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24/07/2015
Un grande rischio per la nostra democrazia
La sentenza della Corte Europea di Strasburgo per i diritti umani rende ancora piĆ¹ rovente questo caldissimo luglio

La sentenza della Corte Europea di Strasburgo per i diritti umani in cui si chiede all'Italia un riconoscimento legale delle coppie omosessuali (cosa ben diversa dal matrimonio), contribuisce a rendere ancora più rovente questo caldissimo luglio.

Solo la settimana scorsa il Premier Renzi aveva con entusiasmo annunciato il timing del ddl Cirinnà sulle unioni civili, proprio nel bel mezzo delle polemiche per la possibilità contenuta nella Buona Scuola di introdurre, con la solita scusa della lotta alle discriminazioni, l'ideologia del gender nella scuola (ad ogni livello e grado). Alle parole del Presidente del Consiglio aveva replicato con puntualità il segretario generale della CEI Galantino mettendo in evidenza che in questo periodo storico le urgenze che deve affrontare il paese sono ben altre, e che nessuno sembra volersi fare carico dei veri problemi che le famiglie incontrano tutti i giorni.

Allo stesso tempo, il fatto che il mese scorso siano scese in piazza un milione di persone per manifestare in favore della famiglia e per dire no all'ideologia del gender è considerato irrilevante come irrilevante, in questo particolare momento storico, sembra essere il parere delle persone. La confusione che volutamente viene sollevata intorno a questi argomenti, serve per nascondere la volontà di equiparare le unioni civili al matrimonio, estendendo i diritti (ma non si parla mai dei doveri) dell'istituto matrimoniale anche ad altri tipi di unione. Si tratta di una corsa all'omologazione che nega il valore delle differenze sia nell'essere umano che nei rapporti interpersonali. Questo è un punto sul quale bisognerebbe fare molta più chiarezza perché l'ideologia gender teme sopra ogni cosa il riconoscimento delle differenze, al fine di schiacciare tutto e tutti in una cieca omologazione che rende irrilevante l'inestimabile valore che ogni persona porta in sé. Un rischio grande per la nostra democrazia perché uccide fin dall'inizio la possibilità di ogni confronto, come sta puntualmente avvenendo nella scena pubblica su questi argomenti, dove chi propone una visione non allineata a quella del gender non è ritenuto degno di esprimersi. Niente di nuovo, semplicemente si tratta dell'attualizzazione 3.0 (siamo sempre la generazione di internet) di una prassi tanto cara ai regimi autoritari che non possono tollerare spazi di vera libertà. Non a caso Papa Francesco ha usato parole di fuoco definendo la teoria del gender una "colonizzazione ideologica" e paragonandola alla volontà dei regimi totalitari di trasformare la società attraverso la "colonizzazione" dei bambini, come nel caso dei giovani Balilla o della gioventù hitleriana. Si tratta di un aspetto tragicamente vero al quale preferiremmo non guardare, ma dal quale non possiamo distogliere lo sguardo senza lasciare indifesi i membri più fragili del nostra comunità, i bambini. Il livello della sfida da affrontare è proprio questo perché in gioco ci sono il presente e il futuro dei bambini e, di conseguenza, di tutta la società. Proprio per questo occorre non lasciarsi intimidire e continuare a testimoniare il valore della famiglia, ed allo stesso tempo chiedere che questo valore sia concretamente riconosciuto attraverso forme di promozione che permettano alla famiglia di poter continuare ad esistere.

Tutti riconoscono che se il nostro paese non è ancora crollato sotto i colpi della crisi economica (ma si dovrebbe dire anche di quella morale e politica) è perché la famiglia non solo ha svolto un ruolo di supplenza del welfare, ma, soprattutto, è stato il luogo in cui è si è mantenuta salda la speranza, che concretamente si è tradotto con investimenti nell'educazione, con l'aiuto nelle difficoltà lavorative dei membri, con il sostegno nel creare nuovi nuclei famigliari. Si tratta di un tesoro che non può andare sprecato per qualche azzardo ideologico sulla pelle dei più deboli, perché se un giorno questa speranza vissuta nei gesti quotidiani venisse a mancare la nostra comunità si dissolverebbe.

Giovanni GUT




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