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03/03/2023
I banchieri centrali sono nella polvere
L'attuale processo inflazionistico i BC non solo non l'hanno anticipato né contrastato, ben prima dell'invasione russa dell'Ucraina, ma hanno contribuito ad alimentarlo.

Nel bugiardino del ‘Quantitative Easing’ (QE) c’è scritto. Ma come accade per quello dei farmaci, considerato che le avvertenze sugli effetti collaterali sono impresse in caratteri minuscoli, pochi si erano preoccupati degli effetti collaterali dell’’allentamento quantitativo’ nel momento della sua messa in campo da parte dei Banchieri Centrali (BC). Gli acquisti di titoli del debito pubblico e di obbligazioni come se non ci fosse un domani ha dilatato i ‘balance sheet’ delle Banche Centrali. Eppure fino a che i tassi d’interesse sono rimasti vicino allo zero la medicina non ha avuto effetti collaterali negativi ed ha contribuito a mitigare le ricadute negative della crisi finanziaria del 2008 negli USA e di quella dei titoli sovrani nell’Eurozona. Attualmente però tra gli effetti negativi della politica monetaria restrittiva, col rialzo dei tassi praticato per combattere l'inflazione, c'è la diminuzione dei prezzi di tutte le attività finanziarie: soprattutto titoli di stato e obbligazioni. Il prezzo di un titolo come è noto varia in maniera inversa rispetto al tasso d’interesse. Per la Banca Centrale Europea (BCE) ciò si è tradotto in una forte svalutazione dei titoli detenuti in portafoglio, acquistati a suon di centinaia di miliardi di euro nell'ambito dei programmi di QE dal 2015 in poi. A prima vista potrebbe sembrare una mera tecnicalità o una partita di giro, ma non lo è: che la BCE abbia accumulato un’ ammontare spropositato di titoli del valore complessivo di cinque trilioni di euro va a braccetto con l'impennata dei prezzi di prodotti alimentari e non solo. L'attuale processo inflazionistico i BC non solo non l'hanno anticipato né contrastato, ben prima dell'invasione russa dell'Ucraina, ma hanno contribuito ad alimentarlo. Baloccandosi nella speranza che fosse temporaneo. Ma oramai è tardi per recriminare. Perché la svalutazione dei titoli è pericolosa? Prima di srotolare l’intricata matassa occorre richiamare alcune nozioni di politica monetaria per principianti. Lo strumento principe che una Banca Centrale possiede per regolare l’offerta di moneta sono le operazioni di mercato aperto. Ovvero l’acquisto sul mercato aperto di attività, per lo più titoli di stato, il cui valore è a fondamento della credibilità della conduzione della politica monetaria per due ordini di motivi.

Il primo risiede nel fatto che se il valore di mercato dei titoli dovesse diminuire nel tempo, marcatamente, la Banca Centrale si troverebbe in difficoltà nel ridurre la quantità di moneta in circolazione con una operazione ‘uguale e contraria’ a quella che ha portato la sua immissione nel sistema economico. Questo potrebbe generare aspettative di inflazione o più in generale una scarsa credibilità della Banca Centrale con effetti negativi nella trasmissione della politica monetaria. L’obiezione rivolta da quelli che hanno studiato la Teoria Monetaria sul web è che questo costituisce un mero artificio contabile se consolidiamo il bilancio della Banca Centrale (autorità monetaria) con quello del Tesoro (Autorità fiscale), ha fondamenta fragili perché, nel caso l’attivo della Banca Centrale si riducesse, si verrebbero a creare delle minusvalenze e conseguenti cadute nel reddito di esercizio riducendo le entrate del Tesoro, ovvero dell’Autorità Fiscale. Il secondo motivo è che la Teoria Monetaria evidenzia oramai all’unisono l’importanza dell’indipendenza della Banca Centrale per un suo corretto operato, sia che essa segua un regime discrezionale nella policy sia che adotti un regime di regole fisse suggerite dal ‘monetarismo prima maniera’ di Milton Friedman. Il che a sua volta implica che sia dotata di una sua struttura patrimoniale autonoma. Nell’eventualità che ciò non dovesse accadere, una Banca Centrale con un livello di passività finanziarie superiore alle attività, sarebbe del tutto dipendente dal Governo per poter operare. L’obiezione che a questo secondo punto viene rivolta da quelli che non hanno dubbi avendo studiato poca letteratura sull’argomento è che la Banca Centrale forte del suo monopolio di emissione potrebbe creare tutta la base monetaria ad alto potenziale che desidera. Ma qui sorge un problema legato alla fallacia del ragionamento economico che viene utilizzato.

Nel caso che a fronte di una carenza di attività finanziarie nel bilancio della Banca Centrale si rimedia aumentando le passività, creando così uno sbilanciamento tra il valore della moneta e quello dei titoli: la moneta che valore avrebbe? Nessuno, se non nella misura in cui risulta utile per pagare le imposte. Il valore della moneta risiederebbe unicamente nella fiducia nel Governo di essere in grado attraverso una politica fiscale appropriata di assorbire all’occorrenza una eventuale espansione quantitativa avvenuta in precedenza. Vendendo titoli e rastrellando liquidità. In questo caso ci sarebbe un intreccio tra politica monetaria e politica fiscale ed il confine tra la politica monetaria e quella fiscale sarebbe di fatto scomparso. E se la fiducia svanisse? Posto che ciò accada si andrebbe incontro ad un default della Banca Centrale che in molti escludono. Ma il default della Banca Centrale non si concretizza con la corsa agli sportelli (e la chiusura delle banche) ma si realizza quando famiglie ed imprese non credono più alla promessa implicita che ogni Banca Centrale fa nel momento che emette ogni euro di base monetaria ad alto potenziale ovvero che se quell’euro compra un qualsiasi bene o servizio in quel momento deve continuare a farlo nel tempo. Nel caso questa fiducia venisse meno ci sarebbe una fuga dalla moneta verso i beni e servizi con esiti di una elevata inflazione. Ci eravamo tutti ubriacati della credenza che i BC fossero infallibili. Esattamente il contrario dell’attualità che stiamo vivendo. Per questa ragione c’è la remota speranza che i BC abbiano imparato la lezione e che la prossima volta che utilizzeranno strumenti non convenzionali di politica monetaria con importanti ricadute fiscali, dovrebbero evidenziare nel bugiardino i rischi del QE e mostrare più cautela nella somministrazione dell’allentamento quantitativo.

 Marco Boleo




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