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15/04/2024
La Bce lascia i tassi invariati
L’inflazione ha continuato a ridursi, soprattutto per effetto dell’andamento più contenuto degli alimentari e dei beni.

Non scendono, per ora i tassi di interesse nell'area euro: come ampiamente atteso, ieri il Consiglio direttivo della Banca centrale ha mantenuto i livelli fissati a settembre con una aggressiva manovra di inasprimento volta a contrastare l'alta inflazione. Il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento resta al 4,50%, il tasso sulle operazioni marginali al 4,75% e quello sui depositi delle banche commerciali presso la stessa Bce al 4%. Non esistono ancora le condizioni per far scendere i tassi: secondo la presidente, Christine Lagarde, l'economia dell'area euro «è rimasta debole nel primo trimestre», con il settore terziario solido e la manifattura alle | prese con domanda e produzione deboli. Tuttavia, «i dati indicano una graduale ripresa nel i corso di quest'anno», grazie alla ripresa dei salari reali e all'export. Uno scenario che indica un ottimismo di fondo: la direzione è chiara, anche se «non ci stiamo impegnando preventivamente su un percorso specifico di riduzione », del costo del denaro, ha dichiarato Lagarde. «Se i dati continueranno a muoversi nella direzione della disinflazione allora vi sarà ulteriore progresso nel percorso che intraprenderemo. In ogni caso rimarremo strettamente dipendente dai dati», ha altresì ribadito la presidente Bce, rivendicando l'indipendenza dalle decisioni della Fed. Negli Usa la risalita dell'inflazione allontana le prospettive di un taglio dei tassi: «Ho detto in passato che siamo legati ai dati e non alla Federai Reserve» anche se «ovviamente qualunque cosa che accada» sul mercato statunitense «ci interessa e se ne terrà conto nelle previsioni che aggiorneremo a giugno. Gli Stati Uniti sono un mercato molto grande e un polo finanziario globale - ha spiegato - tutto questo si incorpora nelle nostre previsioni». Già ieri, comunque «alcuni, pochi» componenti si sentivano abbastanza fiduciosi da procedere con un primo taglio dei tassi, ma poi si sono "allineati" con una ampia maggioranza di governatori, che vogliono vedere ulteriori elementi per sentirsi abbastanza fiduciosi sul calo dell'inflazione prima di procedere a un taglio.

L'obiettivo dichiarato, cioè riportare l'inflazione al 2%, non è lontano: a marzo è arrivata a 2,4% nell'area euro, e ora «è attesa fluttuare nei prossimi mesi per poi muoversi al nostro target» del 2%. L’inflazione ha continuato a ridursi, soprattutto per effetto dell’andamento più contenuto degli alimentari e dei beni. Le misure dell’inflazione di fondo stanno perlopiù diminuendo, la crescita dei salari registra una graduale moderazione e le imprese stanno assorbendo parte dell’incremento del costo del lavoro con i loro profitti. Le condizioni di finanziamento rimangono restrittive e i precedenti rialzi dei tassi di interesse continuano a incidere sulla domanda, contribuendo al calo dell’inflazione. In sostanza il board della Bce sta affermando di essere certo che l’inflazione stia convergendo verso l’obiettivo, ma che per iniziare la riduzione dei tassi ha bisogno di “accrescere ulteriormente la sua certezza”. In attesa dei dati di giugno, al momento il Consiglio direttivo si aspetta di raggiungere l'obiettivo a metà 2025: ci saranno fluttuazioni, ma quello che ci dicono le previsioni è che avremo questi dossi sulla strada, ma raggiungeranno il target al 2% a metà 2025. Per di più non si aspetterà che tutti i dati tornino al 2% prima di una decisione sui tassi. È inevitabile che alcuni beni e settori saranno ancora sopra gli obiettivi previsti, quando si deciderà il primo taglio. Infine, la conclusione della presidente BCE è orientata a continuare a operare sulla base di tre criteri: restando attenti ai salari, agli utili delle imprese, affinché assorbano gli aumenti dei salari, e anche molto attenti alla produttività, che è attesa migliore nel 2024. Cosa accadrebbe se i Governi dicessero alla Commissione Ue che “non intendono vincolarsi a un particolare percorso di riduzione” del disavanzo in rapporto al Pil dato che seguono un “approccio guidato dai dati” (sulla crescita economica) che però al momento non sono ancora noti? Insomma, la riscoperta dell’inflazione da parte dei mercati non è dovuta al fatto che il mondo è improvvisamente diventato più brutto, ma all’insostenibilità di una narrazione a tinte rosa che raccontava un mondo che non c’era. L’inflazione, in America, ha smesso di scendere nove mesi fa, ma i mercati, ipnotizzati dall’inflazione anno su anno e ignari dell’inflazione corrente annualizzata, continuavano a ipotizzare una tendenza discendente inarrestabile.

Gilberto Minghetti




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