PRIMO PIANO
11/12/2017
Gerusalemme capitale, monta la protesta
La decisione storica voluta da Trump porta con sé critiche e conseguenze pesanti per l'intera regione Mediorientale.
Qualche giorno fa Donald Trump ha annunciato ufficialmente il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele, aggiungendo che presto l’ambasciata statunitense sarà trasferita da Tel Aviv a Gerusalemme. Stiamo di fatto assistendo ad una decisione storica, che porta con sé una scia di critiche da parte della comunità internazionale, la quale sostiene che la decisione non farà altro che allontanare la prospettiva di una pace duratura e fa sprofondare il Medio Oriente nell’ennesima crisi.
Addirittura c’è chi come il leader di Hamas, afferma che la decisione degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele è una vera e propria dichiarazione di guerra contro i palestinesi e ha chiesto una nuova “Intifada”.
Cari lettori facciamo un breve viaggio a ritroso: la parte orientale di Gerusalemme è stata occupata dallo Stato di Israele nel 1967, dopo la Guerra dei sei giorni, e nel 1980 il parlamento israeliano, approvò una legge fondamentale che proclamava unilateralmente “Gerusalemme, unita e indivisa capitale di Israele”. Però quella legge costituzionale fu definita nulla e priva di validità dal Consiglio di sicurezza dell’ONU. Fu considerata una violazione del diritto internazionale e un serio ostacolo al raggiungimento della pace in Medio Oriente. Infatti proprio per tale motivo nessun paese ha la propria ambasciata a Gerusalemme bensì a Tel Aviv. Nel 1995 gli USA, con una legge del proprio Congresso, riconobbero Gerusalemme capitale di Israele. Nonostante ciò da quell’anno fino al 6 dicembre 2017, nessun presidente americano ha deciso di spostare la propria ambasciata. Proprio qualche giorno fa tale decisone è stata presa da Trump.
Rievocando la storia di quelle zone vediamo che per secoli Gerusalemme fu sotto il controllo Ottomano che crollò dopo la prima guerra mondiale, quindi la regione passò sotto l’egida del Regno Unito con il mandato britannico sulla Palestina, che durò dal 1920 al 1948. Nel 1947 arrivò la “risoluzione Onu”, che proponeva la divisione del territorio palestinese fra due stati, uno ebraico, l’altro arabo, con Gerusalemme sotto controllo internazionale delle Nazioni Unite. Però gli arabi si ribellarono a tale piano, dando inizio a una serie di conflitti, il primo dei quali nel 1948, dal quale uscì vittoriosa Israele. Gerusalemme allora venne divisa in due parti: la parte ovest agli israeliani e la parte est alla Giordania. Come conseguenze del conflitto del ’48, tra Gerusalemme ovest e Gerusalemme est venne tracciato il confine della ‘Green Line’. Ma nel 1967, dopo la Guerra dei sei giorni, Israele conquistò e annesse Gerusalemme est, dove vivevano gli arabi, portando, alcuni anni più tardi, alla legge fondamentale su Gerusalemme, unita e indivisa capitale di Israele. Ora, alla luce di questi passaggi storici, si può capire perché lo status di Gerusalemme è uno degli aspetti più difficili sui quali negoziare l’accordo di pace in Medio Oriente.
Per i Palestinesi la decisione di Trump significa l’allontanamento della prospettiva di veder riconosciuta Gerusalemme est come capitale di un futuro stato palestinese indipendente. Per Israele invece è stata una mossa che ha galvanizzato il proprio governo. Da quando Gerusalemme est è stata annessa a Gerusalemme ovest nella guerra di sei giorni del 1967, Israele ha rivendicato la città come capitale eterna e indivisibile e ha chiesto a gran voce un riconoscimento internazionale. I Paesi vicini intanto stanno subendo una vera e propria destabilizzazione: per la Turchia la decisione sta gettando la regione in un fuoco senza fine dicendo che potrebbe tagliare i legami diplomatici con Israele. I sauditi, storici alleati degli Stati Uniti nella regione, ritengono che la mossa danneggi gli sforzi continui di Riyadh per ravvivare il processo di pace. I paesi arabi che confinano con Israele: Egitto, Giordania, Libano e Siria, hanno tutti condannato la mossa. 
L’Europa è anch’essa allarmata, gli analisti si stanno chiedendo se e in che modo l’Unione europea prenderà provvedimenti e interverrà nella spinosa questione. La prima reazione a livello europeo è giunta dalla Repubblica Ceca che ha fatto sapere di aver riconosciuto Gerusalemme come capitale ufficiale di Israele, ma che la città sarà riconosciuta in futuro anche come capitale dello stato palestinese.
Intanto a Gerusalemme è in atto in queste ore la manifestazione in corso davanti la porta di Damasco, all'ingresso della Città Vecchia di Gerusalemme. Dopo aver pregato inginocchiati di fronte alla Porta, decine di giovani hanno ripreso ad intonare slogan contro la decisione del presidente Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele.
A Mosca intanto le decisioni dichiarate da Washington sono state accolte con seria preoccupazione. Tale preoccupazione è suscitata anche dal fatto che la nuova posizione americana su Gerusalemme rischia di complicare ulteriormente la situazione nei rapporti israeliano-palestinesi e nella regione in generale. La Russa chiede a tutte le parti coinvolte di dimostrare calma e rinunciare ad azioni che potrebbero provocare conseguenze pericolose e non controllate.
Cari amici, Trump tuona: “Gerusalemme è la capitale di Israele. Ora la pace”. Personalmente ho come l'impressione che sia stato fatto un errore epocale biblico di portata enorme. Infatti questa scelta, secondo me, vede riaffacciarsi degli opposti estremismi e soprattutto l'interruzione del già labile processo di Pace.
 
Luca Cappelli

 




Via Luigi Luzzatti 13/a - 00185 ROMA - Tel +39-06-7005110 - Fax +39-06-77260847 - [email protected]
2012 developed by digitalset digitalSet