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07/05/2021
Il vertice promosso dalla Presidenza portoghese ad Oporto
potrebbe essere l'occasione per i capi di Stato o di governo dell'UE e per le parti sociali di rilanciare il pilastro mancante: quello sociale

Nel bel mezzo della terza ondata della pandemia da Covid-19 che ha colpito il vecchio continente, la Commissione Europea ha presentato il Piano d'Azione del Pilastro Sociale, fissando obiettivi concreti su occupazione, competenze dei lavoratori e riduzione della povertà da raggiungere entro il 2030. Questo nuovo approccio rappresenta una iniziativa tempestiva dell'UE nel porsi programmi di sviluppo a lungo termine. Ma stabilire nuovi obiettivi senza gli strumenti necessari per conseguirli potrebbe portare al fallimento del Piano. Nel prosieguo argomenteremo che, per divenire un punto di svolta, il Piano d'Azione dovrebbe porre maggiore enfasi sullo sfruttamento del potenziale di crescita dell’occupazione, superando l’approccio dal lato dell'offerta nella promozione dell'occupazione prevalso finora ed essere più ambizioso nella riduzione della povertà. La nota positiva però è stata quella di porre l’occupazione al centro della strategia.

Nell'Unione Economica e Monetaria (UEM) la promozione nel contempo dell'occupazione e dell'equità richiede un mix completo di politiche macroeconomiche che contempli la politica fiscale (oltre alla spesa sociale), la politica monetaria e industriale. A dire il vero, gli strumenti legali e finanziari dell'UE per sostenere le politiche nazionali per l'occupazione sono limitati, come evidenzia la stessa entità del bilancio dell'UE, pari a circa l'1% del Reddito Nazionale Lordo Europeo complessivo. Le regole fiscali dell'UEM sono state progettate negli anni ‘90 in modo da incentivare gli Stati membri dell'UE ad abbandonare la gestione della politica economica dal lato della domanda ed a guardare al modello di crescita trainato dalle esportazioni, indipendentemente dal fatto che le strutture economiche a lungo termine dei Paesi consentissero o meno un tale cambiamento macroeconomico. Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere il fatto che i tassi di occupazione siano cresciuti più rapidamente nelle "economie di mercato coordinate" come Austria, Germania o Paesi Bassi, dove erano già in atto regimi di coordinamento salariale, innovazione e sistemi di formazione e addestramento dei lavoratori. Al contrario, l'adattamento al quadro dell'UEM si è dimostrato chiaramente più proibitivo per le "economie miste" di Francia, Italia o Spagna, che di solito facevano affidamento sulla politica fiscale espansiva e sulla svalutazione del tasso di cambio per ristabilire la loro competitività o combattere la disoccupazione.

La pandemia in corso è destinata a rafforzare le divergenze tra i Paesi dell'UE.  In questo contesto, è giunto il momento che il quadro politico dell'UE si rifaccia il look ed abbia la forza di promuovere la convergenza sugli obiettivi sociali ed economici: siano essi l'occupazione, la formazione e l’apprendimento lungo tutto l'arco della vita dei lavoratori o la riduzione della povertà. Il Piano d'Azione dell'UE, presentato lo scorso marzo, dice poco o nulla sul come il modello di crescita dell'UE ricalibrato dovrebbe contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo a lungo termine che si prefigge.  Non basta che il Piano faccia riferimento al Recovery Plan e alluda agli sviluppi (attesi da tempo) legati alla fantomatica politica industriale dell'UE. Tuttavia, le questioni più spinose rimangono senza risposta, o bene che vada vengono a malapena attenzionate. Ci sarebbe da chiedersi in che modo una revisione delle regole fiscali dell'UE potrebbe sostenere più efficacemente gli sforzi dei governi per stimolare la crescita dell'occupazione e come potrebbe cambiare l’operato della BCE per cercare di conseguire gli obiettivi per ora secondari della "piena occupazione e del progresso sociale". In proposito lascia sconcertati il vedere le istituzioni dell'UE fissare nuovi obiettivi di sviluppo per l'Unione senza preoccuparsi di ricalibrare gli strumenti a loro disposizione per sostenere il percorso verso questi obiettivi.

Attualmente, la mancanza di un approccio più globale da parte dell'Unione nel suo insieme rimane in netto contrasto con le politiche fiscali e monetarie recentemente implementate negli Stati Uniti. Negli ultimi mesi al di là dell’Atlantico, infatti, s’è verificato un cambio di paradigma per quanto riguarda la crescita dell'occupazione. Sulla spinta della pandemia da Covid-19, il neoeletto Presidente Joe Biden ha messo in campo un piano per l'occupazione da $ 1,9 trilioni, mentre la Fed ed il Tesoro hanno trovato convergenze nel mettere al primo posto dei loro obiettivi l’occupazione. Guardando, invece, al Piano d'Azione della Commissione Europea, sembra che questa sensibilità non abbia ancora varcato l'Atlantico, con le istituzioni dell'UE che sembrano essere ancora intrappolate nella loro architettura originaria.  Il modello ordoliberale radicato nelle strutture dell'UEM ereditato dagli anni ‘80 del secolo scorso è ancora a condizionare le scelte.   Mirare a scrivere una nuova pagina della storia europea fissando obiettivi di sviluppo è una buona scelta.  Ma per realizzarli bisognerà ricercare nuovi strumenti.

In proposito il vertice sociale di Oporto organizzato dalla Presidenza portoghese del Consiglio Europeo per la giornata di oggi e quella di domani potrebbe offrire l'opportunità per dare nuova linfa al dibattito tra gli Stati membri dell'UE su come raggiungere gli obiettivi di occupazione e di equità proposti dalla Commissione.  Questo vertice potrebbe essere l'occasione per i capi di Stato o di governo dell'UE, per le Istituzioni dell'UE, e per le parti sociali per rilanciare il pilastro mancante: quello sociale. Una mossa strategica potrebbe essere quella di sfruttare questa opportunità per aggiungere ulteriore chiarezza giuridica a favore della solidarietà e delle reti di sicurezza sociale a livello dell’UE. Gli obiettivi dell’occupazione dovrebbero essere fissati unitamente alle nuove regole di funzionamento dell’UEM. La qualità dei posti di lavoro creati dovrebbe farla da padrona rispetto alla quantità con l’obiettivo di riduzione della povertà che dovrebbe essere innalzato.

Pertanto, la perdurante incertezza sull’evoluzione della pandemia dovrebbe incoraggiare i leader dell’UE a fare un passo indietro rispetto agli obiettivi sull’occupazione e sulla povertà fissati dalla Commissione privilegiando il dibattito sulla revisione del quadro di Governance economica dell’UE. Queste discussioni dovrebbero iniziare chiarendo meglio le strategia di crescita dell’UE, anche attraverso l’introduzione di nuovi processi che contemplino un nuovo ruolo del bilancio comune dell’UE per riuscire a sfruttare al meglio il potenziale di crescita dell’occupazione dell’UE laddove esso sia maggiore. A nostro avviso solo quando un siffatto accordo verrà raggiunto, gli obiettivi fissati dalla Commissione non rimarranno scritti sulla sabbia ed il nuovo quadro economico e sociale europeo sarà in grado di contribuire in modo costruttivo all’audace dibattito sul futuro dell’Europa.

Marco Boleo
 




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