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10/07/2018
L’elefante di Branko
A guadagnare molto poco o addirittura a vedere la diminuzione del loro reddito, i poverissimi in alcuni paesi, specialmente dell’Africa, e i lavoratori e la classe media dell’occidente

Molte volte gli economisti sono stati accusati di utilizzare un linguaggio troppo complicato ed autoreferenziale. Branko Milanovic, invece, ora professore presso la City University di New York, con un passato da capo economista alla Banca Mondiale, è stato di una chiarezza cristallina. Utilizzando un grafico di sua invenzione è riuscito in un colpo solo a spiegare con estrema semplicità le cause dell’affermazione del populismo negli Usa ed in alcuni paesi europei. L’“elefante” di  Branko, così denominato visto che la spezzata del grafico richiama la fattezza del grosso pachiderma e rappresenta la crescita dei redditi reali nel mondo tra la fine degli anni ‘80 del secolo breve e il tempo presente. I vincitori, ovvero quelli che hanno visto migliorare il loro reddito, sono stati molti abitanti dei paesi a crescita elevata dell’Asia (in particolare la Cina), che sono entrati a far parte della nuova classe media, e i super-ricchi dei paesi sviluppati . A guadagnare molto poco o addirittura a vedere la diminuzione del loro reddito, i poverissimi in alcuni paesi, specialmente dell’Africa, e i lavoratori e la classe media dell’occidente. Ora questi ultimi non ci stanno e si stanno ribellando col voto di protesta. Le cause dell’incremento della diseguaglianza e di questa redistribuzione di redditi tra paesi, secondo Branko Milanovic, nei paesi occidentali sono almeno tre: i) Il cambiamento tecnologico, che ha incrementato i salari dei lavoratori altamente specializzati a scapito di quelli poco qualificati, oltre a favorire il rendimento del capitale su quello del lavoro; ii) La globalizzazione, che ha reso possibile produrre merci in nazioni caratterizzate da basso costo del lavoro, grazie all’apertura dei mercati e alla conseguente libera circolazione di merci e capitali; iii) Le politiche economiche che hanno favorito la tassazione in somma fissa e l’abolizione dei salari minimi per i lavoratori. Le divisioni tra gli economisti sono solo su quale delle tre sia la causa principale. Questo avviene perché è difficile quantificare l’effetto di ciascun fattore sull’aumento della diseguaglianza e sullo sviluppo degli altri due. Secondo Milanovic, il ‘primum movens’ che ha scatenato tutto è stato la globalizzazione. Visto che i cambiamenti tecnologici non sono esogeni ma dipendono dai prezzi relativi dei fattori di produzione.

Pertanto se si ha una diminuzione del costo del lavoro perché la Cina si è aperta alla globalizzazione, allora è possibile investire in un tipo di tecnologia ad alta intensità di lavoro. Senza globalizzazione avremmo quindi osservato un diverso progresso tecnologico. I governi hanno inoltre dovuto rivedere radicalmente le politiche economiche adottate per via di uno degli effetti della globalizzazione: la perfetta mobilità del capitale, che oggi può essere trasferito agevolmente fuori dal nostro paese ed essere utilizzato con una forza lavoro più a buon mercato in Serbia o Indonesia. Stando così le cose un aumento della progressività della tassazione potrebbe avere come conseguenza indesiderata: la fuga dei capitali piuttosto la redistribuzione delle risorse. Una situazione difficile da gestire. Milanovic lo spiega bene e fornisce anche qualche consiglio. Il problema della stagione che stiamo vivendo è che il livello di vita dei cittadini è sempre più legato al mercato globale, mentre chi si è impoverito a causa della globalizzazione vive una realtà nazionale. Considerato che l’onere dell’aggiustamento ricade sugli stati nazionali è molto difficile trovare la quadra. Bisognerebbe mettere in campo sia delle politiche di breve che di lungo periodo Nel breve vanno utilizzati gli strumenti convenzionali: l’educazione, le politiche attive del lavoro, i sussidi di disoccupazione, etc. Ma, per combattere la diseguaglianza all’interno dei paesi sviluppati nel lungo periodo, bisogna concentrarsi sulla redistribuzione delle dotazioni individuali di capitale. Ad avviso di Milanovic, la politica dovrebbe concentrarsi sulla redistribuzione sia del capitale umano che di quello finanziario.

Le dotazioni di capitale umano potrebbero essere rese più eque migliorando il livello la qualità dell’educazione pubblica. Una più equa dotazione di capitale finanziario, invece, si potrebbe conseguire mediante  tre interventi: 1) sgravi fiscali per i piccoli investitori, affrancando dai rischi, mediante una assicurazione a carico dello stato, chi investe meno di 5.000 euro nel mercato azionario o obbligazionario; 2) incentivare il possesso delle azioni delle imprese in cui sono impiegati da parte dei lavoratori, come già avviene con successo ad esempio in Germania; e 3) adottando la proposta di un altro studioso della disuguaglianza: il compianto Tony Atkinson, con l’introduzione di una dotazione finanziata tramite la tassa di successione. Siffatta sovvenzione potrebbe essere assegnata agli individui appena maggiorenni, i quali la potranno usare come vogliono: per la propria educazione, per mettere su un’impresa o semplicemente spendendola. In questo modo le dotazioni degli individui non dipenderanno solo dall’asse ereditario in cui sono inseriti. Per chiudere oggi sono in molti ad interrogarsi sul futuro della globalizzazione visto che le altre due dell’era moderna si sono interrotte: una con la prima guerra mondiale e la seconda con gli shock petroliferi degli anni ‘70 del secolo scorso. I grandi della terra ci stanno provando con misure protezionistiche che per Milanovic saranno destinate ad avere scarso successo  visto che la globalizzazione è come il dentifricio, una volta uscita non può rientrare. A meno di una grande guerra, nessuna nazione, neanche gli Usa, ha gli strumenti per fermare la globalizzazione. Sarebbe più opportuno quindi governarne gli effetti negativi adottando i provvedimenti ricordati in precedenza.

 Marco Boleo




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