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26/11/2021
La profezia di don Sturzo
Essere cattolici ed essere politici: cristianità e modernità

Centocinquanta anni fa, il 25 novembre del 1871, nasceva a Caltagirone don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare, vero “apostolo” dell’impegno dei cattolici in politica. In un’epoca di transizione e di profondi rivolgimenti come quella che stiamo vivendo, si ripropongono in termini problematici anche i rapporti tra fede e cultura, cristianesimo e civiltà, religione e società civile, comunità religiosa e società politica. Anche tutta l’esperienza storica, nel contesto europeo, evidenzia un cammino sofferto e complesso del rapporto fede-politica, nel lungo e tortuoso passaggio dalla “cristianità medievale” alla modernità. In una fase di transizione, con la crisi evidente delle culture laica e marxista e con il progressivo sfaldamento del mito della modernità, avanza il discorso dei valori perenni dell’uomo da salvaguardare e l’esigenza di un rinnovato slancio progettuale da parte di tutte le forze religiose, spirituali, culturali e politiche che possono preparare la testimonianza cristiana. I due eventi storici che hanno determinato la crisi definitiva della cristianità medievale sono stati la riforma protestante, con la fine dell’unità religiosa dell’Europa, e la Rivoluzione francese, con l’avvio di un radicale processo di secolarizzazione. Quello spirito laico che fino ad allora era rimasto in un certo senso un problema interno alla cristianità diventava così l’irriducibile avversario storico del cristianesimo.

Per molti, il superamento del cristianesimo diveniva una condizione necessaria per la piena realizzazione della libertà dell’uomo e per lo sviluppo stesso della civiltà. Il mondo cattolico ha saputo reagire con figure di spicco attivando nuove dinamiche favorevoli di conciliazione con la cultura moderna. Questo pensiero, di notevole spessore storico-culturale, offre un’analisi critica e accurata al dibattito, non sempre lineare né privo di contraddizioni, che ha comunque consentito ai cattolici di svolgere un ruolo importante e specifico nel mondo contemporaneo. I punti nodali della riflessione portata avanti, da Sturzo, da Maritain, Mounier e Capograssi, si esprimono in acquisizioni culturali di notevole importanza, quali: il superamento definitivo dello stato cristiano in favore di quello democratico e pluralista; l’accettazione del metodo e del sistema democratico; la distinzione fra spirituale e temporale; il valore e la logica della laicità; l’impegno dei credenti nelle realtà temporali con una propria autonomia. La novità per Maritain è un sistema comune temporale le cui strutture recano l’impronta della concezione cristiana della vita, così i credenti contribuiscono alla costruzione della “città dell’uomo”, un tema poi caro a Lazzati. I grandi personaggi della storia come Sturzo mostrano la loro grandezza proprio nella capacità di superare i limiti temporali della loro vicenda personale e lasciare insegnamenti anche a chi viene dopo. Grazie alla figura di Sturzo che fu un teorico, un filosofo della politica, fece progetti a lunghissima scadenza, universali, sempre modelli anche per un tempo come il nostro che ha visto emergere successivamente un aspetto del processo di secolarizzazione. Ma la forza dell’insegnamento fondamentale è questo amore fortissimo, senza mediazioni nè compromessi, per la libertà.

