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11/02/2023
La Fed rallenta
Nell'Eurozona, a gennaio, secondo la stima flash di Eurostat l'inflazione è scesa all'8,5% dal 9,2% di dicembre, battendo le attese di un rallentamento più moderato al 9%.

È terminata da pochi giorni la serie degli incontri delle banche centrali, con la mossa della Fed che ha alzato il costo del dollaro di altri 25 punti base, fino al 4,50-4,75%, ai massimi dal 2007, poi la volta della Bce, che ha proseguito col procedere con una stretta di 50 punti base, portando il tasso di riferimento al 3%. Per la Fed, si tratta dell'ottavo rialzo consecutivo e non sarà certamente l'ultimo, come ha annunciato dal braccio monetario della Federai Reserve. In una nota, ha ribadito che saranno necessari altri rialzi dei tassi, ma ha segnalato un possibile rallentamento, dato che non si parla più di «passo» dei rialzi, ma di «entità« dei rialzi in base alla situazione economica. Sull'inflazione, la Fed ha notato che c'è stato un rallentamento, ma che resta elevata e ci sarà ancora molto lavoro da fare, ma non si si cesserà di essere determinati riportare l'inflazione al target» del 2%, ha affermato Powell. Con la svolta della Bce, che è molto più arretrata della Fed nel ciclo di inasprimenti. Francoforte è accusata infatti da più parti di essere in mano ai cosiddetti falchi, ma il tasso di riferimento dell'Eurozona è ancóra il più basso del mondo al 2,50%. I falchi del consiglio direttivo (sostenuti dal presidente della Buba) hanno indicato di aspettarsi almeno due rialzi dei tassi di 50 punti nei prossimi mesi, mentre le colombe, hanno messo in guardia contro gli impegni che vadano oltre la riunione di febbraio. Nel frattempo, a Davos, la presidente della Bce Christine Lagarde ha confermato che l'Eurotower «manterrà la rotta», perché l'inflazione resta troppo alta comunque la si veda. La domanda, ora, è per quanto tempo la politica monetaria manterrà una posizione restrittiva e quando si aprirà la porta a una normalizzazione dei tassi in seguito al rientro dell'inflazione.

Qualcosa si sta muovendo: sul fronte macro, martedì il dato sul costo del lavoro Usa - che nel quarto trimestre dell'anno scorso è salito solo dell'1%, meno delle attese - ha fatto scommettere molti investitori su un raffreddamento dell'inflazione. Nell'Eurozona, in gennaio secondo la stima flash di Eurostat l'inflazione è scesa all'8,5% dal 9,2% di dicembre, battendo le attese di un rallentamento più moderato al 9%. La frenata è in larga parte dovuta ai prezzi dell'energia, scivolati dal 25,5% di dicembre al 17,2%. I prezzi di alimentari, alcool e tabacco si sono attestati al 14,1% dal 13,8%, quelli dei beni industriali diversi dall'energia al 6,9% dal 6,4% e quelli dei servizi al 4,2% dal 4,4%. Quanto ai singoli Paesi, la stima per l'Italia è al 10,9% in gennaio e il nostro Paese registra uno dei rallentamenti più consistenti rispetto a dicembre (era al 12,3%). La dinamica dei prezzi è più contenuta ma ancora in salita in Francia (7% da 6,7%) e Spagna (5,8% da 5,5%). + Dopo le dichiarazioni di Powell dell’ 1 febbraio, i mercati hanno confermato il clima decisamente positivo, di cui c’erano già sintomi fin dall’inizio di gennaio. La FED vuole una espansione sostenibile con una inflazione al 2%: questo significa bassa disoccupazione, salari stabili e prezzi stabili. L’obiettivo dei prezzi stabili non è ancora raggiunto, ma la strada intrapresa sembra quella giusta. E i mercati sembrano tornati in armonia con la FED, con la paura della recessione che sembra accantonata. Lo scenario di mercato per il primo e il secondo semestre del 2023 presenta aspetti molto differenti, che vanno approfonditi, per impostare strategie di trading e di investimento coerenti. Un paese, insomma, dall'economia affaticata, stretta tra la crisi energetica e la voglia di ricominciare è quanto emerge dal quadro congiunturale degli studi presentati dalla Banca d'Italia. In ogni caso, il quadro di incertezza, i costi elevati della transizione energetica, i rincari dell'energia e l'inflazione produrranno effetti sul Pil delle nostre regioni. L'inflazione è però il nemico pubblico numero uno, colpisce le famiglie e frena la crescita.

Anche il nostro Governatore, Ignazio Vìsco promuove la stretta monetaria della Bce, approvandolo così la mossa di Francoforte purché si continui a ricercare il giusto equilibrio tra il rischio di fare troppo poco, lasciando l'inflazione elevata, e quello di fare troppo, portando a una caduta del Pil, rassicurando i mercati che l'Italia può sostenere il cambio di passo della Bce, spiegando che sono ampiamente gestibili per le finanze pubbliche del nostro Paese, grazie alla vita media del debito e alle politiche prudenti del governo. Nella raccomandazione e invito alle parti sociali di prendere decisioni responsabili sul costo del lavoro, in modo da evitare un ulteriore elemento di spinta all'inflazione. Nel riconoscere come l'inflazione colpisca forte le famiglie, specie le meno agiate, rallentando la crescita e, fortunatamente , ha ricordato Visco, il debito privato di famiglie e imprese resta basso nel confronto internazionale e quindi i rischi sono circoscritti da cui il cauto ottimismo condiviso dal presidente di Confindustria, che ha spiegato di non vedere la recessione, osservando come un tasso del 3% non sia un problema se l'azienda è sana, ribadendo di essere moderatamente positivo per il 2023; rinnovando il triplice avvertimento: il primo, che dal punto di vista dei costi energetici non ci sia una nuova fiammata, poi che si facciano le cose giuste a livello politico e infine che si affronti la sfida della transizione a livello europeo. C’è anche la conferma del presidente dell'Abi, Antonio Patuelli nella previsione molto impegnativa per il sistema bancario italiano, dove ci possono essere delle luci e delle ombre.

Gilberto Minghetti




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