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20/01/2023
Una botta di ottimismo
Un Governo credibile dovrebbe assumere un atteggiamento di responsabilità fiscale cercando di ottenere con la manovra di bilancio un avanzo primario.

Quando due Ministri del Governo Meloni ed il Presidente dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana) criticano nel giro di qualche giorno l’operato della Banca Centrale Europea (BCE) due sono le alternative. Nella prima (poco probabile) ‘i nostri’ sono digiuni di nozioni elementari di teoria e politica monetaria. Nella seconda, invece, le loro dichiarazioni sono strumentali ed il loro intento è quello di scaricare le ‘irresponsabilità fiscali’ decennali dell’Italia e l’inefficienza del nostro sistema bancario troppo politicizzato sull’operato dell’Istituzione di Francoforte sul Meno. Ma queste esternazioni sono nel contempo senza senso e pericolose. Risultano prive di senso perché la BCE ha, secondo il suo Statuto, il compito di mantenere la stabilità dei prezzi e pericolose perché gli anni ‘70 del secolo breve ci hanno impartito una chiara lezione. Gli shock dal lato dell’offerta vanno contrastati con una politica monetaria restrittiva per evitare il disancoraggio delle aspettative di inflazione da parte delle famiglie e delle imprese e perché anche la domanda aggregata, alimentata con stimoli fiscali eccessivi, ha un ruolo fondamentale nell’attuale processo inflazionistico. Pena future restrizioni monetarie più dolorose. La ‘corda del boia’ tirata in ritardo dai Banchieri Centrali negli anni ‘70 provocò una eccessiva caduta del Pil che si portò dietro tassi di disoccupazione a due cifre che si protrassero per molti trimestri. L’unico sbaglio che, invece, si potrebbe imputare oggi alle Banche Centrali è l’aver ritenuto all’inizio l’inflazione temporanea e il non aver coordinato la politica monetaria restrittiva con quella fiscale che è rimasta troppo espansiva. Questa considerazione però è più vera per la Federal Reserve degli USA che non per la BCE. Quando due componenti l’Esecutivo chiedono alla BCE di continuare ad acquistare il debito pubblico dei singoli Stati sul mercato secondario genera instabilità perché, le loro lamentele potrebbero essere interpretate dai mercati finanziari come un segnale che il Governo Meloni si trovi in difficoltà: alle prese con uno squilibrio di finanza pubblica.

Un Governo credibile, invece, dovrebbe assumere un atteggiamento di responsabilità fiscale cercando di ottenere con la manovra di bilancio un avanzo primario necessario a tenere sotto controllo il debito pubblico e a tranquillizzare gli investitori internazionali. Nostri finanziatori necessari. Compensando l’eventuale caduta della domanda aggregata (consumi + investimenti) generata della stretta creditizia, con investimenti pubblici che, nella stagione che stiamo vivendo, equivale a mettere a terra senza ritardi il PNRR. Il rigurgito sovranista andrebbe poi valutato tenendo bene in mente che l’Italia è il paese dell’Eurozona che ha, da un po’ di tempo a questa parte l’inflazione più alta di tutti gli altri paesi che ne fanno parte. Se avessimo avuto d’incanto la tanto agognata sovranità monetaria, la Banca d’Italia avrebbe dovuto innalzare i tassi d’interesse ad un livello superiore rispetto a quelli praticati dagli altri paesi dell’eurozona. Pena fughe di capitali e conseguenti attacchi speculativi alla nostra liretta che in molti fingono di non ricordare. Le lamentele nei confronti della BCE andrebbero insomma sostituite con una presa di coscienza della situazione attuale. Quando le aspettative restano ancorate, il processo inflazionistico si può arrestare senza un vuoto di Pil e conseguente aumento della disoccupazione. Ma le aspettative di famiglie ed imprese non piovono dal cielo visto che sono la risultante degli annunci e delle operazioni monetarie di una Banca Centrale. Il che comporta la necessità d’intervento senza se e senza ma anche quando l’inflazione risulti essere prevalentemente da offerta. E questo sta avvenendo. Stando così le cose sarà molto probabile uno scenario meno recessivo se le aspettative restano ancorate. Mentre scriviamo stanno crescendo i consensi intorno a questa visione. Ma quello che conta davvero è che sono gli stessi mercati finanziari a confermare questo scenario: il temuto spread BTP-BUND scende a circa 170 punti base, ad un livello a cui da tempo non si vedeva. La disinflazione senza recessione è sempre più probabile e, soprattutto, sempre più attesa.

Marco Boleo




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