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10/04/2024
L'attualità della Pacem in terris
L'enciclica fissava dei «principi fondamentali» che devono presiedere a ogni discussione e restano validi ancora oggi.

Molte sono le minacce contro la pace; innumerevoli i segni di ingiustizia diffusi nel mondo; tante le situazioni di conflitto, spesso dimenticate, ancora in atto sulla terra; crescenti gli episodi di terrorismo che diffondono paura e insicurezza. Di fronte a queste situazioni risuona ancora una volta, con tutta la sua freschezza e la sua carica profetica, l’appello di Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in terris a fondare l’edificio della pace sui quattro “pilastri” della verità, della giustizia, dell’amore, della libertà Papa Roncalli scrisse la sua enciclica in un particolare contesto storico. I più anziani la ricordiamo bene l’epoca dell’Enciclica "Pacem in Terris". Era l’apice della cosiddetta "guerra fredda". Alla fine del 1962 l’umanità si era trovata sull’orlo di un conflitto atomico mondiale, e il Papa elevò un drammatico e accorato appello di pace» di cui si può dire, a cinquantun anni di distanza, che portò frutti e contribuì a evitare che la Guerra fredda degenerasse in una guerra atomica davvero apocalittica. È giusto ricordare il contesto storico dall'enciclica. Ma occorre anche leggerla, e accorgersi che intendeva rispondere alla domanda: «Ma qual è il fondamento della costruzione della pace?». La risposta di Papa Giovanni XXIII è molto esigente: la vera pace viene da Dio perché l'uomo stesso viene da Dio. Oggi rievocando la "Pacem in terris" la si vuole ricordare a tutti come base e fondamento della pace, declinando uno spazio nuovo che consiste nell’origine divina dell’uomo, della società e dell’autorità stessa. La conferma di ciò la dichiara anche Papa Francesco quando afferma che “Non solo l'uomo come singolo viene da Dio. Anche la società viene da Dio. E anche l'autorità, secondo un insegnamento tradizionale che è al cuore della dottrina sociale della Chiesa, viene da Dio”.

Se non ci si concentra su questo fondamento della dottrina sociale, non si capisce in profondità perché la Chiesa chieda di tirarne due conseguenze e conferma di «promuovere e praticare la giustizia, con verità e amore; contribuire, ognuno secondo le sue possibilità, allo sviluppo umano integrale; quindi lo sviluppo deve essere «integrale»: e la giustizia, praticata con amore, deve rispondere al parametro della verità. Questo insegna la «Pacem in terris». Tuttavia, se si guarda la nostra realtà attuale mi chiedo se abbiamo compreso questa lezione della "Pacem in terris". Non solo, ma fino a che punto Mi chiedo se le parole giustizia e solidarietà sono solo nel nostro dizionario o tutti operiamo perché divengano realtà. L’Enciclica del Beato Giovanni XXIII ci ricorda chiaramente che non ci può essere vera pace e armonia se non lavoriamo per una società più giusta». Questa giustizia ha sempre - secondo l'enciclica - la stessa radice: tutto parte dal «richiamare l’origine divina dell’uomo, della società e della stessa autorità. Dal fatto che l'uomo è stato creato da Dio deriva «una conseguenza di base: il valore della persona, la dignità di ogni essere umano, da promuovere, rispettare e tutelare sempre. E non sono solamente i principali diritti civili e politici che devono essere garantiti - afferma il Beato Giovanni XXIII - ma si deve anche offrire ad ognuno la possibilità di accedere effettivamente ai mezzi essenziali di sussistenza, il cibo, l’acqua, la casa, le cure sanitarie, l’istruzione e la possibilità di formare e sostenere una famiglia. Questi sono gli obiettivi che hanno una priorità inderogabile nell’azione nazionale e internazionale e ne misurano la bontà. Da essi dipende una pace duratura per tutti. Il nostro Movimento è sempre sensibile al principio di solidarietà, uno dei due pilastri della dottrina sociale della Chiesa, ma non si dovrà dimenticare un altro secondo pilastro, il principio di sussidiarietà, per cui lo Stato non deve invadere gli spazi dei corpi intermedi, delle realtà locali, delle associazioni.

Guai se cercassimo nell'enciclica ricette e decisioni pratiche che vanno lasciate alla responsabilità dei governanti e dei laici in genere. «L’enciclica non intendeva affermare che sia compito della Chiesa dare indicazioni concrete su temi che, nella loro complessità, devono essere lasciati alla libera discussione. L'enciclica fissava dei «principi fondamentali» che devono presiedere a ogni discussione e restano validi ancora oggi, e un invito ai governanti a rispettare l'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio e a rispettare la verità. Oggi «la a crisi economica mondiale è un sintomo grave della mancanza di rispetto per l’uomo e per la verità con cui sono state prese decisioni da parte dei Governi e dei cittadini». Che questa crisi sia «inumana», ha ribadito spesso Papa Francesco, lo mostra purtroppo le tante tragedie che affliggono il vicino Mare Mediterraneo «una vergogna» che ci induce a riflettere sulle conseguenze della sufficienza con cui la politica ha trascurato e ignorato gli ammonimenti della dottrina sociale della Chiesa. Come disse Giovanni Paolo II, «diventa sempre più urgente annunciare il “Vangelo della pace” ad un’umanità tentata fortemente dall’odio e dalla violenza. Occorre moltiplicare gli sforzi. Non ci si può fermare di fronte agli attacchi del terrorismo, né davanti alle minacce che si levano all’orizzonte. Non bisogna rassegnarsi, quasi che la guerra sia inevitabile». Siamo certi che la pace nasce e cresce nel cuore degli uomini. Per renderla “inevitabile”, occorre dunque che sia cambiato il cuore dell’uomo: solo Dio, nel suo amore misericordioso, lo può fare ed il Beato Giovanni XXIII, ci aiuterà.

Gilberto Minghetti




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