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21/04/2023
Un opportuno policy mix
Le politiche monetarie e fiscali devono agire insieme con forza.

Quando è scoppiata la crisi del Covid-19, né il Quantitative Easing né la politica fiscale espansiva considerati separatamente sono stati sufficienti a far fronte allo shock pandemico. I Banchieri Centrali e i Ministri del Tesoro al di là ed al di qua dell’Atlantico hanno dovuto unire le forze per fornire il sostegno macroeconomico necessario ai sistemi economici di tutto il mondo facendo venire meno i confini tradizionali tra la politica monetaria e quella fiscale. Ma mentre alcuni commentatori hanno interpretato questi sviluppi come la fine di un consenso decennale sui rispettivi ruoli della Banca Centrale e del Tesoro, altri li hanno visti come una sorta di stress test che richiede l'adattamento del paradigma di politica economica esistente alla stagione ereditata dal contrasto agli effetti economici negativi della pandemia e del conflitto russo-ucraino giunto nel bel mezzo. Considerando la nozione di policy mix i policymaker hanno sfruttato utilmente le complementarità tra gli strumenti monetari e quelli fiscali. Tuttavia, un siffatto coordinamento monetario-fiscale può funzionare solo se la credibilità degli impegni verso obiettivi desiderabili a lungo termine, ovvero una crescita economica con la stabilità dei prezzi e la sostenibilità del debito pubblico – è preservata e sostenuta da un quadro istituzionale ben definito. Poiché un efficace coordinamento monetario-fiscale ha i suoi limiti, la ricostruzione dello spazio di policy è una priorità. Le politiche monetarie e fiscali devono agire insieme con forza, il che può offuscare la distinzione tra le due. Il mix di politiche, a lungo dimenticato nel dibattito pubblico così come nei libri di testo di economia, è tornato prepotentemente, e con esso l'impressione che la saggezza convenzionale sui rispettivi ruoli delle autorità monetarie e fiscali sia seriamente superata. Guardando indietro alla letteratura degli anni sessanta e settanta del secolo breve sul policy mix, riassunta nei libri di testo di macroeconomia di Robert Gordon e di Rudy Dornbusch e Stanley Fischer, Jan Tinbergen ci ha insegnato che molti obiettivi di policy richiedono molti strumenti di policy indipendenti.

Tutti gli strumenti influenzano tutti gli obiettivi e interagiscono tra loro; quindi, il problema della politica non può essere risolto a pezzi, ma il mix deve considerare come interagiscono le politiche. Robert Mundell ci ha insegnato che un mix efficiente dovrebbe riconoscere che le politiche dovrebbero essere assegnate agli obiettivi che possono controllare in modo più efficiente (il problema dell'assegnazione). L’economista di Yale James Tobin, invece ci ha istruito sul fatto che le politiche fiscali e monetarie insieme determinano la domanda aggregata (spesa nominale): una data domanda aggregata può essere raggiunta con una politica monetaria espansiva ed una fiscale restrittiva o viceversa. Eppure le due combinazioni hanno implicazioni di lungo periodo diverse per la crescita del Pil, l’equilibrio della bilancia dei pagamenti e la sostenibilità fiscale. Due cose nella situazione attuale sono certe. La prima: quando le politiche economiche (monetaria e fiscale) spingono la domanda aggregata (consumi e investimenti) oltre la capacità inutilizzata dell’economia, non solo portano con sé l’inflazione, ma l’aumento dell’inflazione che ne consegue accelera finché l’economia continua a surriscaldarsi. La seconda: uno shock d’offerta che innalza i costi di produzione deve portare ad una diminuzione nei redditi reali. Di conseguenza se l’aumento dei prezzi viene compensato dando sussidi fiscali ai consumatori, l’aumento dei prezzi persisterà perché si continuerà ad alimentare la domanda aggregata. Stando così le cose se la politica fiscale, con la spesa pubblica corrente, va indefinitamente nella direzione opposta di quella della politica monetaria, per quest’ultima stroncare l’inflazione diventa una fatica di Sisifo perché è proprio l’inflazione la tassa (occulta) che permette di soddisfare il vincolo di bilancio intertemporale che lega tra di loro nel tempo: la spesa pubblica, le entrate fiscali e la spesa per interessi sul debito pubblico pregresso. Una Banca Centrale contrasta efficacemente l’inflazione solo se la prevede e se aumenta i tassi dell’interesse a breve termine (o restringe la liquidità) in anticipo, seccamente, al disopra dell’inflazione temuta, senza generare incertezza.

Mettendo così le aspettative sotto controllo ed evitando che l’aumento dei tassi a breve si estenda ai tassi a lunga, con pregiudizio dell’attività economica (la temuta inversione della curva dei rendimenti che per alcuni anticipa una recessione economica). Nel far questo esplicita la sua funzione di reazione, il livello naturale del tasso di interesse e quindi il parametro con cui si giudica se una politica monetaria è restrittiva o espansiva. Questo modus operandi inviando segnali precisi degli obiettivi e degli strumenti, compatta la comunicazione della Banca Centrale, cruciale per la corretta formazione delle aspettative. Quanto accaduto ad esempio nel Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea (BCE) con alcuni membri che hanno rilasciato in un passato recente opinioni contrastanti sulla politica monetaria, valutandola chi in un’ottica restrittiva chi, invece, in una espansiva in base a mere valutazioni personali, è oltremodo dannoso, una volta considerato inopportuno, al limite del proibito. Malgrado ciò a Francoforte sul Meno hanno tenuto la barra a dritta ed ora si stanno vedendo i primi risultati positivi. Isabel Schnabel, autorevole membro del direttivo, ha messo di recente in evidenza, come i fattori che guidano attualmente l’inflazione in Europa si siano spostati dal lato dell'offerta a quello della domanda. La BCE non diventerà accomodante a meno di una appropriata stretta creditizia. Ciò tuttavia non significa che non siano adeguati aumenti minori dei tassi d’interesse, ad esempio di 25 punti base al posto dei precedenti 50. Questo perché alcune misure dell'inflazione di fondo, supercore, hanno registrato un primo calo a marzo, da livelli record. In questo caso se l'inflazione core si stabilizza ed inizia a diminuire alle porte dell'estate, lo scenario per la BCE potrebbe cambiare radicalmente. E questo potrà avvenire se il policy mix tra politica monetaria e fiscale sarà appropriato.

Marco Boleo




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