L’Europa si trova alle prese con un mondo polarizzato e in rapido mutamento, dominato dalla rivalità tra Cina e Stati Uniti. Nei trentacinque anni trascorsi dalla caduta del Muro di Berlino, l’Unione Europea – e il continente nel suo complesso – non è riuscita a elaborare una strategia vincente. L’uscita del Regno Unito dall’UE ha indebolito entrambe le parti, mentre le manovre di Vladimir Putin, l’invasione russa dell’Ucraina, l’ascesa della Cina e gli shock provocati da Donald Trump – soprattutto nel suo secondo mandato – hanno messo in luce le carenze strutturali del progetto europeo.
La Germania, guidata oggi dal Cancelliere Friedrich Merz, tenta di recuperare terreno e di orientare l’Europa verso un futuro più stabile. Tuttavia, le dimostrazioni di solidarietà economica e militare non bastano a nascondere le fratture di fondo che attraversano il Vecchio Continente. Resta dunque la domanda: quanto sono preparati gli europei ad affrontare le sfide che li attendono? Dopo cinquecento anni di predominio nella storia mondiale, la loro parabola discendente è davvero irreversibile? O l’Europa saprà reagire a Trump e Putin inaugurando una nuova stagione di resilienza?
A questi interrogativi risponde David Marsh, presidente dell’OMFIF, nel suo nuovo libro Can Europe Survive? The Story of a Continent in a Fractured World, che analizza l’evoluzione e le prospettive del continente.
Non è ancora troppo tardi per adottare misure correttive, come quelle raccomandate da Mario Draghi nel Rapporto sulla competitività del settembre 2024. Tuttavia, i progressi nella loro attuazione procedono con esasperante lentezza. Mentre l’Europa affronta la prova più dura dalla Seconda guerra mondiale, Marsh illustra come il continente possa ritrovare slancio e nuovi obiettivi per rafforzare i propri punti di forza. Tra le priorità, un rinnovato partenariato con il Regno Unito nei settori finanziario, commerciale e della sicurezza appare cruciale. La posta in gioco non potrebbe essere più alta: le mancanze del passato gravano come un pesante fardello sul futuro dei cittadini europei, minacciando di ridurre l’Europa a un ruolo marginale in un ordine mondiale sempre più spietato.
Basandosi su archivi inediti e oltre 150 interviste a protagonisti chiave, Marsh rivela come gli Stati Uniti abbiano avuto un controllo determinante sull’unificazione tedesca e sul collasso sovietico, fornendo inoltre prove della loro conoscenza anticipata della traiettoria russa e ucraina verso la guerra. Il libro svela anche aspetti poco noti sul funzionamento della Banca Centrale Europea, analizza la dipendenza energetica tedesca dalla Russia sotto la cancelliera Angela Merkel e ripercorre le tensioni statunitensi verso il “parassitismo” difensivo europeo in seno alla NATO.
Can Europe Survive? esplora dieci questioni cruciali:
-
le vere ragioni della Brexit e ciò che il premier Keir Starmer deve fare per garantire il successo del “reset” con l’UE;
-
i rischi delle politiche economiche di Trump e la sfida di rafforzare il ruolo internazionale dell’euro;
-
le difficoltà nei rapporti tecnologici con la Cina;
-
il danno alla reputazione britannica durante i governi Johnson e Truss;
-
l’ondata populista che mina Francia, Germania e ora anche il Regno Unito;
-
i fattori psicologici che spiegarono i primi successi di Putin nella diplomazia occidentale;
-
la persistente instabilità dell’Unione economica e monetaria;
-
i tentativi tedeschi di ricucire la partnership franco-tedesca;
-
le debolezze dei piani europei per l’“autonomia strategica”;
-
e infine, la necessità di una strategia a “geometria variabile” come chiave per il futuro dell’Europa.
L’allentamento delle rigide regole sul debito pubblico da parte della Germania all’inizio del 2025 – il più grande aggiustamento fiscale dai tempi dell’unificazione – non è avvenuto grazie a un’iniziativa europea, ma come risposta alla rielezione di Trump e alla sua ambiguità sulla sicurezza del continente. Come osserva David Cameron, “l’unione economica e monetaria sembrava funzionare a favore della Germania, abbassando di fatto il costo delle esportazioni, ma ora tutto si è rivoltato contro di loro: Putin, l’Ucraina, il gas, la Cina e Trump”.
Nel suo rapporto per la Commissione europea, Draghi ha tracciato un quadro impietoso: “Col tempo diventeremo inesorabilmente meno prosperi, meno uguali, meno sicuri e, di conseguenza, meno liberi di scegliere il nostro destino”. Pochissime delle sue raccomandazioni sono state attuate. A Rimini, nell’agosto 2024, Draghi ha esortato il continente a trasformarsi da “spettatore” a “protagonista”, ritrovando “unità d’azione” – e farlo “non quando le circostanze sono divenute insostenibili, ma ora, quando abbiamo ancora il potere di plasmare il nostro futuro”.
Secondo le parole del padre fondatore Jean Monnet, “l’Europa sarà forgiata nella crisi”. E in una crisi è esattamente dove si trova oggi. Ma può davvero sfruttare questa scossa per avanzare verso una maggiore unità? Difficile dirlo. Le crisi economiche degli ultimi vent’anni hanno eroso la fiducia reciproca, condizione essenziale per qualsiasi unione politica stabile. Più che rafforzare il progetto europeo, gli sconvolgimenti recenti sembrano aver alimentato nuove forze centrifughe.
L’Europa affronta ora sfide epocali – deglobalizzazione, demografia, decarbonizzazione, digitalizzazione, difesa e debito – mentre la persistente instabilità politica francese richiama alla mente la Quarta Repubblica pre-1958. Il declino è già irreversibile? Probabilmente no. Una comprensione più profonda degli errori compiuti dal 1989 in poi – come mostra il libro di Marsh – può ancora offrire una via d’uscita. Ma il tempo stringe, e l’Europa deve passare dalle parole ai fatti.