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12/11/2021
La legge di bilancio: luci e ombre
La manovra di bilancio per il 2022 malgrado le buone intenzioni รจ fortemente condizionata da un ulteriore disavanzo utilizzato per finanziare una pletora di spese correnti e sgravi fiscali.

Nella premessa alla naDEF 2021: la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (DEF), che è il primo passo verso l’elaborazione della successiva legge di bilancio, che nel frattempo è giunta per la discussione in Senato, troviamo chiaramente indicati gli obiettivi dell’azione di finanza pubblica del Governo in carica. A pag. V si legge: “la strategia di consolidamento della finanza pubblica si baserà principalmente sulla crescita del Pil stimolata dagli investimenti e dalle riforme previste dal PNRR. Nel medio temine sarà altresì necessario conseguire adeguati avanzi primari. A tal fine, si punterà a moderare la dinamica della spesa pubblica corrente e ad accrescere le entrate fiscali attraverso il contrasto all’evasione. Le risorse di bilancio verranno crescentemente indirizzate verso gli investimenti e le spese per ricerca, innovazione e istruzione.” In altre parole il deficit di bilancio generato per contrastare la pandemia (9,4% in termini di Pil nel 2021) dovrebbe essere ridotto attraverso il contenimento delle spese e l’aumento delle entrate fiscali entro il 2024 al 3,3% sul Pil. Nel triennio tutti i saldi di finanza pubblica dovrebbero migliorare sensibilmente. Nel dettaglio: il saldo primario (spesa pubblica meno tasse) dovrebbe essere nel 2024 marginalmente negativo (-0,8) contro il 6% dell’anno in corso. Il rapporto debito / Pil, invece, dovrebbe scendere di quasi dieci punti rispetto al massimo raggiunto nel 2020 (155,6).

Il riequilibrio della finanza pubblica dovrebbe poi proseguire negli anni seguenti, quando si dispiegheranno, nelle valutazioni del Governo in carica, gli effetti del PNRR, sia per gli interventi diretti, sia per le riforme annunciate in molti settori del sistema Italia. Che dire su questa legge di bilancio? E’ una legge che malgrado alcune innovazioni rispetto al passato presenta ancora molte lacune derivanti principalmente dal fatto che non si raccorda col PNRR, lasciando sullo sfondo la lotta alle diseguaglianze economiche e la risoluzione della questione sociale che si è aggravata negli ultimi anni. La variabile chiave per favorire i buoni propositi contenuti nella legge di bilancio è la crescita del Pil. La recessione del 2020 dovuta al contrasto della pandemia da Covid-19, ha portato ad una diminuzione del Pil italiano del 8,9%, rispetto ad esempio al - 3,1% di quello mondiale ed al - 6,3% nell'Eurozona. Per l’anno in corso, invece, si prospetta un aumento del Pil pari al 6%. Ma qualificare questo fenomeno, e sono in molti a farlo, come crescita del ‘sistema Italia’ è decisamente fuori luogo. Visto che questo dato deriva da un semplice rimbalzo tecnico della produzione dopo che la pandemia lo scorso anno ha provocato una diminuzione delle aspettative di famiglie e imprese e la chiusura preventiva di molte attività produttive. Insomma c’è una crescita vera e propria solo quando l'incremento dell'attività produttiva è sostenuto nel tempo e si fonda su una tendenza ascendente, trainata da quattro fattori: gli investimenti, il progresso tecnico, la produttività, e la domanda mondiale. Il nostro è un paese, non va dimenticato, che almeno negli ultimi vent’anni ha avuto questi motori mal funzionanti e non è di fatto riuscito ad incrementare il suo Pil e questo ha provocato un ristagno dei salari e degli stipendi degli occupati e degli emolumenti dei pensionati.

La manovra di bilancio per il 2022 malgrado le buone intenzioni è fortemente condizionata da un ulteriore disavanzo utilizzato per finanziare una pletora di spese correnti e sgravi fiscali. Quella che manca è una strategia di policy basata su investimenti pubblici, cospicui e capaci di moltiplicare Pil italiano e innalzare la produttività, senza creazione debito pubblico aggiuntivo. Attualmente grazie all’ombrello messo a disposizione dalla Banca Centrale Europea e dell’UE i margini di manovra anche in assenza di crescita strutturale sembrano esserci ancora. Il Governo italiano negli ultimi 24 mesi ha speso un mucchio di risorse finanziarie ed ancora oggi lo stesso Mario Draghi ha ricordato che questa nuova legge finanziaria è espansiva, ovvero aumenta ancora di più la spesa pubblica disponibile. Tutto bene madama marchesa, ma non bisogna dimenticare due contingenze: l’ombrello della BCE e dell’UE prima o poi verrà chiuso e 2) quando ciò avverrà, l’unica cosa che ci separerà da un collasso economico finanziario, come quelli del 1992 e del 2011, sarà solo la crescita del Pil. Senza crescita economica il debito non è sostenibile e la nostra spesa sociale è a rischio. Non comprendere questo ultimo punto e anzi giocare con l’idea della esistenza di altri modelli di sviluppo o meglio, di ristagno, sarebbe solo la via migliore per il disastro economico prima, sociale poi. Da tempo immemore, infatti, il meccanismo che nella storia economica ha portato più benessere a più persone nel più breve tempo viene messo in discussione: va “ripensato” o “superato”, in ogni caso bisogna “cambiare paradigma”. Si devono abbandonare le fondamenta del suo credo, in particolare il “dogma della crescita” e in particolare ciò che serve a misurarla: il famigerato Pil che non misurerebbe altri fattori importanti. Gli attacchi al Pil e alla crescita guarda caso si amplificano e si intensificano durante le crisi economiche, paradossalmente proprio quando il Pil diminuisce bruscamente. Cioè quando si palesa la decrescita (infelice). L’obiettivo per molti non sarebbe quello di migliorare o riformare il sistema per tornare presto a crescere, ma edificare un sistema radicalmente diverso su nuove e non meglio specificate fondamenta. Per chiudere la domanda a questo punto che resta da porsi è solo una e fondamentalmente sempre la stessa: riuscirà Draghi a riformare il paese a tal punto da riuscire a farlo crescere senza l’ombrello europeo? Se volete sapere la mia risposta: resto un pessimista allegro.

Marco Boleo




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