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13/05/2021
La novità della Rerum novarum
l'Enciclica Rerum novarum dev'essere riletta, dopo 130 anni, con gli occhi di oggi per scorgere in essa la sua permanente e viva attualità.

La Rerum novarum (1891), con un messaggio culturalmente, politicamente e socialmente dirompente, era intervenuta sulla questione operaia sostenendo la priorità del lavoro e il principio di collaborazione fra lavoro e capitale. Ma per collaborare occorrono delle persone (dimensione soggettiva) e delle precise condizioni istituzionali. Questo è uno dei contributi decisivi dell'enciclica, che cosi introduce stimoli fecondi per lo stesso sviluppo di una teoria economica che, in quegli anni, non vedeva e non percepiva la centralità di tali dimensioni.

Al sostrato di concorrenza impersonale tra i membri delle diverse classi che caratterizzava il contributo dei primi economisti classici, Marx contrapponeva sì la possibilità di un'azione di classe ma in un contesto in cui andavano perdute sia l'idea di autonomia dell’individuo, sia il problema delle relazioni tra identità e interessi individuali e funzionamento della classe.

L’approccio marginalista, che rappresenta la società attraverso una divisione di tipo funzionale fra famiglie e imprese, aveva in comune con i pensatori classici il riferimento di fondo alla sostanziale impersonalità delle interazioni sociali.
Ben diverso è il sostrato su cui si fonda la Dottrina sociale, già nella Rerum novarum. Il suo messaggio contro la lotta di classe e per la collaborazione, di cui colpisce l'immediata rilevanza politica, si inscrive nella più articolata visione che l'enciclica propone del funzionamento complessivo della società e dell'economia. In essa, l'importanza della priorità del lavoro era legata alla integrale realizzazione umana della persona. L'invito alla collaborazione dell'enciclica non veniva come una indicazione puramente morale, ma si fondava sullo sforzo, originale e decisamente profetico, di mettere a fuoco la natura "personale" del rapporto di lavoro, che non è né una merce né un fattore della produzione anonimo e intercambiabile.

L'enciclica analizza diffusamente le relazioni costitutive dell'impresa capitalistica, fino alla motivazione degli imprenditori e dei lavoratori; mette a tema la giustizia sociale, arrivando fino alle questioni più pratiche (il diritto di sciopero, la determinazione del salario, l'associazionismo...), ma sempre a partire da "come ci si tratta" fra persone che operano a diverso titolo nella nuova realtà della fabbrica capitalistica.

Dopo l’uscita dell’enciclica, nei successivi quaranta anni, il mondo faceva la triste esperienza di una guerra dalle dimensioni senza precedenti dove la presenza dello Stato era più incisiva nella moneta, nella finanza, nella proprietà e nel controllo dei mezzi di produzione: il mercato si stava così trasformando.

Perciò non ci meravigliano le molte incomprensioni, anche sotto il profilo teologico che ci sembrano francamente un po' comiche: è un rimproverare al Papa di essere un cristiano intelligente e coerente, perché per un cristiano che è arrivato non solo alla fede, ma anche all’intelligenza della fede, una prospettiva diversa non appare sostenibile. Già Leone XIII aveva dovuto fare i conti con una certa schizofrenia culturale serpeggiante anche nel mondo cattolico.
“Prevaleva infatti una duplice tendenza: l’una orientata a questo mondo e a questa vita, alla quale la fede doveva rimanere estranea; l’altra rivolta verso una salvezza puramente ultraterrena che però non illuminava la presenza sulla terra” (n.5).

L'Enciclica Rerum novarum dev'essere riletta, dopo 130 anni, con gli occhi di oggi per scorgere in essa la sua permanente e viva attualità. Essa ci insegna anche a rinnovare il nostro sguardo, a individuare tutte le «cose nuove» che nascono, sovente nel buio e nel disordine, per dar loro senso ed armonia. All'occhio umano, le sfide della nostra società sono cosi notevoli e complesse che saremmo portati a scoraggiarci e a disperare per l'uomo. Ma Dio è con noi, Dio resta il signore della storia. Il Vangelo è sempre nuovo: esso pone nelle nostre mani semi che non smettono di fecondare la terra per renderla più abitabile.

Gilberto Minghetti




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