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28/09/2021
Il sostegno alle riforme sul lavoro che serve per la ripresa
Il Pd, i grillini e la Cgil sollecitano una legge sul salario minimo.

In Europa, Ventiquattro paesi rivedono il salario minimo; il livello è diverso in ogni paese, ma l'Unione Europea sta prendendo in considerazione l’ipotesi di emanare una direttiva vincolante per tutti  anche se resterebbe un argine di discrezionalità.

In Italia il salario minimo per legge è un tema importante per il centrosinistra e i 5 Stelle, che però va a impattare sul Reddito di Cittadinanza che i grillini difendono senza se e senza ma. Il centrodestra preferirebbe che entrasse nella contrattazione.

Il Governo Draghi ha proposto un patto per la crescita che promette all’Italia di ripartire. Cori di approvazione sono arrivati subito, ma sul salario minimo industriali e politici paiono avere idee diverse.

La posizione della  Cisl è molto chiara. Con la contrattazione collettiva oggi si tutelano la quasi totalità dei lavoratori, garantendo loro un salario ben superiore alle soglie minime per legge. Il problema è estendere questa copertura a tutti gli altri lavoratori attraverso i contratti. Lo sollecita la direttiva europea e noi lo stiamo facendo con gli accordi nazionali con le grandi multinazionali, a partire dalla logistica, nel lavoro su piattaforma come quello dei rider e in altri settori dove prevale il lavoro sottopagato e lo sfruttamento.

Ma perché, allora, non  convince uno strumento che darebbe forza a questa impostazione? Poiché il salario minimo per legge mette in pericolo tutti gli altri elementi retributivi della contrattazione nazionale (mensilità aggiuntive, Tfr, maggiorazioni, fondo pensioni, sanità integrativa, premi di produttività, automatismi di anzianità e così via) perciò offre alle aziende un'alternativa ai contratti collettivi, con il rischio di comprimere verso il basso diritti e salari. Serve un passo avanti e non uno indietro sulle tutele: siamo nel Paese in cui tribunali esaltano il valore pe la contrattazione e il Parlamento vuole legiferare sui salari. Un paradosso con venature grottesche.

Perché allora non escogitare  una serie di tentativi per ricostruire fondamentali punti di riferimento di questa delicata partita? Bisogna incentivare la contrattazione detassando non solo le intese aziendali sulla produttività, ma favorendo la partecipazione agli utili e riducendo il cuneo fiscale su tutta la retribuzione.

Al  premier Mario Draghi confermiamo di  sostenere l'esigenza di un grande patto sociale che metta al centro crescita, lavoro, equità, contrasto alle diseguaglianze ed alle povertà nella prospettiva di unire il paese. Questa è la strada se vogliamo superare la condizione di emergenza sanitaria e pandemica ed affrontare i ritardi strutturali dell'economia italiana. Abbiamo una straordinaria opportunità davanti a noi: quella di un'Europa che finalmente si presenta con il vero volto della solidarietà. Purtroppo, è stata necessaria la pandemia per determinare questa forte discontinuità, questo cambio di paradigma.

Un’intesa del genere  ha bisogno di grande concretezza per un progetto Paese nel segno della corresponsabilità sociale. Il successo del Pnrr è legato alla messa a terra di interventi su innovazione e digitalizzazione, transizione ambientale ed energetica, inclusione sociale. Poi c'è il cammino delle riforme che sapremo avviare nella Pubblica amministrazione, nel sistema fiscale, nei servizi, nel modello di protezione sociale e delle politiche attive, nel miglioramento del sistema pensionistico orientato alla flessibilità e sostenibilità sociale. Le riforme economiche e l'attuazione del Pnrr devono viaggiare insieme.

Apparentemente si dovranno fare i conti, però, anche con le divisioni fra i sindacati: Landini è a favore non solo del salario minimo, ma anche della legge sulla rappresentanza, anche per contrastare il dumping salariale e i contratti pirata.

Ma la via maestra  da condividere resta quella pattizia. Una legge che intervenisse a modificare i criteri che le parti si sono dati, o che ci esponesse ad aggiramenti e strumentalizzazioni successive di quei criteri, violerebbe i principi fondamentali della democrazia, dell'autonomia delle parti sociali e il diritto all'autodeterminazione delle persone. In tanti comparti, a partire dal manifatturiero, oggi abbiamo regole solidissime. Bisogna arrivare al traguardo anche negli altri segmenti costruendo affidamenti forti sia sul versante sociale che istituzionale.

 

Gilberto Minghetti




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