PRIMO PIANO
01/07/2022
La frammentazione del mercato dei titoli
La disfunzione del mercato non si limita all'Eurozona.

Negli ultimi tempi in attesa dell’annunciato rialzo dei tassi d’interesse da parte della BCE per porre freno all’inflazione diretta verso le due cifre, si fa un gran parlare della frammentazione del mercato dei titoli che potrebbe scaturirne. Da cosa deriva la frammentazione? In una un'unione valutaria come quella costruita intorno all’euro con Stati sovrani e la discrezionalità della politica di bilancio che rimane a livello nazionale, non v’è ragione di credere che i rendimenti dei titoli sovrani emessi dai singoli Stati debbano risultare identici. La teoria del prezzo delle attività (asset) suggerisce che i rendimenti dei titoli sovrani dipendono, tra gli altri fattori, dall'aspettativa della volontà e della capacità di un paese di onorare il proprio debito pubblico. Nel caso questa aspettativa differisca tra i paesi a causa delle differenze nel rapporto debito pubblico/Pil, nel deficit di bilancio e nella crescita di lungo periodo del Pil, i rendimenti devono divergere per compensare gli investitori per il rischio che sopportano. Visto che i rendimenti dei titoli di Stato costituiscono la base per la determinazione del prezzo di altri strumenti finanziari, come le obbligazioni emesse da imprese, le differenze nei rendimenti porteranno a differenze più ampie nelle condizioni di finanziamento nell'Eurozona e questo meccanismo non può incepparsi. Pena il non funzionamento della trasmissione della politica monetaria. In tempi normali, tali divergenze non minacciano la stabilità finanziaria poiché in assenza di shock economici molto ampi, i cambiamenti nei fondamentali economici avvengono solo gradualmente. Tuttavia, se divengono persistenti, complicano l’attuazione della politica monetaria poiché creano uno scarto positivo tra il tasso privo di rischio e le condizioni di indebitamento dei singoli Stati. Considerato che questi scarti sono una caratteristica dell'architettura istituzionale dell’Eurozona, affrontarli dovrebbe essere compito dei singoli governi. Ci sono momenti però, nei quali i rendimenti si discostano rapidamente dai fondamentali economici, causando instabilità finanziaria e quindi frammentazione.

In parole povere, la frammentazione riflette un'improvvisa rottura del legame tra rendimenti sovrani e fondamentali economici, dando origine a dinamiche non lineari e destabilizzanti. Tali movimenti di rendimento eccessivi possono essere determinati da fattori legati alla liquidità del mercato o da comportamenti speculativi del mercato stesso sotto forma di dinamiche che si autorealizzano. La disfunzione del mercato non si limita all'Eurozona (è presente per la cronaca anche negli Usa ma non ce ne occuperemo). Quest’ultima però in quanto unione monetaria con stati sovrani, deve far fronte a specifici fattori di rischio che possono generare equilibri multipli e dinamiche di mercato che si autorealizzano. Uno di questi fattori è il rischio di ridenominazione. I mercati hanno talvolta attribuito una probabilità positiva al rischio di uscita dalla moneta unica di un paese membro dell'Eurozona. Un altro fattore è il contagio finanziario. Gli eventi in un paese possono innescare stress finanziario in altri paesi poiché gli investitori temono che shock idiosincratici (fattori esogeni che influenzano una particolare variabile e nessun’altra) possano trasformarsi rapidamente in shock sistemici. La particolare vulnerabilità dell'Eurozona riflette una caratteristica intrinseca di un'area monetaria a moneta unica: gli investitori possono riequilibrare facilmente i propri fondi investiti tra i paesi senza assumersi rischi di cambio, il che rende più probabile la destabilizzazione dei flussi di capitale. Al fine di proteggere l'unione monetaria da tali rischi, il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) ora sospeso, in combinazione con il divieto di finanziamento monetario del debito pubblico da parte della BCE, è stato concepito per garantire che i governi perseguano solide politiche fiscali. Ma la storia mostra che queste regole non sono state sufficienti per garantire la stabilità e la coesione dell'Eurozona, il che ci riporta dritti alla storia della frammentazione del mercato dei titoli. La prima fase è stata caratterizzata da una rapida e ampia convergenza dei rendimenti dei titoli sovrani nei paesi dell'Eurozona.

