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21/12/2021
Al via i 50 anni di impegno e storia del Movimento Cristiano Lavoratori
C’è un lavoro dal basso da attivare che deve fare di ogni iscritto il protagonista delle ragioni che allora animarono, ma che, anche oggi, danno vita al movimento.

Non ci poteva essere miglior viatico per la storica ricorrenza del 50mo anniversario della  costituzione del Mcl, dell’intervento del Presidente della Cei, Sua Eminenza Gualtiero Bassetti,  al Consiglio Generale che, la scorsa settimana,  ha aperto il percorso dell’anno della celebrazione. A sottolineare l’importanza della riunione , nell’ambito  del terzo settore, sono anche  arrivate e accolte con entusiasmo,   le  cordiali parole, non di circostanza, del Presidente Sergio Mattarella ed il lungo messaggio della Presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, con l’apprezzamento del ruolo svolto e della essenziale presenza nei punti difficili della società italiana. L’invito del Cardinale alla sinodalità ben si è collocato, offrendo, ancora una volta, vicinanza e sostegno per indirizzare l’impegno, espresso con decisione dal Presidente, Tonino di Matteo, a valorizzare la “storia controcorrente” del Movimento come patrimonio di idee e di azioni  per continuare  a “testimoniare ancora a lungo i valori” e a costruire “nuove strutture più chiare e trasparenti”. Un anniversario che, in un certo senso, provvidenzialmente, interviene in un momento difficile. Soprattutto per una condizione dell’Italia, e non solo, che vede perpetrarsi una pandemia che si trasforma e continua ad uccidere, che produce diseguaglianze, che incide su lavoro e libertà e costituisce un ulteriore causa che fa precipitare la natalità. Si vive in una prolungata  condizione di emergenza che rischia di comprimere la democrazia e ferire la relazione sociale.  Questo anno di ricorrenza e di nuovo impegno, peraltro, può contribuire a motivare quei cambiamenti, anche interni, che possono aiutare a superare spiacevoli episodi accaduti, ma che non possono offuscare una presenza  ed una radicata  vocazione a servizio dei lavoratori e delle emarginazioni.

Chi scrive, nel direttivo del nucleo Acli ove lavorava e che scelse la scissione, non può non andare con la memoria agli anni della costituzione prima del MoCLI e poi del Mcl vissuti al fianco di Bartolo Ciccardini,  allora direttore del settimanale della Dc che fu vicino al Movimento,   e di Carlo Borrini parlamentare che dall’inizio prese le redini della svolta associativa. Ricordare la grande personalità di Michelangelo Dall’Armellina, esemplare cattolico sociale;   del giornalista presidente dell’Ucsi Bruno Olini, fino all’instancabile impegno  operativo, a Roma,  di Emidio Vitaletti.  Amici frequentati ed esempi di intelligenza politica o di generoso  slancio organizzativo.   Senza dimenticare  Giovanni Bersani, “padre” del Movimento, “una vita per gli altri”,  grande animatore dell’impegno sociale del Movimento,  che seppe costruire una classe dirigente di giovani che, a seguire,  ne resero importante la  presenza della rete di solidarietà e la voce nell’ambito delle organizzazioni sociali cattoliche. La nascita del Mcl nel 1972 fu una forte novità: arrestò una tendenza che appariva ineluttabile, per la quale si riteneva  che la difesa del lavoro fosse una prerogativa  della cultura e del programma sociale della sinistra.  Di più: si pose in alternativa a quella che allora si palesò come la “scelta socialista delle Acli”,  presentata come  compatibile con la Dottrina sociale della Chiesa. In qualche modo già allora si tentava di giustificare una separazione tra  i cattolici del sociale e quelli dell’etica naturale.  Ai bagliori di quella insana  prospettiva, un gruppo di cattolici impegnati nel sociale disse di No ed ebbe vicino la comprensione di un grande Papa: Paolo VI.

Il compito era importante ed il progetto ambizioso: non riguardava un modo diverso e  meglio organizzato di offrire dei servizi; il nuovo movimento era chiamato a smentire  quello che Pietro Scoppola avrebbe sostenuto nelle sue tesi, luci ed ombre, e cioè che il popolo di sinistra fosse portatore di una  moralità da immettere nell’impegno sociale  e politico  e che i cattolici  si sarebbero rigenerati  nell’incontro con i comunisti.  Invece si dimostrò che c’era un laicato cattolico che scendeva in campo per difendere principi etici e sociali ed il lavoro secondo una prospettiva non ideologica ma  di umanesimo cristiano;  il Concilio Vaticano II aveva affidato ai laici una diretta responsabilità e, consapevoli di ciò, donne e uomini, con la loro vocazione sociale,  se l’assunsero e agirono di conseguenza. Si può aggiungere qualcosa  che assomiglia al tempo presente. Pochi  anni prima, nel  1968, infatti, si era sviluppata,  nelle società occidentali, una rivoluzione etica, a forti tinte nichiliste, che dalle università americane era sbarcata in Europa e la piazzaforte fu a Parigi.  Quel  movimento è  passato alla storia come il ’68. Esso fu una falsa rivoluzione perché, sostanzialmente, invece di più libertà, affermava il libertinismo, una sorta di sintesi tra Nietsche e De Sade. Era profondamente anticristiana perché combatteva la Fede e la Ragione, le due ali della spiritualità dell’uomo, come , con grande chiarezza, molti anni dopo, sostenne   Papa Giovanni Paolo II e sviluppò il suo successore Benedetto XVI.  

