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29/10/2021
Governi e pandemia
La pandemia da Covid 19 ha messo in chiaro che le economie e la crescita dei paesi sono ora fortemente interconnesse. 

Le crisi economiche più profonde come l’ultima generata dalla pandemia da Covid-19, hanno sempre richiesto cambiamenti nel consueto operato dei Governi. Vista l’eccezionalità dell’evento. Mentre la tassazione e la spesa pubblica sono stati tradizionalmente i principali strumenti a disposizione dei Governi per soddisfare i bisogni collettivi dei loro cittadini. Nel contempo il Governo nazionale ha da sempre rappresentato la principale istituzione attraverso la quale i cittadini soddisfano, o almeno sperano di farlo, i loro bisogni collettivi. Non è, ovviamente, facile determinare con precisione quali siano siffatti bisogni collettivi, in un dato momento, e quanta spesa pubblica sia necessaria per promuoverli e soddisfarli. Tuttavia, per i paesi democratici che adottano economie di mercato, il presupposto abituale è stato che i bisogni collettivi venissero determinati democraticamente, attraverso il meccanismo elettorale; e che la loro realizzazione necessitasse di un dato livello di tassazione e di spesa pubblica. In questo modo il processo democratico ha determinato la ripartizione del carico fiscale tra i cittadini a seconda del colore politico della maggioranza. Almeno in teoria. Visto che, vi saranno sempre alcuni individui, o alcuni gruppi di loro, che penseranno che il livello di tassazione, qualunque esso sia, sia troppo alto; mentre altri che sia troppo basso e insufficiente a finanziare i bisogni collettivi. Altri ancora potrebbero pensare che il carico fiscale non sia distribuito equamente tra i cittadini.

Il livello di tassazione e la struttura fiscale poi dovrebbero nel contempo, prestare attenzione alla loro efficienza economica ed ai loro aspetti di equità. In tempo di crisi, l'equità dovrebbe diventare il faro dell’azione politica, se il sistema economico vuole essere considerato equo, e se vuole continuare ad avere il sostegno politico, non incoraggiando il populismo. Nel corso dell'ultimo secolo, le opinioni sul ruolo della tassazione sono cambiate in modo significativo, così come quelle su quale dovesse essere il suo ruolo. Da un lato vi è, infatti, la necessità di redistribuire parte del reddito e della ricchezza, dai cittadini più ricchi a quelli meno abbienti, quando la distribuzione del reddito non è considerata equa, e dall’altro di tentativi dei governi di promuovere, con le loro politiche, la piena occupazione del lavoro e del capitale, soprattutto durante le recessioni economiche. Il problema è che il livello di tassazione auspicabile e l'utilizzo del gettito fiscale sono stati normalmente determinati in relazione ai presunti bisogni collettivi durante i periodi normali e non durante quelli di crisi. Utilizzando le politiche del governo per rimanere al potere e confidando che la tassazione sia sufficiente a soddisfare i bisogni quotidiani e immediati dei cittadini in un'economia di mercato. Questi sono stati, in generale, i principi guida che hanno determinato il ruolo del Governo nelle economie di mercato. In situazioni normali, insomma i Governi hanno cercato di mantenere i livelli di tassazione bassi ed hanno indirizzato la spesa pubblica verso il soddisfacimento dei bisogni immediati e di breve periodo dei cittadini e di alcuni bisogni futuri facilmente quantificabili, come quelli relativi alla salute ed alle pensioni.    

La differenza tra spesa e tasse è stata colmata finanziando il gap con l’emissione di debito pubblico. Nel contempo eventi e bisogni futuri incerti, hanno attirato, invece, molta meno o nessuna attenzione. Questo perché se i Governi avessero utilizzato risorse per rendere una nazione meglio preparata ad affrontare eventi futuri incerti avrebbero dovuto pagare un prezzo politico in termini di consenso elettorale e per questo se ne sono guardati bene a farlo. Insomma i Governi non hanno prestato molta attenzione, a eventi potenziali, futuri e incerti, come pandemie, grandi disastri naturali o, ad esempio, cambiamenti climatici, fino a quando questi eventi non si sono effettivamente materializzati ed hanno reso impossibile non prenderli in considerazione. Attualmente la pandemia in corso e l’emergenza climatica hanno messo i Governi con le spalle al muro ed imposto loro un repentino cambiamento dell’agenda politica. In termini di tassazione e spesa pubblica c’è stato chi aveva dei margini d’intervento più ampi rispetto agli altri. Tutti sono intervenuti dilatando la spesa ed il debito pubblico. A livello mondiale in aggregato sono stati messi in campo dei programmi di spesa eccezionali di almeno 10,5 trilioni di dollari (con più di un terzo da parte dei soli Stati Uniti) ed imposto attraverso la tassazione i cambiamenti di comportamento in termini di emissioni inquinanti. L’idea che c’è dietro questa scelta di ‘eccesso di spesa’ è che ciascuna delle componenti del Pil  sia indipendente dalle altre: da qui l’idea che un incremento della spesa pubblica porti sempre e comunque a una crescita del Pil necessaria per rimettere in carreggiata i paesi che hanno sperimentato una recessione in seguito alle misure prese per contrastare la diffusione della pandemia. Ma la spesa pubblica non spunta come i funghi: visto che si finanzia attraverso risorse sottratte ad altri utilizzi (le tasse) o al futuro (il debito, e quindi tasse future), determinando così una riduzione dei consumi o degli investimenti privati. Ma su questo aspetto ritorneremo con un prossimo articolo.

Concentrandoci anche sugli squilibri dal lato dell’offerta che questo eccessivo stimolo della domanda aggregata trascura e che potrebbe avere degli indesiderati effetti inflazionistici che potrebbero condizionare le politiche monetarie dei paesi o aree economiche che ne rimanessero coinvolti non in maniera temporanea. Un altro aspetto del ruolo tradizionale dei Governi che diventa discutibile durante le grandi crisi, e specialmente durante le pandemie, è la continua focalizzazione di quel ruolo sugli obiettivi nazionali, come se il resto del mondo non contasse. La pandemia da Covid 19 ha messo, invece, in chiaro che le economie e la crescita dei paesi sono ora fortemente interconnesse. Affrontare una pandemia non può più continuare ad essere solo uno sforzo nazionale. Ma deve divenire uno sforzo mondiale nel quale i paesi ricchi, che sono più in grado di sostenere lo sforzo, devono aiutare quelli più poveri. Questo è diventato chiaramente evidente sulla necessità di condividere i vaccini. La pandemia è un classico ‘bene pubblico’, o per dirla meglio, un ‘male pubblico’ su scala globale. E ci sono molti di questi beni e mali. La crescente importanza di questi ‘beni pubblici’ globali ha messo in luce la limitazione del ruolo dei Governi che hanno continuato a concentrarsi solo sugli obiettivi nazionali. È tempo pertanto di prendere coscienza del fatto che il mondo ha bisogno di un'architettura istituzionale diversa e che bisognerebbe concentrarsi sulla creazione di una migliore rispetto a quella esistente. 

Marco Boleo




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