoro dal dopoguerra ad oggi: Verso il modello renano
Un gruppo di amici (tra i quali L. Abete, E. Avanzi, G. Bianchi, G. De Rita, A. Galloni, E. Remondini, P. Savona, F. Tiraboschi ed il Cardinale A. Bagnasco) che seguono da anni con ‘interessata attenzione’ il percorso intellettuale del prof. Filippo Peschiera “verso il modello renano” si sono ritrovati nella Sala Consiglio della Camera di Commercio di Roma il 08 Novembre scorso per discutere della sua ultima fatica letteraria: “La collaborazione nella impresa tra capitale e lavoro dal dopoguerra ad oggi: Verso il modello renano”. Ne è scaturito un fecondo dibattito del quale vi daremo parzialmente conto. Nel corso degli anni, secondo il moderatore del dibattito D. Viziano, vista la passione che ci ha messo il prof. Peschiera nei suoi studi, lui ed il modello renano sono divenuti una cosa sola. Nel libro emerge chiaramente il sentiero accidentato seguito dall’autore fatto di grandi entusiasmi e di ripensamenti critici che sicuramente hanno fatto molto bene alle politiche del lavoro e parimenti al complessivo sviluppo del sistema economico e sociale italiano. Filippo Preschiera per le sue idee collaborazioniste sul rapporto tra capitale e lavoro all’interno dell’impresa nel 1978 ha subito persino un vile attentato terroristico da parte delle Brigate Rosse: una gambizzazione. Triste destino che ha accumunato negli ultimi quaranta anni molti studiosi riformisti che hanno pagato anche con la loro vita la difesa delle loro idee.  Si pensi tra i tanti ad Ezio Tarantelli, a Massimo D’Antona e Marco Biagi. Vediamo in sintesi il pensiero del giuslavorista genovese ricorrendo anche ad una sua recente intervista. “Nel nostro paese - per Peschiera - i sindacati hanno sostanzialmente accantonato, ma non messo in soffitta, l’approccio conflittuale tra capitale e lavoro e, invece del metodo collaborativo, si è fatto strada quello della concertazione che consiste nel chiedere molto sapendo di poter ricevere poco. La concertazione però depotenzia il ruolo delle mobilitazioni di piazza, principale strumento del conflitto, con effetti positivi sulla pace sociale, ma senza poter offrire quei miglioramenti di benessere che sarebbero garantiti dall’accettazione piena del metodo collaborativo in stile renano, il quale si basa sul meccanismo di ottenere, sotto forma di partecipazione agli utili, ciò che si può ottenere in forma di salario, purché i lavoratori rispettino le regole del capitalismo globale.
La cogestione insomma favorisce le imprese e i lavoratori con salari che sono i più alti del mondo, mentre le imprese, evitando ogni conflitto, realizzano un autofinanziamento tra i più alti d’Europa. Nel modello renano i sindacati sono forti, rappresentativi e responsabili; il tasso di sindacalizzazione è uno dei più alti del mondo; la loro potenza finanziaria è proporzionale alla loro rappresentatività, le quote di adesione individuale sono elevate (il 2% del salario prelevato dalla busta paga); ciò consente di disporre di mezzi invidiati dai sindacati di tutto il mondo. Le loro casse permettono, quando c’è bisogno, di versare agli operai in sciopero il 60% del salario, uno strumento di dissuasione molto efficace nei confronti del padronato; i negoziati hanno cadenza regolare ogni tre, quattro anni e durante l’accordo non c’è contrapposizione. Una strategia che ha salvato la Germania dalla crisi.” Nel percorso accidentato, cui si è accennato in precedenza, seguito dall’autore negli ultimi anni si sono frapposti, secondo De Rita, due ostacoli. Da una parte la crisi che attanaglia l’Europa a partire dal 2008 che spinge tutti gli attori sociali: aziende, governo ed opinione pubblica a chiudersi a riccio vanificando i tentativi di collaborazione fra i soggetti chiave dell’economia e delle aziende. E dall’altra il mutato scenario internazionale sulla spinta della crisi economica e finanziaria che rende sempre più critici i rapporti sistemici all’interno dell’economia europea. P. Savona da parte sua ha aggiunto che l’orologio della storia non può andare indietro e che la globalizzazione coi suoi mutamenti epocali sta sconvolgendo il modello renano. Alla luce di questi sbarramenti e mutamenti il percorso verso il modello renano diventa problematico ma Peschiera pur riconoscendo queste difficoltà non si rassegna. All’inizio del suo percorso di ricerca pensava ad uno “sfondamento al centro” (usando le parole di De Rita) del modello renano, ovvero, verso il grande cuore del Nord Italia, cioè l’industria lombarda. Sappiamo come è andata a finire: un insuccesso. Il ‘primato del conflitto’ ha tarpato le ali ai timidi accenni alla cogestione o alla partecipazione aziendale  che furono ben presto messi ai margini del dibattito.
Nella stagione attuale l’ottantacinquenne Peschiera, lungi dal rassegnarsi, con un cambiamento di strategia pensa ad uno sfondamento del modello renano nel tessuto produttivo del Nord Est e del Nord Ovest dell’Italia. Specialmente nel Triveneto, ad industrializzazione più recente e dinamica, dove una rete di medie imprese permette sfide di più avanzata coesione sociale e di lavoro. Accanto a questo riposizionamento territoriale risulta evidente anche un rinnovato e forte ancoraggio ai documenti della Dottrina Sociale della Chiesa che dalla Rerum Novarum a Papa Francesco hanno sottolineato l’esigenza di raccordare capitale e lavoro, imprenditori e lavoratori. Riguardo al Nord Ovest G. Bianchi si è occupato nel suo intervento del programma che Sergio Marchionne sta realizzando nella Fiat. Una ricerca di collaborazione tra capitale e lavoro in presenza della rivoluzione tecnologica. L’obiettivo è quello di aumentare la produttività con l’innovazione. L’equilibrio che si è generato nel rapporto tra capitale e lavoro però è instabile poiché non motiva il lavoratore. Vi è un modello produttivo ad intensità di capitale con il lavoratore che non partecipa nell’organizzazione del lavoro. Non abbiamo pertanto il modello renano della codeterminazione ma solo un riposizionamento del lavoro. Chiamato a concludere il lavori il Presidente della Cei il Cardinale Bagnasco ha sottolineato che nel rapporto capitale e lavoro l’uomo non può essere usato come uno strumento visto che è un fine. Nei processi produttivi la struttura portante deve essere la persona umana che ha il diritto alla partecipazione. Pertanto bisogna ripartire dall’ABC della vita, della società e del lavoro. Quanto riportato è solo una delle tante chiavi di lettura fornite dal dibattito ma una cosa è certa il nostro secolo ha bisogno di testimoni, come auspicava Papa Paolo VI, ed il prof. Peschiera è sicuramente uno di loro.
 
Marco Boleo

 

 




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