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24/05/2021
Incertezza di governo nelle grandi città
Qual è questo male oscuro che rende difficile la vita politica dei sindaci?

Qualche sindaco rinuncia a ripresentarsi; chi era stato eletto con largo consenso appare in obbiettive difficoltà; qualche coalizione che ha molte possibilità di vittoria stenta a trovare candidati autorevoli; altre si dividono su più candidati allontanando il prevedibile successo. Insomma la crisi della politica e della rappresentanza sembra colpire quei luoghi istituzionali nei quali, la legge per l’elezione diretta del sindaco, una delle poche riforme che ha funzionato, dai primi anni ’90, aveva assicurato stabilità e autorevolezza, avendo i cittadini scelto direttamente chi doveva governarli.

Qual è, dunque, questo male oscuro che rende difficile la vita politica dei sindaci? Non è facile rispondere. Alcune tra le più importanti amministrazioni che andranno al rinnovo nel prossimo ottobre non hanno avuto una vita facile. Ci sono problemi e difficoltà connaturate alle condizioni che si sono andate sviluppando nei tempi più recenti: pensiamo al processo di deindustrializzazione di Torino, alla crescita esponenziale dei nuovi poveri determinata dalla crisi a Milano, alla espansione inarrestabile del debito pubblico a Napoli, alla frustrante difficoltà di amministrare una Capitale come Roma con i suoi immensi compiti, ma con normative uguali a quelle di tutti gli altri Comuni. 

Queste evidenti ed immediate difficoltà, in parte comuni anche ad altri centri cittadini, si inquadrano in un orizzonte più generale che presenta nuove sfide e scarsa preparazione, destinate a provocare ulteriori difficoltà.

C’è un altro tarlo, o meglio, un cambiamento, che condiziona anche in Italia, corrodendo l’attuale urbanizzazione, il futuro delle grandi città e che l’epidemia ha contribuito ad accelerare. Si tratta, per fare un esempio sotto l’occhio di tutti, di un mutamento profondo e irreversibile del modo di lavorare che riguarda i withe collar, cioè i colletti bianchi, gli impiegati privati, ma anche e soprattutto pubblici, che hanno imparato a lavorare a casa con lo smart working, in una economia che vede crescere esponenzialmente il settore dei servizi coinvolto in questa nuova prospettiva. Anche le attività commerciali, oltre gli effetti di una ridotta domanda di acquisto, subiscono la concorrenza, sleale, dell’e-commerce, con la falcidie di tante aziende minori, cioè del commercio naturale e in prospettiva degli stessi centri commerciali. Oltre ai monumenti arrugginiti delle fabbriche dismesse, presto nel decadente panorama dei centri urbani e nelle periferie appariranno i palazzi di vetro vuoti di una direzionalità non più necessaria o, in parte, ridimensionata, oltre a strade dove si moltiplicano le serrande chiuse. 

La condizione urbana sarà sempre più segnata da questi problemi, oltre che da quelli dell’immigrazione, della sicurezza, della connettività, delle politiche ambientali chiamate a risolvere il ricorrente inquinamento o il debordante problema dei rifiuti, che oggi espongono alla crisi anche   metropoli di nazioni all’avanguardia nello sviluppo. La vita nelle grandi città, che rappresentavano la punta avanzata del progresso della faustiana civiltà occidentale, appare invece al centro delle contraddizioni e delle difficoltà di un progresso non lineare, all’opposto di come immaginato nelle utopie del neoilluminismo tecnologico e scientista.

L’Italia che nel corso della sua storia ha visto l’affermazione della società comunale, ha mostrato invece incertezza ad incamminarsi sulla strada della modernizzazione urbana, soffrendo oltre che per questi appena descritti anche per altri problemi che, come dire, appartengono ancora alla fase precedente a quest’ultimo ciclo di cambiamento. Partendo da quelle normative che non consentono agli amministratori di tenere il passo con i tempi decisionali richiesti da ciò che si muove nell’epoca della globalizzazione,  per arrivare al debito di infrastrutture e di riordino delle sue periferie non sanabile per atavica insufficienza della sua finanza locale; alla immensa difficoltà a riconvertire e recuperare il suo patrimonio edilizio sottoposto a procedimenti incredibilmente lunghi e tortuosi; alla pretesa di affidare alla gestione pubblica servizi e attività che richiederebbero invece una capacità manageriale; fino alla incapacità di affrontare quelle sacche di nuove povertà e emarginazioni che mostrano contraddizioni e degrado.

A tutto ciò si deve aggiungere la crisi della rappresentanza che in Italia ha assunto i caratteri della eliminazione di partiti e classi politiche non sostituite da qualcosa di più adeguato e/o in grado di dare significative risposte.

Questa crisi della rappresentanza che ha colpito in primis le assemblee parlamentari, per qualche tempo, nelle città, è stata attenuata, come già accennato, dal meccanismo di elezione diretta del primo cittadino che ha espresso una incisiva figura, additata come una novità istituzionale, fino a configurare addirittura una sorta di “partito dei sindaci” e indicata come modello per il sistema istituzionale del Paese, cioè la figura del premier come il Sindaco d’Italia. Tuttavia il richiamo a intervenire nel profondo della condizione sociale e urbana, avvenuto con la pandemia, richiede contenuti programmatici di carattere non contingente e responsabilità oltre la mera scelta della guida amministrativa della città. 

Avvicinandoci alle elezioni di ottobre poco o nulla di queste problematiche viene alla luce. Stentano ad uscire i programmi da parte delle forze politiche, mentre la questione del candidato sindaco si dipana nell’intreccio di sondaggi non si sa quanto veritieri, ai quali si affidano scelte strategiche oltre che il destino di candidature dal profilo eterogeneo.

Da parte dell’associazionismo cattolico attento ai temi della rappresentanza e della partecipazione non sono mai mancate analisi, confronti e proposte per aiutare a comprendere le difficoltà della vita comunitaria. Il Mcl da anni ha indetto convegni con la partecipazione di centinaia di amministratori locali e presentato manifesti per sollecitare le forze politiche e i corpi sociali a rendere sempre più adeguato il rapporto tra cittadini e istituzioni. La stessa Azione Cattolica di recente ha svolto la sua Assemblea generale sul tema del popolo e la città.

Questo lievito sociale cattolico non può che auspicare scelte di alto profilo e contenuti all’altezza del momento presente.

Pietro Giubilo




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