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04/08/2016
La follia non emigra
Il tema dei migranti, da anni, รจ utilizzato per tenere alto lo scontro politico, soprattutto da parte dei quelle forze che si nutrono di populismo.

Belgio, Francia, Olanda: le stragi degli ultimi mesi sono una ferita per l’Europa e rischiano di affossare la già debole e poco coesa politica comunitaria nei confronti dell’immigrazione. Perché, tra i Paesi membri dell’Ue, a fianco del ministro dell’Interno francese, che ricorda come la carcerazione preventiva dei sospetti terroristi sarebbe contraria ai principi costituzionali, c’è il governo turco che sui diritti non ci va troppo per il sottile. Posizioni diverse, se non opposte: anche – e forse soprattutto – in questo caso, l’Europa viaggia in ordine sparso. Con il rischio che, ancora una volta, a rimetterci siano i cittadini: l’ondata di paura e di insicurezza è solo l’ultimo deterrente (dopo la recessione economica sempre più pesante) che rovinerà le vacanze di molti. La cronaca delle ultime ore ci rimbalza notizie allarmanti: tra la Bulgaria alla Slovenia, passando per l’Italia e la Grecia, il numero degli arrivi cresce di giorno in giorno, senza che nessuno sappia dare una risposta efficace che rispetti la sicurezza dei cittadini e al contempo la dignità di quanti arrivano in cerca di un futuro migliore. Il tema dei migranti, da anni, è utilizzato per tenere alto lo scontro politico, soprattutto da parte dei quelle forze che si nutrono di populismo. E i pregiudizi – sia in un senso, sia nell’altro – sono purtroppo deleteri per auspicare una soluzione rispettosa e pacifica, almeno in tempi ragionevoli. Così, se in un primo momento tutta l’Italia ha solidarizzato con la moglie di Emmanuel Chidi Nnamdi, il nigeriano richiedente asilo morto a Fermo dopo un pestaggio da parte di un ultrà della Fermana, oggi si sa che la ricostruzione dei fatti è assai diversa da quella emersa nelle prime ore dopo l’omicidio. Segno che tenere alta la polemica sull’immigrazione è una strategia che conviene. A tutti. L’immigrazione, assieme alla crisi economica, è la più grande emergenza dell’Europa, e non è certo un caso che il Mcl abbia dedicato al tema seminari e interventi pubblici dei suoi dirigenti. Le istituzioni dell’Unione, va detto, stanno compiendo sforzi enormi per considerare i fenomeni migratori non soltanto come un problema di controllo delle frontiere, ma come una risorsa. Eppure, gli Stati membri hanno idee discordanti per quanto riguarda politiche da attuare, fondi da mettere in campo e responsabilità da condividere. Tanto più, poi, che le stragi francesi dell’ultimo mese a Nizza e Rouen, ma anche il panico che si è diffuso in Germania per gli ultimi episodi di violenza, sono un metodo dissuasivo nei confronti della volontà di trovare soluzioni comuni.

Sobillando così gli spiriti ultraconservatori, che ce la mettono tutta per far passare l’immagine di persone che arriverebbero in Europa non per inseguire la speranza di vivere, ma per sfruttare il nostro welfare. In merito a uno degli ultimi naufragi in acque italiane, il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, ha commentato: «Tutti hanno diritto di vivere in un modo migliore, tutti hanno diritto a emigrare», richiamando l’Ue a pensare a «una politica nuova, una politica più incisiva, una politica più convinta per aiutare queste popolazioni». Su questo aspetto, però, le proposte europee non sono concordi. E lo scontro politico alimenta e suggella il disagio sociale. Come ha evidenziato lo scorso 9 luglio, in occasione del convegno sulla Carta di Roma (il codice deontologico dei giornalisti sui temi dei migranti), il presidente del Senato, Pietro Grasso, che ha evidenziato come l'accoglienza dei profughi sia non solo un dovere "morale" ma anche "giuridico", oltre che un'opportunità dinanzi al declino demografico del Vecchio continente. Ma che la questione sia particolarmente calda lo testimonia il caso dell’Inghilterra: uno dei principali motivi che hanno spinto i sudditi di Elisabetta a votare la Brexit è proprio la cattiva politica europea nei confronti dell’immigrazione. Ad oggi, il 90 per cento dei migranti diretti in Europa parte dalla Libia. Ragione per cui l’impegno comune dovrebbe essere quello di sostenere il premier del governo riconosciuto, frutto delle mediazioni Onu, Fayez al-Sarraj, al fine di riportare la stabilità nel paese e di evitare che si trasformi in una base dell’Isis. Intanto, lo scorso aprile, l'Italia ha proposto all’Europa un 'migration compact', per ridurre i flussi anche lungo la rotta mediterranea attraverso nuove intese con i Paesi d'origine e di transito, in particolare quelli africani, da finanziare con strumenti innovativi come i bond Ue-Africa. Tuttavia, per le associazioni e le ong, però, si tratta di un processo molto pericoloso e da fermare immediatamente. Intanto ci si interroga anche sul Rapporto europeo sull’immigrazione, approvato a Strasburgo lo scorso aprile, che dovrebbe archiviare il regolamento di Dublino (considerato da molti osservatori poco efficace e penalizzante), istituendo un sistema comune di asilo. Anche in questo caso, le polemiche esplodono da più parti, nonostante le rassicurazioni della Germania che non mette in dubbio la politica europea dell’accoglienza. Non che basti. Quella che si annuncia è comunque un’estate calda. Di paura.

Stefano Giordano

 




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