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03/06/2021
Il ponte formativo per la restituzione agli alunni di quello che รจ mancato
Scuola a luglio, che bene che ti voglio

In pochi sono convinti e contenti del “Piano scuola” che ha presentato il Ministro dell’Istruzione il 27 aprile 2021. Pe coloro che aderiscono al “Manifesto de 500” rappresenta il primo passo di de-istituzionalizzazione della scuola e dell’istruzione “in quanto delinea una scuola diluita in un rivolo di attività formali e informali, pubbliche e private, genericamente culturali e sociali, interne ed esterne agli istituti, sotto la responsabilità di persone di ogni tipo, più simile ad una grande animazione che ad un’istituzione della Repubblica. E’ il confine tra ciò che è scuola e ciò che è “altro”, tra la professione insegnante e altre (educatore, animatore, psicologo, intrattenitore…), tra un’istituzione della Repubblica e un servizio di welfare che viene non solo “spostato”, ma tendenzialmente eliminato con questo Piano.

In realtà il Ministero ha messo sul banco la bella somma di 510 milioni di euro, da spendere subito e in maniera inderogabile a partire da giugno/luglio fino a settembre 2021. E’ su tale termine che si sofferma l’attenzione di tanti e che già in sé porta delle contraddizioni di tempo e di opportunità. Per spendere tale somma le scuole hanno avuto appena una settimana di tempo per presentare i progetti, attraverso una modulistica estremamente semplificata, al contrario dei normali PON che presentano una serie di fattori burocratici e scadenze da girone infernale.

Di per sé la circolare ministeriale è contraddittoria, in quanto in un primo momento parla di tempi ristretti (giugno - settembre), in altra parte si sostiene che i progetti sono diluiti per tutto il prossimo anno scolastico.

Alla fine la verità è venuta fuori: in realtà questi sono soldi residui che il Ministero non ha mai speso per la scuola; adesso devono sparire, altrimenti l’Italia non potrebbe accedere ai fondi europei del Recovery per l’istruzione, ed è un bel pezzo di torta da spartire.

Allora ecco l’idea: la scuola ha perso tempo a causa della pandemia, bisogna recuperare il calendario scolastico, allora il Ministro ha fatto bene a inserire nelle attività di tutto e di più, così “la scuola diventa un centro d’animazione nel quale orari, funzioni, persone che intervengono, perdono ogni riferimento stabile. Associazioni private vengono messe sullo stesso piano dei docenti dello Stato, gli apprendimenti e il loro recupero si mescolano ad un generico stare insieme, lo svolgere attività di socializzazione, senza programmi nazionali, senza obbligo per gli alunni, senza scopi precisi si intreccia con un presunto obiettivo di “non lasciare indietro nessuno”. “Si confondono con attività di altro tipo, tutte degne di attenzione e investimenti, ma che non sono appunto scuola”, denunciano ancora gli aderenti del Manifesto dei 500.

Altra considerazione contraddittoria da fare è che le scuole tra giugno e luglio sono impegnate con altre attività: verifiche finali, valutazioni e scrutini, esami di Stato. C’è da tener presente, inoltre, che tanta parte del personale della scuola entro fine agosto deve consumare le ferie dovute, pertanto la domanda sorge spontanea: a chi affidare la struttura scolastica? Altra considerazione riguarda i trasporti: se in due anni scolastici il problema non è stato risolto, o quantomeno ha presentato difficoltà insormontabili, come farebbero i pendolari a raggiungere gli istituti di appartenenza? Si creerebbe una discrepanza tra coloro che possono usufruire delle opportunità, altri che ne rimarrebbero fuori. Inoltre, gli studenti delle scuole superiori nei mesi estivi svolgono lavori per rimpinguare le casse della famiglia, mentre solo i genitori delle scuole elementari e medie ne sarebbero contenti, perché risolverebbero il problema di dove parcheggiare i propri figli; a costoro si deve tornare a ricordare che la scuola non fa le veci della baby sitter estiva.

Per concludere, i docenti precari, per i quali a fine giugno scade il contratto di insegnamento, con quale mansione sarebbero assunti? E i precari appartenenti ad altre province? Insomma, un altro minestrone all’italiana, che sarebbe stato utile spendere in tempi e modalità più utili e consoni a una scuola moderna, che dovrebbe cambiare in meglio, ma resta sempre la cenerentola dello Stato.

Alberto Fico




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