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04/04/2024
La ‘normalizzazione’ della politica monetaria
Lo strumento principale per attuare la politica monetaria è ancora una volta il livello dei tassi di interesse.

Nel corso degli ultimi quindici anni, la conduzione della politica monetaria ha subito numerosi e profondi cambiamenti. A partire dalla grande crisi finanziaria del 2008, numerose Banche Centrali (BC) hanno introdotto nella loro scatola degli attrezzi alcuni strumenti innovativi che vanno sotto il nome di ‘politiche non convenzionali’: i) acquisti di attività finanziarie su larga scala, ii) programmi di prestito a lungo termine e iii) tassi di interesse negativi. Queste innovazioni sono state introdotte per affrontare gli ostacoli della politica monetaria convenzionale derivanti dal limite inferiore a zero per i tassi di interesse, in un contesto macroeconomico caratterizzato da livelli di inflazione molto bassi, spesso ben al di sotto dell’obiettivo del 2% adottato da diverse BC in tutto il mondo. Dato che i tassi ufficiali sono rimasti vicini allo zero per molti anni, lo strumento principale per attuare la politica monetaria è stata la dimensione del bilancio delle banche centrali (che si è dilatato), piuttosto che il livello dei tassi di interesse, che in passato rappresentava lo strumento principale nell’attuazione della politica monetaria. Nel contempo anche la politica di comunicazione delle BC è generalmente cambiata, con l’adozione dell’approccio basato sulla ‘forward guidance’. L’obiettivo era quello di condizionare coi propri annunci, le aspettative dei mercati sui livelli futuri dei tassi d’interesse che determineranno il costo futuro del denaro. Il forte (e in gran parte inaspettato) aumento dell’inflazione a partire dal 2021, insieme alla ripresa dalla crisi pandemica da Covid-19, hanno condotto quasi tutte le BC ad abbandonare le politiche di allentamento quantitativo (Quantitative Easing, QE) e ad aumentare il livello dei tassi di interesse ben al di sopra dello zero. Il ridimensionamento dei bilanci delle BC ed il ritorno a livelli (nominali) positivi dei tassi di interesse segnano la “normalizzazione” della politica monetaria. Lo strumento principale per attuare la politica monetaria è ancora una volta il livello dei tassi di interesse. Tuttavia, il modo in cui questo obiettivo operativo viene raggiunto non è il vecchio schema di ‘direzione del tasso di interesse’. Trattasi, invece, di una ‘nuova normalità’ che combina alcune caratteristiche del vecchio schema con altre ereditate dall’era del QE. In effetti, le misure non convenzionali hanno lasciato un’eredità duratura nell’arte della conduzione della politica monetaria influenzando lo schema operativo della politica monetaria per gli anni a venire. Un libro recente di Angelo Baglioni (Monetary Policy Implementation.

Exploring the 'New Normal' in Central Banking, palgrave macmillan) illustra con efficacia come queste innovazioni abbiano cambiato, e forse migliorato, le tecniche utilizzate per attuare la politica monetaria. L'attenzione dell’autore, professore di economia monetaria all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, si concentra sullo schema operativo, ovvero sugli strumenti utilizzati per modificare l'orientamento della politica monetaria, in risposta alle indicazioni provenienti dalla strategia e dalle informazioni sulle variabili economiche rilevanti. Con poche eccezioni la letteratura macroeconomica si è concentrata solo sulle questioni strategiche legate alla politica monetaria, vale a dire i suoi obiettivi finali e la funzione di reazione della Banca Centrale. Un esempio è la regola di Taylor, che collega il vuoto di Pil (l’output gap), e il vuoto d’inflazione (inflation gap) al livello generale dei tassi di interesse. Questo approccio però lascia senza risposta una domanda fondamentale: in che modo la BC influenza il livello dei tassi di interesse nel mercato finanziario? Più precisamente, come può la BC mantenere il tasso del mercato monetario in linea col proprio obiettivo? Questo tema e altri, che spesso rimangono ‘sotto il tappeto’ nell’economia monetaria, devono essere analizzati. Lo schema operativo non può essere percepito solo come una questione puramente tecnica, che interessa solo ai Banchieri Centrali. Dovrebbe esserci, invece, più consapevolezza sulle modalità con le quali viene attuata la politica monetaria, per essere in grado di valutare e confrontare le opzioni disponibili. Naturalmente, le operazioni delle BC influenzano il mercato monetario e quindi la gestione della liquidità delle banche e di altri intermediari finanziari. Il dibattito in corso sulla ‘normalizzazione’ mostra che le diverse opzioni sul tavolo hanno diverse implicazioni, in termini di efficacia ed efficienza dell’attuazione della politica monetaria, e anche per la stabilità finanziaria. Considerato che le politiche di bilancio, e il processo di uscita da esse, hanno importanti conseguenze per l’assetto istituzionale e l’indipendenza delle BC, legate alla gestione dell’enorme portafoglio di titoli (acquistati nell’era del Quantitative Easing) ancora nelle mani delle BC di tutto il mondo. Ma di questo ci occuperemo in un’altra occasione.

 

Marco Boleo




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