PRIMO PIANO
21/06/2017
Dollaro su Trump giu'. E gli altri?
I banchieri centrali tornano davvero protagonisti sui mercati finanziari, a seguito come da previsioni, del rialzo dei tassi di riferimento dello 0.25%

Con il rialzo della Fed si spinge il biglietto verde, ma gli investitori cercano di capire fino in fondo cosa può succedere al presidente Usa. I banchieri centrali tornano davvero protagonisti sui mercati finanziari, a seguito come da previsioni, del rialzo dei tassi di riferimento dello 0.25%, una mossa già ampiamente prevista dai mercati, giustificate da bassa inflazione, un mercato del lavoro che si rafforza e per di più anche alle spese delle famiglie. Appare tuttavia meno scontata la possibile incriminazione del presidente Trump per il reato di “ostruzione alla giustizia”, una notizia che ha avuto un effetto immediato sui mercati azionari dimostrando subito il dollaro, dopo aver toccato i minimi degli ultimi mesi, riprendersi un po’. Inoltre resta sempre l’incognita del bilancio su cui molti operatori sono in stand-by attendendo fra l’altro gli esiti del Russiagate.

Indubbiamente il provvedimento della FED (tutti d’accordo tranne uno) è decisivo e sembra facilmente superare la Casa Bianca.

Un livello peraltro considerato come una resistenza molto significativa, da cui era partito il rally post elettorale dall’inizio novembre 2016.

Gli analisti si chiedono se si tratta di un ritracciamento di breve durata oppure se il dollaro ha ripreso definitivamente il sopravvento (Ndr, parlando di ritracciamento si indica una inversione temporanea nella direzione del prezzo di una coppia valutaria, che va contro la tendenza che prevale sul mercato, ma non ne implica la generale inversione),

Non è facile dare una risposta, ma ci sono alcuni livelli da monitorare con grande attenzione, in particolare il gap ancora aperto dall’inizio di maggio. E’ possibile, tuttavia nel caso di un’ulteriore discesa, che questa area possa fungere da supporto da cui il cambio EUR/USD potrebbe forse trovare un ulteriore rialzo.

In aggiunta c’è da dire che gli ultimi dati provenienti dagli USA non sono particolarmente brillanti (basti pensare alle vendite al dettaglio e all’inflazione) e questo potrebbe spingere la Fed a prorogare fino alla fine dell’anno l’ultimo rialzo dei tassi preannunciato per il 2017. E’ ormai risaputo che il movimento del dollaro genera ripercussioni significative anche su altri assets, come l’oro e su valute vicine, come il dollaro canadese che ha avuto un recupero significativo, sulla scia agli ottimi dati sull’occupazione che hanno superato le attese degli operatori sostenuti dalla banca centrale canadese la quale decide di cambiare rotta rispetto alla sua politica monetaria espansiva degli ultimi anni, soprattutto nel caso in cui il prezzo del petrolio dovesse stabilizzarsi nel corso del tempo. Non è da escludere allora che un recupero dell’oro nero possa dare nuova spinta al dollaro canadese, che potrebbe nel breve tornare sulla media.

La crisi del 2007-08 ha fatto toccare con mano a molti investitori il rischio di un investimento finanziario. Nel 2011 anche i risparmiatori in titoli di stato, hanno scoperto che non esistevano più… “pasti gratis”. Ecco la ragione per cui in dieci anni, la popolarità degli strumenti a bassa volatilità è aumentata in modo significativo. Secondo uno studio poi, di alcuni specialisti, si sarebbe passati da una dozzina di prodotti a un ottantina a fine 2016, di cui una sessantina fondi tradizionali e il resto Etf (Exchange traded fund).

Certo ad agitare gli investitori sono stati i giustificati timori legati alla Brexit e a una possibile disgregazione dell’area euro; ma anche la debolezza congiunturale della Cina, calo dei prezzi delle materie prime e le attese di rialzo dei tassi di interesse americani.

Se Inghilterra e America non sono riuscite a turbare l’armonia dei mercati, Draghi ha però ballato prima dell’estate su più crescita accompagnata da ancora meno inflazione, rendendo possibile così prolungare la vita dell’espansione monetaria, che a sua volta prolunga la vita dell’euro basso e ne rallenta, ovviamente il rialzo che sarà comunque inevitabile. La domanda sull’Europa rimane l’Italia, con la sua incapacità di attuare riforme valide, ma se nel 2011 la rilevanza dell’Italia era sistemica, oggi è solo locale e con un’Europa di nuovo forte, il mal di pancia italiano ha più probabilità di risolversi con una oculata dose di fermenti lattici…

Per Janet Yellen, che intende svolgere il suo mandato fino alla fine, cioè febbraio 2018, si aprono gli scenari per una probabile conferma, certo dovrà mettere in agenda un incontro con Trump, visto che ci sarebbe in corsa anche  l’ex Presidente di Goldman Sachs. Si vedrà!

Gilberto Minghetti

 




Via Luigi Luzzatti 13/a - 00185 ROMA - Tel +39-06-7005110 - Fax +39-06-77260847 - [email protected]
2012 developed by digitalset digitalSet