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08/03/2023
Gran Bretagna, quali gli effetti della 'deregulation'?
La Brexit รจ stata una scelta pesante che non ha risolto affatto i problemi del Regno Unito.

Con il senno di poi, la Brexit è stata una scelta pesante che non ha risolto affatto i problemi del Regno Unito. Al contrario, ha aperto le porte ad una pletora di Paesi ed Istituzioni che hanno trovato il modo per migliorare la propria posizione internazionale a spese del UK. Ce n'è per tutti i gusti: 1. L’esodo di bancari senior (senior consultant o senior economist) verso l’Italia, la Francia e la Spagna. 2. Gli Australiani, che approfittando del malcontento che ha generato un sfilza di scioperi mai vista prima, inviano una delegazione a Londra per “rubare” professori, poliziotti, infermieri e dottori per risolvere la loro sete di lavoratori ‘chiave’. 3. La profonda carenza di forza lavoro specializzata in tutti i settori, dall’agricoltura alla finanza, a causa del declino della forza lavoro attiva e delle difficoltà burocratiche per assumere lavoratori oltremanica, con tante grazie da parte degli altri paesi europei. 4. Londra che consegna la corona di centro finanziario europeo ad Amsterdam e di piazza affari con più valore aggiunto a Parigi. 5. La Reuters che riporta che Londra abbia perso diversi miliardi di euro di trading su azioni e derivati a causa della Brexit. 6. La London School of Economics che ritiene che l’uscita dal blocco europeo impatterà negativamente il settore dei servizi finanziari più di ogni altro. 7. Dulcis in fundo, una incredibile contraddizione: nonostante la carenza di lavoratori, il Regno Unito ha visto nel 2022 la più alta immigrazione netta dal dopoguerra ad oggi. La maggior parte di questa ondata pare essere causata da studenti d’oltremanica, che presumibilmente torneranno a casa loro dopo gli studi, e da un “problema tecnico” che permette agli stessi di portare i parenti in UK, con tanti saluti al “facciamo la Brexit per controllare le nostre frontiere.” Queste ovviamente son cose che si leggono sui giornali. Io personalmente non ho incontrato australiani a Londra che importunavano le infermiere offrendogli un lavoro. Quello che ho notato è stata una enorme difficoltà nel far viaggiare merci e persone tra UK e EU. Per esempio, per tre volte tentai di inviare un pacco regalo in Italia con corriere privato con tre risultati diversissimi.

La prima volta, hanno perso il pacco, sparito ma ritrovato poi in un negozio sperduto alla periferia di Roma. La seconda volta, corriere diverso e pacco disperso in Norvegia, ritornato al mittente dopo due settimane senza alcuna ragione esplicita. La terza volta, altro corriere altro giro, pacco bloccato a Malpensa con addetto delle Poste Italiane, suppongo per controllo perché il corriere era privato, che chiama per chiedere se nel pacco ci siano carne di foca oppure pellicce di cane e/o di gatto. Ovviamente, prima della Brexit si inviava di tutto (compresi liquidi e batterie) senza che nessuno dicesse nulla. Se queste sono le conseguenze per un semplice cittadino, figuriamoci cosa deve escogitare una piccola e media impresa per esportare il proprio prodotto in Europa. Eppure la campagna per il referendum è stata finanziata con capitali importanti: affittare autobus a Londra che inneggino alla montagna di denaro risparmiabile con la Brexit e spendibile sul sistema sanitario e/o per l’istruzione non costa certo poco. Viste le conseguenze, ci si chiede quale possa essere stato il motivo di tanta mobilitazione di denaro e di organizzazione per il promuovere ed influenzare il referendum. A guardar bene, un risultato agognato da anni dal sistema finanziario inglese potrebbe esserci. A fine 2022, il Governo ha annunciato la più grande ondata di deregolamentazioni degli ultimi 30 anni! Risale infatti al 1986 il cosiddetto Big Bang di deregolamentazioni che rivoluzionò completamente la City di Londra. Gli elementi chiave del Big Bang furono: 1. Abolizione della commissione fissa di trading. 2. Fine della separazione tra chi scambiava azioni sul mercato e chi consigliava gli investitori. 3. Autorizzazione alle società straniere di possedere società di trading inglesi. Secondo i propositori della riforma, la fine delle commissioni fisse avrebbe portato più competizione; il secondo punto avrebbe permesso fusioni e scalate tra trader e advisor; il terzo intervento avrebbe permesso di aprire il mercato finanziario londinese a banche ed investitori internazionali. Nella prima settimana dopo il Big Bang, il volume di affari della City passò da $4.5 a $7.4 miliardi, e la leggenda dice che si crearono circa 1.500 nuovi milionari. Inoltre, con il nuovo sistema di trading informatico la City saltò direttamente dal 19esimo al 21esimo secolo nel giro di pochissimo tempo. Da qui si evince come un tale settore finanziario possa essere stato ritenuto erroneamente blindato da eventuali conseguenze negative della Brexit.

Tutte rose e fiori? No. La Signora Thatcher commissionò uno studio sulle possibili conseguenze del Big Bang a David Willetts il quale espresse preoccupazione riguardo ai possibili comportamenti professionalmente poco etici che una tale deregolamentazione potesse portare. Egli concluse la sua relazione, però, ritenendo che fossero più a rischio i comportamenti individuali e non quelli di tipo sistemico a livello di intero sistema finanziario. Parrebbe un caso, ma anche negli Stati Uniti era da tempo iniziata una passione per le deregolamentazioni bancarie. In particolare, a dar fastidio, era il ‘Glass Steagal Act’ del 1933 nato come risposta alla Grande Depressione del 1929, e che richiedeva alle Istituzioni finanziarie la separazione tra banche commerciali e banche di speculazione. Sotto la Presidenza Clinton, il Glass Steagal Act fu abolito riportando di fatto il modello di banca universale che aveva causato il crollo sistemico dell’economia statunitense nel 1929 (la conseguenza di questo movimento di deregolamentazione bancarie fu ovviamente la crisi del 2008). Arriviamo al 2017 ricordando Philip Hammond, Ministro delle Finanze inglesi sotto Theresa May, che minacciava di far divenire il Regno Unito una specie di paradiso fiscale (la Singapore sul Tamigi) se l’Europa non fosse venuta a patti durante il processo di Brexit permettendo all’UK accesso al mercato unico senza alcun obbligo. Insomma, la deregulation del sistema bancario è sempre stato il sogno proibito della finanza internazionale, un classico che non passa mai di moda. Ed infatti, un paio di mesi fa, la giostra delle deregolamentazioni inglesi è ricominciata. Con Jeremy Hunt, attuale Ministro delle Finanze inglesi, che sta insistendo che questa nuova ondata di riforme non rappresenta un disconoscimento della lezione della crisi finanziaria del 2008, ma una grande occasione per mettere il turbo alla competitività ed alla crescita dell’economia inglese. Per capire dove sta per andare il mondo e se queste nuove riforme possano creare le condizioni per una ulteriore crisi economica innestata dalla ingordigia del sistema bancario, occorrerebbe scavare nell’Edinburgh Reform per vedere le similarità con le cause delle crisi del 1929 e 2008. Restate sintonizzati.

Massimo Liquori




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