Nel periodo precedente l’introduzione dell'euro, il divario nelle condizioni di finanziamento sovrano tra i titoli italiani, spagnoli o portoghesi e tedeschi è diminuito precipitosamente. Negli anni successivi gli spread si sono stabilizzati all'interno di una fascia molto ristretta di circa 25 punti base fino all'inizio della crisi finanziaria mondiale del 2007-8. In questo periodo, tuttavia, molti paesi stavano accumulando ampi squilibri interni (deficit e debito pubblico in aumento) ed esterni (disavanzi di bilancia dei pagamenti) che non si riflettevano negli spread dei titoli sovrani. Vi è un ampio consenso sul fatto che i mercati abbiano sistematicamente sottovalutato il rischio sovrano nel periodo che precede la crisi finanziaria globale. Gli spread erano significativamente al di sotto dei livelli previsti in base ai fondamentali. Questo errore di valutazione non è stato limitato all'Eurozona, né ai soli mercati dei titoli. I mercati di tutto il mondo, e le banche in particolare, hanno sottovalutato il rischio finanziario. Gli investitori ritenevano che, se la crisi fosse arrivata, i rischi sarebbero stati condivisi all'interno dell'Eurozona nonostante la clausola di non salvataggio. La crisi finanziaria mondiale è servita da campanello d'allarme a livello globale e nell'Eurozona in particolare. I mercati hanno iniziato a valutare il rischio più in linea con i fondamentali e gli spread sovrani hanno iniziato a divergere. Anni di sottovalutazione del rischio hanno fatto sì che gli aggiustamenti avvenissero in modo rapido e, a volte, disordinato. In Grecia, la mancanza di dati economici affidabili ha reso ancora più impegnativo il pricing del rischio sovrano. Nel 2010, i mercati finanziari hanno sempre di più ritenuto che esistesse un'elevata probabilità che il debito greco non fosse sostenibile. Gli investitori colpiti dalla crisi finanziaria, hanno visto ridotta la loro capacità di assunzione del rischio. Un riprezzamento del rischio sovrano dei singoli paesi, inizialmente giustificato da maggiori rischi di solvibilità attesi, si è gradualmente trasformato in preoccupazioni circa la sostenibilità e l'integrità dell'Eurozona nel suo complesso. In questo modo il contagio ha mostrato il suo lato più oscuro.

A partire dalla metà del 2011 la dinamica dei mercati dei titoli dell'Eurozona è divenuta autorealizzantesi. I crescenti timori per una rottura hanno causato una forte svendita di titoli in gran parte dell'Eurozona, anche in paesi con fondamentali solidi. Una crisi di liquidità è degenerata in una crisi di solvibilità. La frammentazione ed il contagio si sono dissipati solo dopo l'annuncio da parte della BCE, a guida Mario Draghi, del suo programma ‘Outright Monetary Transactions’ (OMT), che ha immediatamente ridotto i premi di ridenominazione e di fatto rimosso il "cattivo equilibrio". Allo stesso tempo, i leader europei hanno affrontato le lacune strutturali nell'architettura istituzionale dell’Eurozona. L'European Financial Stability Facility (EFSF) e successivamente l'European Stability Mechanism (ESM) sono stati introdotti come fondi di salvataggio per gli Stati. L'Unione bancaria, a partire dal meccanismo di vigilanza unico e dal meccanismo di risoluzione unico, ha stabilizzato il sistema bancario europeo e ha favorito l'integrazione finanziaria. La rigida condizionalità del programma OMT ha protetto la BCE dalla dominanza fiscale (l’asservimento delle autorità monetarie ai Governi) e ne ha protetto l'indipendenza. L'accesso all'OMT era legato a un programma ESM, che avrebbe fornito assistenza finanziaria ai paesi beneficiari a condizione che avessero attuato riforme strutturali e mantenuto la disciplina di bilancio. La revisione del quadro di gestione della crisi dell’Eurozona ha rafforzato la resilienza dell’intera area e ha ridotto l'eccessiva volatilità del mercato dei titoli garantendo che i mercati non mettessero più in discussione la permanenza di alcuni paesi nell'unione monetaria. Nel contempo, i premi al rischio non sono scomparsi, ma si sono mossi sostanzialmente in linea con i fondamentali economici. La pandemia da Covid-19 è giunta però a mutare questo equilibrio. Mettendo alla prova ancora una volta la resilienza della moneta unica. Di fronte a una profonda recessione economica e alla necessità di una massiccia spesa fiscale per proteggere l'economia, la propensione al rischio si è deteriorata bruscamente. L'intermediazione finanziaria ha cessato di funzionare, i mercati si sono prosciugati e gli spread sovrani e societari sono tornati ad aumentare vertiginosamente. L'annuncio e la pronta attuazione del programma di acquisto di emergenza pandemica (PEPP) però ha stabilizzato i mercati. Ora questo meccanismo verrà interrotto e bisognerà introdurre un nuovo strumento per contrastare la frammentazione de mercato dei titoli. Ma per ora la BCE lo ha solo annunciato.

Marco Boleo




Via Luigi Luzzatti 13/a - 00185 ROMA - Tel +39-06-7005110 - Fax +39-06-77260847 - [email protected]
2012 developed by digitalset digitalSet