La libertà e la democrazia vengono prima di qualsiasi altro pensiero o progetto. Ora, se questo è facilmente comprensibile nel caso di Sturzo è ancora più interessante perché a quel tempo non tutti i religiosi avevano un’idea così forte della libertà e della democrazia. Al contrario: c’erano fortissime tendenze clericali contro cui Sturzo, però si è sempre battuto. Del resto, nella storia, quasi mai si possono fare paragoni fra diverse epoche. Però alcuni aspetti sono interessanti. Per esempio, si discute oggi - ed è uno dei maggiori crinali di divisione fra i vari Paesi - fra approccio multilaterale e nazionalista (o sovranista) Tutta la predicazione di Sturzo, fin dagli anni dell’esilio, ovvero dal 1924 in poi, è fortemente critica verso il nazionalismo, che si cominciava a manifestare nelle varie dittature. E su questo il discorso è attuale ancora oggi. Comunque, non mi spingerei oltre nel cercare similitudini fra le due epoche. Vorrei solo sottolineare che coloro che hanno combattuto per la libertà, che hanno preferito la via dell’esilio piuttosto che “accomodarsi” in Italia contro la propria coscienza e il proprio sistema di valori (una scelta storica che avrebbe potuto portare anche al sacrificio della vita) sono persone che meriteranno sempre nei secoli futuri il diritto alla memoria. Naturalmente è nota la polemica di Sturzo sullo stato accentratore. Oggi poi usiamo erroneamente il termine “federale”, visto che il federalismo è un movimento verticale, che unisce stati divisi. Sturzo stesso infatti parlava piuttosto di regionalismo, della possibilità di dare più poteri alle regioni, e alle comunità locali la possibilità di organizzarsi autonomamente. Certamente sono molto attuali le denunce che Sturzo faceva sull’arretratezza del meridione. E va ricordato che questa arretratezza - oggi si direbbe questo divario economico Nord-Sud - è ancora uno dei problemi irrisolti dell’Italia contemporanea. Credo che tali principi siano tuttora validi, ma il problema è come tradurli in una realtà del tutto diversa.

Bisogna considerare anche il soggetto che elaborò quel progetto: il laicato cattolico. I cattolici provenivano da esperienze diverse; essi, come nella fase pre-fascista avevano collaborato alla nascita del Partito Popolare, così contribuirono alla nascita della Democrazia Cristiana: indubbiamente, il soggetto promotore di un nuovo progetto politico doveva essere il laicato cattolico. Noi ci troviamo oggi in una fase di crisi morale; la matassa del nostro sviluppo democratico si è inizialmente ingarbugliata, fino a porci di fronte a un dubbio che è pregiudiziale. Quando la matassa è troppo ingarbugliata, ci sono due soluzioni: o si taglia il nodo, oppure si cerca di recuperare il bandolo e di districare la matassa. Se i soggetti sono ancora i laici cattolici, che quindi si ispirano all’insegnamento sociale della Chiesa, a me pare di capire che i solleciti a impegnarsi perché si ritrovasse il bandolo della matassa ingarbugliata, contenessero l’ invito all’unità e non alla diaspora, rispetto ad altre tentazioni. Mi pare fu opportuna la ripresa del popolarismo, inteso come cultura valida per avviare un nuovo processo riformistico nel nostro paese; si tratta, infatti, di una cultura non demagogica né utopistica, ma volta a scelte impegnative (anche conflittuali) e non compromissorie in ordine a fini di evoluzione politica e sociale. Non è casuale l’attuale attenzione (non solo nell’area cattolico democratica) verso le posizioni assunte da Sturzo in materia istituzionale fino a pressoché tutti gli anni Cinquanta.

Si tratta per lo più di «citazioni» occasionali, e talora strumentali nella polemica politica quotidiana, sia quando si fa riferimento alla concezione sturziana dei nessi intercorrenti tra etica e politica; sia quando si riprende la sua polemica contro la «partitocrazia»; sia quando si ripercorrono le sue prospettive e proposte di riforma delle istituzioni: quella elettorale soprattutto, ma anche quelle relative allo sviluppo dell’assetto bicamerale e del regionalismo. La politica deve avere a cuore il sistema globale di riferimento del proprio contesto sociale. La coesione sociale, la tenuta della famiglia, la sana educazione dei giovani rappresentano davvero una risorsa sociale ed economica. La politica quindi, concludendo con l’insegnamento Sturziano, ha tutto l’interesse a promuovere serietà e responsabilità. Con il suo appello ai Liberi e Forti lanciato dall'albergo Santa Chiara di Roma resta un passaggio simbolico per tutti noi. Convinto antifascista fu costretto all'esilio negli Usa dal regime dal 1924 al 1946 e nel 1948 scriveva: «La libertà è come l'aria: si vive nell'aria; se l'aria è viziata, si soffre; se l'aria è insufficiente, si soffoca; se l'aria manca si muore».

Gilberto Minghetti




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