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25/02/2023
Il futuro dell'Europa e le conseguenze della crisi
E' forte l’urgenza di una vera e più marcata politica di sicurezza esterna.

Nel momento in cui ricorre il primo anniversario dell’invasione in Ucraina e mentre continua il genocidio di un popolo che non vuole sottomettere la sua libertà all’imperialismo dello Zar, credo che sia importante riflettere sul futuro dell’Europa e sulle conseguenze della crisi. Viviamo oggi la stagione più difficile per l’Europa dai tempi della creazione dell’UE. Dalla fine della seconda guerra mondiale, neppure la crisi dei Balcani aveva costretto l‘UE a ripensare al tema della pace, della libertà, della democrazia. L’illusione della pace eterna sancita con Trattati e cerimonie è venuta meno con l’invasione dell’Ucraina e seppure non si sia voluta vedere la realtà - la guerra era iniziata già nel 2014 - oggi l’urgenza fa capire a tutti come la nostra libertà abbia un prezzo e sia necessario organizzare le nostre politiche europee con più coesione e determinazione. Se Schuman seppe lavorare per stabilizzare le frontiere in Alsazia e nella Lorena, ed oggi quelle terre sono un tessuto unico, l’invasione di Putin riporta l’urgenza di una più forte difesa delle nostre frontiere. Se la Polonia e i paesi baltici oggi non fossero stabilmente membri dell’UE, probabilmente vivrebbero la stessa invasione di Kiev. Certamente oggi ne condividono le paure: basta andare a Riga per capirlo. Il futuro dell’Europa vive l’urgenza di una vera e più marcata politica di sicurezza esterna. Si evidenzia come senza la Nato la nostra struttura non sia sufficiente per la nostra sicurezza: la Russia in un solo giorno usa più missili di quanti ne produciamo in UE in un mese. Al di là di ogni retorica pacifista ed ideologica, purtroppo troppo frequenti anche nel mondo cattolico, serve una politica di difesa comune in UE ed è urgente realizzarla subito. De Gasperi la chiese nel 1953. Il suo progetto fallì, ma oggi il “rispetto della libertà” che si esercita attraverso “il paziente metodo democratico” ci pone il ripensamento sul ruolo dell’UE nel mondo.

La battaglia vinta contro il Covid 19 ci dimostra come “insieme” sia possibile vincere anche un nemico imprevisto e fortissimo. Non ascoltare e non aver ascoltato Putin allorché diceva di “voler recuperare l’impero dello Zar” oggi ci impone la necessità di proteggere le nostre frontiere. Insieme alla necessità di salvaguardare il complesso tema della pace globale sappiamo che servono risorse: il nostro mercato interno funziona anche se percepiamo i limiti della digitalizzazione e di visioni ancora troppo ancorate al nazionalismo. Il tema del fisco, per quanto possibile ed eccetto gli aspetti legati al reddito, deve trovare una armonizzazione europea e la nostra crisi energetica non può rafforzare la Cina che giorno dopo giorno ci rende sempre più dipendenti. E non sarà un caso se i cinesi stanno comprando tutti i nostri porti in UE. Così, mentre dopo i Trattati di Roma è venuto decisamente a migliorare il nostro modello medio di vita, oggi dobbiamo garantire ai nostri cittadini di rafforzare il minimo dei diritti sociali comuni. È necessario lavorare per una vita sempre più dignitosa. Se il NEXT Generation UE è un’ottima risposta, oggi la libertà e la giustizia sociale ci impongono sforzi nel settore della ricerca, della competitività, della difesa. Dobbiamo essere più veloci. In questa emergenza non possiamo legare ancora il nostro futuro alla logica dell’unanimità: già oggi è difficile, ma sarà impossibile con una unione a 36 tra qualche anno. C’è bisogno di ripensare ai Trattati di Amsterdam e di Lisbona. Oggi per rafforzare l’UE servono riforme costituzionali importanti.

Piergiorgio Sciacqua




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