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02/10/2021
Roma al voto
Domenica si aprono le urne nella capitale che cerca la rinascita

Dopo cinque anni di Virginia Raggi, la capitale tornerà alle urne. Il 3 e il 4 ottobre i cittadini romani torneranno al voto, ma con molta probabilità si dovrà attendere il ballottaggio per conoscere il nome di chi siederà sullo scranno più alto del Campidoglio. Infatti, il 17 e il 18 ottobre a meno di sorprese eclatanti, dell’ultimo minuto, la sindaca non dovrebbe esserci.

Il governo dei Cinque stelle della capitale d’Italia non è amato dai suoi cittadini che, pure, avevano eletto la Raggi col 67 per cento e oltre 770 mila preferenze, doppiando in voti e percentuale il candidato dem. Roberto Giachetti. Cinque anni dopo, i romani che si misurano quotidianamente con disservizi e mancata manutenzione in uno scenario sempre più degradato, bocciano l’amministrazione.

In fondo è sotto gli occhi di tutti l’inadeguatezza delle ultime amministrazioni di fronte alle problematiche che Roma presenta e che sono sempre più pressanti ed eclatanti.

Alla capitale manca, da anni, una guida con una visione strategica, oggi la potremmo definire una città “senza vocazione”. Non è un grande centro finanziario e non è mai stata una città industriale; una scelta consapevole, quest’ultima, fatta dai primi governi nazionali unitari e mantenuta dal regime fascista e poi dalle amministrazioni comunali democristiane del primo dopoguerra, insomma, la citta oltre a risolvere i suoi innumerevoli problemi dovrebbe ritrovare la bussola e una chiara direzione di crescita.

Da troppo tempo, infatti, quando la stampa si occupa di Roma lo fa per descrivere una città in una spirale apparentemente infinita di sfascio e decadenza, in cui non funzionano le cose essenziali (come la gestione dei rifiuti e il trasporto pubblico) e si moltiplicano episodi di micro e macro criminalità, abbandono di interi quartieri e apparente incapacità della classe dirigente locale, sia politica che imprenditoriale, di affrontare questi problemi. La discussione sulle cause storiche di questi problemi è ricca di opinioni e punti di vista, e pur attribuendo varie responsabilità a varie amministrazioni della città si è preso, ormai, atto che i problemi della città sono ormai gravissimi e profondi.

Comunque, Virginia Raggi pur non essendo altro che l’ultimo anello di una catena di amministrazioni inadeguate ad affrontare il problema “capitale”, stando agli ultimi sondaggi, non gode di popolarità tra i cittadini romani che cinque anni fa l’avevano eletta sindaco, con ampissimo margine.

A peggiorare la percezione della sindaca tra i suoi cittadini c’è sicuramente la storia del Movimento 5 Stelle romano, una storia difficile: lotte intestine, crisi, dimissioni e epurazioni hanno paralizzato la macchina comunale, copione spesso ripetutosi nei municipi. La sindaca però ha tenuto duro, sorda alle critiche esterne, alle interne ha risposto blindandosi col leader-fondatore Beppe Grillo, che ha guardato con fastidio al cupio dissolvi del grillismo romano, e ha resistito nel proposito di ripresentarsi.

Sembra difficile che Raggi possa fare più che disputarsi la terza piazza con Carlo Calenda. Per quanto i sondaggi parlino di “lotteria” del primo turno, a Roma il centrodestra anche se presentasse un sasso non prenderebbe meno del 30 per cento; e il Pd e il centrosinistra, per quanto ancora squassati dalla vicenda-Marino, sembrano poter recuperare una parte del loro elettorato. Roberto Gualtieri ha due incognite sulla strada del ballottaggio, quanti dei voti andati ai 5S torneranno a casa, quanti ne sottrarrà al primo turno Calenda, che tenta anche parte dell’elettorato di Enrico Michetti, il candidato del centrodestra. Le incognite principali di questo voto, insomma, sono a chi andranno i voti in uscita dei 5S e a chi strapperà più elettorato Calenda.

La scheda elettorale avrà dimensioni notevoli: 22 candidati e 38 liste collegate. Il sorteggio ha premiato Michetti, il primo in alto a sinistra. Gualtieri, pur diciassettesimo, non è tanto sfavorito, ha il primo spazio in alto della terza fila. Gualtieri si presenta con sette liste, Raggi e Michetti con sei, Calenda corre solo con la civica. La gara è a quattro ma è interessante.

Siamo giunti alle battute finali di una campagna elettorale tardiva, iniziata in sordina, in una Roma disincantata e ostile, con un nervosismo che sa più di ultima spiaggia, rese dei conti e speranze incerte che di passaggio storico per la città. Nervosismo esploso con le rese dei conti locali e nazionali, la pseudo-apertura a Raggi dell’ex sindaco Marino, in realtà solo l’ennesima, frecciata al Pd, le faide nel centrodestra prossime alle urne, il siluro di Giorgetti a Michetti, le incursioni dei renziani pro Calenda nei territori del centrosinistra.

Roma oggi è una città smisurata, una città che è la capitale dello stato ma non ha gli strumenti delle altre capitali europee, in cui lo stato investe sempre meno perché il pubblico taglia, ma della capitale restano i debiti contratti e i costi di oggi e domani; che ha una forte presenza industriale e commerciale, un polo logistico leader nazionale, un gran numero di entità e istituzioni nazionali e internazionali di ricerca, formazione e sviluppo ma che non riesce a fare sistema e ad attirare investimenti dall’estero.

Come voteranno i romani è difficile dirlo ma se prima le destre erano certe di fare il pieno del voto in uscita del 5S ora non lo sono più tanto.

La sfida che il vincitore di questa tornata elettorale si troverà ad affrontare è davvero ardua e ci si augura che tutti i candidati ne siano all’altezza, anche se qualche dubbio lo lasciano.

Ciò che è certo è che chiunque vincerà si troverà di fronte una città profondamente cambiata e sfibrata da anni di, se non proprio mala gestione, quantomeno di gestione inadeguata, Rimangono, però, dei punti fermi dai quali partire ad esempio la consapevolezza che il cambiamento passa attraverso uno sguardo a lungo termine, ma anche attraverso le azioni immediate e concrete. Roma merita di recuperare il ruolo che le spetta nel mondo. E i suoi cittadini meritano una soluzione immediata ai problemi concreti. La Capitale può tornare davvero tale anche sfidando la crisi prodotta dal Covid, con la sua legittima ambizione di essere metropoli europea, espressione unica di una cultura millenaria aperta a tutte le contaminazioni e riscoprendo con fierezza quel modello di urbis inclusivo, accogliente e al contempo autentico e fortemente identitario, conosciuto in tutto il mondo. Roma può rinascere solo mettendo al centro le persone, le loro vite, le loro difficoltà, le loro speranze. Smettendo di considerare i suoi cittadini come un numero e iniziando a restituire una vita di qualità a tutti gli abitanti della città. E ancora, sviluppando tutti i servizi intorno alle esigenze e ai bisogni quotidiani delle persone.

Mi rimane solo un augurio, parafrasando una celeberrima canzone, “Roma nun fa la stupida domenica”.

Fausta Tinari




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