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29/09/2021
'Fedeltà è cambiamento'
L'identità non è il mantenimento di una posizione, bensì l'avventuroso dinamismo di un'esplorazione originale

Per ripartire occorre accogliere il compito di ri-generarsi e, ancora e davvero, l'evidenza esperienziale che non (ci) si può educare – introdursi nella realtà secondo la totalità dei suoi fattori - se non accettando il “caso serio” del cambiamento come progressivo compimento di sé (lasciarsi fare adeguati nella “fedeltà come processo”). L'identità non è il mantenimento di una posizione, bensì l'avventuroso dinamismo di un'esplorazione originale. Non è, insomma, la difensiva “coazione a ripetere” a rendere l'uomo capace di “leggere i segni dei tempi” e conseguentemente agire in modo creativo per “costruire nella storia” (senza cedere rassegnato all'omologante “spirito dei tempi”). Lo stesso vale, non solo e non tanto per mera estensione logica, anche per le “communities” che nascono dall'incontro tra gli uomini, sulla frontiera tra ideale e bisogno. Per quei “corpi intermedi” nei quali la persona, rispondendo alla propria natura, cerca e costruisce comunitario positivo protagonismo. Liberi e forti nel realismo che l'incontro-impatto con l'Avvenimento dona, in particolare, i cristiani non possono esimersi dall'essere “portatori incidenti” di questa consapevolezza.

Sono trascorse alcune settimane dal Seminario Nazionale di Studi e Formazione che ha radunato in Roma, dal 9 all'11 settembre, finalmente in presenza dopo la lunga pausa dettata dal Covid, dirigenti e militanti del Mcl. Pensato e vissuto come preparazione alla 49ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani di Taranto, in positiva unità con personalità e soggettività del laicato, un incontro che ha confermato la volontà del Movimento Cristiano Lavoratori di essere peculiare (f)attore nella “costruzione di futuro”. Un soggetto popolare e radicato nella “visione cattolica del mondo”, quindi disposto a non eludere la questione della “fedeltà come cambiamento” (mai dimenticando che “tutto è connesso”). Una fedeltà che richiede l'elaborazione di un pensiero e di una visione rinnovata, partendo da un'osservazione schietta e leale della realtà. Di sé e del mondo (insieme).

È stato fin troppo frequentemente ribadito, ma non ci si può esimere dal ricordarlo nel caso: non siamo di fronte a un “cambiamento epocale”, bensì immersi a dibattersi in un “cambio d'epoca”. Non possiamo, perciò, pensare che lo sconquasso pandemico possa essere una parentesi da archiviare al più preso, per tornare ai confortevoli schemi d'un tempo. Le energie, al centro come in periferia, non mancano e meritano di essere valorizzate nel loro contributo. Se ne è fatto esperienza anche al recente Seminario.

Portando il suo saluto al Festival della Dottrina Sociale della Chiesa del 2017, intitolato proprio “Fedeltà è cambiamento”, papa Francesco evidenziò come “Questa espressione, che intenzionalmente suscita una certa “sorpresa” logica, ci porta a considerare che, nella realtà, essere fedeli comporta la capacità di cambiare”. Il Santo Padre, in quell'occasione, insistette sulla figura di Abramo, ricordando come “Per essere fedele, dovette cambiare e partire”. Ecco che, quindi, non possiamo non concederci la puntuale citazione, “La Parola di Dio ci aiuta a distinguere le due “facce” del cambiamento: la prima è la fiducia, la speranza, l’apertura al nuovo; la seconda è la difficoltà a lasciare le sicurezze per andare incontro all’ignoto. Infatti, ci fa sentire più tranquilli rimanere nel nostro recinto, conservare, ripetere parole e gesti di sempre – questo ci fa sentire più sicuri – piuttosto che uscire, partire e avviare nuovi processi. Domandiamoci, allora, che cosa succede se manteniamo la nostra fedeltà a Dio e all’uomo. Abbiamo visto nella storia di Abramo l’effetto della chiamata del Signore: gli cambiò radicalmente la vita, lo fece entrare in una storia nuova, gli aprì orizzonti inattesi, con cieli nuovi e terre nuove. Quando si risponde a Dio si attiva sempre un processo: accade qualcosa di inedito che ci porta dove  noi non avremmo mai immaginato. È importante questo: si attiva sempre un processo, si va avanti, non si occupano gli spazi, si avviano processi”.

L'imprevisto della pandemia, che sta radicalmente modificando il quadro complessivo e rivela quando poco progresso autentico ci fosse nell'annichilimento della tradizione, ci obbliga a considerare adeguatamente il paradigma della complessità e ad abbandonare tutte le consolidate posizioni (e le loro rendite). Mentre politica e competenza trovano nuove sintonie (non prive di rischi) e le semplificazioni populiste arretrano, non c'è altro modo che dar valore all'identità che uscendo dai confini con “lieta baldanza”.

Si può fare. Rammentando un prezioso insegnamento di Ezra Pound: “Il Rinascimento non è un'epoca, ma un temperamento”.

 

Marco Margrita




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