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13/09/2023
Le sfide e il ruolo dei giovani europei
Nel cambiamento dei tempi ha avuto scarso posto la dimensione valoriale e si รจ man mano dato spazio alle nuove ideologie.

Prima di tutto, è opportuno riproporre la situazione dalla quale tutto è cominciato, e le proposte che hanno avviato il cambiamento. Ora, nella storia della nascita delle proposte comunitarie, il punto centrale è stato quello del “Discorso dell’orologio” di R. Schuman – 9 maggio 1950; che ha potuto avviarsi grazie alla adesione previa di De Gasperi e Adenauer, rispettivamente in rappresentanza dell’Italia e della Germania. Due Paesi sconfitti hanno accolto e sostanziata la proposta di uno dei Paesi vincitori, per la persona di una figura anomala, nel quadro francese, come era R. Schuman. La situazione di riferimento, dalla quale tutto è partito, era quella della Seconda Guerra Mondiale (effetto dei regimi totalitari del XX secolo, quindi delle loro ideologie dominanti), in presenza di una “democratizzazione” (pluralistica) europea purtroppo parziale, con un obiettivo centrale: “mai più la guerra”; e uno strumento: “lavorare insieme” (cooperazione), in vista del “de-finitivo” superamento delle incomprensioni e ostilità fra le nazioni europee. Una nota immediata: si è trattato di una situazione “eccezionale”, da più punti di vista: governi (Italia, Germania, Benelux) cattolici o comunque cristiani; capacità operativa; leaders di qualità superiore, capaci di superare il trauma della guerra; visione culturale, spirituale, politica, concorde, tesa al raggiungimento dell’obiettivo; rispondenza alla sto-ria e cultura europee. Tanto che, nonostante tutto, non si è più tornati indietro Negli anni Cinquanta – Sessanta, anche Settanta, il problema centrale, accanto alla evoluzione del sistema comunitario, è parso il superamento del nazionalismo, e ci si è mossi per renderlo inoffensivo; come sempre quando si insiste in una direzione, si è fatta minore attenzione alle nazionalità, pure centrali nella costruzione europea. Poi si è, specie da parte francese, ritenuto che solo una specifica Costituzione potesse garantire il sistema europeo, e si è voluto, “illuministicamente” (a – storicamente), “inventarla”, falsando in un elemento centrale la costruzione in atto. Si è voluto che la nuova realtà europea disponesse di mezzi finanziari, e si è raggiunto l’obiettivo, puntando, sulla scia della esigenza anti – nazionalistica, ad una sempre più forte centralizzazione; nei confronti della quale poco ha potuto la pure riconosciuta affermazione del “principio di sussidiarietà”.

Si è giustamente voluto passare da un “Parlamento” europeo nominato dai Parlamenti nazionali ad un Parlamento eletto a “suffragio universale”; ma non se ne sono rea-lizzati i previsti capisaldi, a cominciare dalla conoscenza delle lingue, e si è finito col trasportare a livello europeo le questioni nazionali, con tutti i loro limiti. Nel cambiamento dei tempi, ha avuto, alla fine, scarso posto la dimensione valoriale, pure così fondamentale nella fondazione europea (opposta alle spinte totalitarie); e si è man mano dato spazio – con tutto il peso della centralizzazione realizzata – alle nuove ideologie, non riconosciute come totalitarie, sulla base della illusione che il sistema democratico (non sempre veramente pluralistico) fosse l’unica garanzia, capace di risolvere non solo i problemi passati, ma i nuovi. È diventato così imprescindibile, ad accedere al-le cariche europee, la accettazione dei nuovi “valori mainstream”, imposti a tutti, al di là della cultura, della storia, della spiritualità. L’evoluzione informatico – telematica ha dato ossigeno a tale evoluzione, mettendo in difficoltà di fatto ogni proposta diversa. Nel fatto, la Cina “popolare”, ibrido fra l’ideologia marxista – leninista e il capitalismo occidentale, con la sua straordinaria riuscita economica e finanziaria, è diventata un modello, dimenticando il prezzo di un sistema totalitario sempre più capillare, fino nell’intimità dell’ individuo. Ogni “attentato alla sicurezza” ha poi accresciuto (non solo in Europa) la disponibilità degli abitanti ad accettare limitazioni al proprio personale sviluppo ed ha contribuito alla crisi in atto sui temi della persona e della famiglia, nonché della stessa libera associazione. La “nave europea” è a rischio di capovolgimento, e perfino l’obiettivo iniziale - “mai più la guerra” - è diventato ininfluente davanti alle asserite nuove necessità, che, oggi come allora, paiono giustificare qualsiasi tipo di intervento. D’altra parte, gli ultimi vent’anni, spesso “sotto mentite spoglie”, ci hanno abituato a tutto, su piano internazionale: dalle guerre all’Iraq all’Afghanistan, è successo di tutto (e il contrario di tutto). Che fare? Le Comunità Europee sono nate da una fede, entusiasmo e capacità realizzatrice eccezionali, che ha promosso l’adesione dei giovani di allora e delle generazioni successive, confermandone gli intenti e la azione attraverso molteplici esiti, dalle nuove istituzioni europee alla libera circolazione all’ampliamento, oltre ogni immaginazione.

I fallimenti del sistema comunitario degli ultimi decenni – a cominciare dalla crisi greca e dall’uscita della Gran Bretagna – sono stati per lo più inquadrati nel concetto di un “non ancora”: non siamo ancora arrivati al sistema istituzionale operativo desiderato; per eccezione si è accolto il dubbio che “qualcosa nel sistema” fosse sbagliato. Questo atteggiamento non è solo frutto di uno straordinario ottimismo; ma della “prepotenza” dei mezzi di comunicazione, attraverso il sostegno alle soluzioni volute da parte dei veri “poteri forti”, di carattere multinazionale, in un mondo “globalizzato”; a cominciare dagli imperi delle comunicazioni (più servizi, più controllo); per proseguire con le varie forme multinazionali, da quella “farmaceutica” (tutti sono malati, si deve solo decidere di che cosa), a quella delle armi (chi voglia vedere, oggi, non può avere dubbi), a quelle “del clima” (attraverso la selezione dei dati e un continuo gioco sulla ignoranza degli ascoltatori / lettori); per non parlare delle nuove ideologie sull’uomo (chi è e come; anche in un diverso concetto del suo posto tra gli “altri viventi”), e le correlate tesi sulla nascita, la morte, l’utilizzazione del corpo. Specialmente le nuove generazioni – alle quali manca il “passato”, generazionale e culturale, una adeguata informazione, una scuola “pluralistica”, sono oggetto di tali pressioni, volte, come si diceva un tempo, a formare una “nuova società” (di tipo “cinese”). Se Orwell, più che citato, fosse letto ... Occorre quindi riproporre ai giovani un progetto diverso, che possa giustificare il loro impegno; aiutandoli a vedere oltre i poteri che li “coltivano” e li “fanno disperare” per altri interessi; ricordando che sempre i cambiamenti hanno contato sulle generazioni giovanili, ma che i suggerimenti, le idee, le proposte che hanno mosso i giovani sono sempre venute dalle generazioni precedenti, che ne hanno fatto maturare le ragioni, alla luce di personalità, cultura, principi ed esperienza. La presente potrebbe quindi essere anche una (ennesima) grande occasione per la Chiesa, se e in quanto riesca a sfuggire alle “sirene” delle “mode” (delle nuove ideologie) attuali, ancorata nell’unica verità che non cambia, capace di offrire sempre soluzioni adeguate ai “problemi” del momento.

Giampaolo Venturi

Centro R.Schuman/AEDE




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