Quella stagione fu accettata e, in qualche modo sostenuta, da ambienti intellettuali e pensatori (Herbert Marcuse ed altri) che ebbero appoggi da tra i più disparati media occidentali. Significativo che molti, negli anni successivi,  abbiano  raggiunto ragguardevoli posizione di potere; in sostanza il mondo appoggiò e si impossessò di quelle idee per segnare lo spirito del tempo. I cattolici tuttavia erano stati  invitati da Jacques Maritain a non inginocchiarsi di fronte al mondo e i giovani del Mcl, che man mano assunsero responsabilità nell’organizzazione, nella dimensione sociale e politica , non lo fecero. Tutt’altro,  il loro impegno ha costruito un messaggio a tutto campo: dal solidarismo, alla difesa della democrazia partecipata, dall’Europa politica alla dignità del lavoro, dalla difesa della famiglia e della vita alla ricostruzione della sovranità partendo dalle realtà istituzionali locali, con opere di ascolto e di accoglienza in Europa dell’Est e in Palestina, aprendo punti di contatto e di solidarietà in Italia e all’estero. Scegliendo, coerentemente, la strada del popolarismo europeo, affiancandone l’azione politica. Oggi il Mcl si trova di fronte, cinquant’anni dopo, ad un compito analogo. La pandemia in atto ha accentuato mali e problemi che ristagnavano nella nostra società. Anche in questa circostanza che va oltre il dramma sanitario,  si presentano nuove forme di rivolgimento culturale e valoriale, oltre che di organizzazione sociale. Uno slogan è stato coniato ed è molto significativo: nulla sarà come prima. Una sorta di nuovo azzeramento dei valori. Tutto ciò mentre nasce  una nuova, immensa, questione sociale: lavoratori abili   espulsi dall’iperliberismo del mercato e dalla rivoluzione tecnologica, mentre quelli precari e sottopagati danno vita ad un fenomeno prima sconosciuto: i nuovi poveri rappresentati dalla manodopera emarginata e  da un lavoro che non toglie dalla condizione reale di povertà.  

Questo malessere profondo non trova  sufficiente attenzione nelle forze politiche, un tempo attente alla questione sociale. La sinistra ha compiuto il suo tradimento, come indicò profeticamente Augusto Del Noce,  e mette al primo posto della sua agenda politica il relativismo etico, i diritti individuali, con quel che consegue: aborto come diritto, eutanasia, accettazione del gender come modello, cancellazione delle identità, tolleranza verso l’aberrante manipolazione del cosiddetto “utero in affitto”.  Sotto l’egida di un “politicamente corretto” spesso intollerante e aggressivo. Ciò aggrava la prospettiva della difesa della giusta condizione sociale e del lavoro con la constatazione che crescita della povertà e relativismo etico sono due questioni che vanno affrontate congiuntamente:  la dignità del lavoro  si difende insieme alla dignità della persona. E’ questo il senso ed il fondamento delle iniziative del Mcl su lavoro, famiglia, vita, democrazia, solidarietà, partecipazione e rappresentanza. Come era stato sin  dall’inizio dell’impegno associativo di Mcl non ci può essere separazione tra cattolici del sociale e cattolici dell’etica naturale. Anche dopo 50 anni il rinnovato compito dei cattolici sociali del Mcl è controcorrente. Ancora una missione difficile che richiede una forte presa di consapevolezza.

E’ una celebrazione che deve impegnare il Movimento in tutte le sue strutture  organizzative, fino, soprattutto, alle centinaia di circoli dei territori. Non un anniversario di facciata o di vertice. Anzi è una occasione per accantonare le tentazioni verticistiche che incombono nel tempo su  ogni organizzazione.  C’è un lavoro dal basso da attivare che deve fare di ogni iscritto il protagonista delle ragioni che allora animarono, ma che , anche oggi,  danno vita al movimento. Questa prospettiva richiede un forte adeguamento statutario che il prossimo congresso sarà chiamato  a discutere ed approvare in un percorso che chiami in  campo tutte le energie del Movimento, anche aprendosi ad un confronto vasto, senza scorciatoie o accelerazioni strumentali.  In particolare, come è nella storia del Mcl, i giovani sono chiamati a parteciparvi con la loro forza innovativa e la voglia di essere partecipi di un futuro migliore. In conclusione i primi 50 anni e lo sguardo ed il racconto con i quali si intende celebrarli, saranno indispensabili per contribuire a costruire un’altra lunga storia della socialità e dell’umanesimo cristiano, non avendo timore di delinearne il cammino, fissarne la meta, chiamando tutti a parteciparvi.

Pietro Giubilo

 

 

 

 




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