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20/05/2023
Il lavoro che cambia
Le mansioni richieste ai lavoratori e le retribuzioni loro offerte tenderanno ancora di piĆ¹ a polarizzarsi.

In occasione del suo discorso per il Primo Maggio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha auspicato che il lavoro dovrebbe essere non soltanto il motore della crescita economica, come mero fattore produttivo, ma anche della coesione sociale. Di strada in Italia però ne dobbiamo percorrere ancora molta per raggiungere questo obiettivo. Abbiamo bisogno di un Governo, di una opposizione e di parti sociali lungimiranti. Ma finora nessuno ha scommesso sul futuro. Tutti sono rimasti in trincea a difendere le posizioni acquisite. Il mercato del lavoro cambia e le persone devono essere aiutate a sfruttare questi cambiamenti e non a subirne solo i risvolti negativi. Dove sta andando il mercato del lavoro? Gli addetti ai lavori sono concordi sullo scenario della dicotomizzazione già in atto da tempo e che si accentuerà. Le mansioni richieste ai lavoratori e le retribuzioni loro offerte tenderanno ancora di più a polarizzarsi. Da un lato avremo quelle più semplici e meno pagate mentre dall’altro quelle più complesse e con retribuzioni più elevate. I fattori che spingono verso la polarizzazione sono l’introduzione di nuove tecnologie e la scelta da parte delle imprese di tecniche produttive e di organizzazione della forza lavoro più profittevoli. Quasi sicuramente un siffatto scenario potrà portare ad un Pil in crescita e potenzialmente ad un benessere collettivo più elevato da redistribuire.

Ma nessuno ha la certezza che ciò possa verificarsi e quale sarà la sua tempistica. E Governo e parti sociali tendono a rimanere in trincea. Ci sono, infatti, coloro che prevedono una maggioranza di lavoratori poco qualificata e con bassi redditi imprigionata nella ‘gig economy’ ed una restante minoranza super pagata e gratificata. Ma questo scenario se fosse temporaneo e accompagnato da politiche attive del lavoro potrebbe avere un risvolto positivo. Nel quale i lavori meno complessi e scarsamente retribuiti potranno essere solo una fase temporanea o sussidiaria o complementare per molti nell’arco della loro vita lavorativa. I lavori più complessi e meglio retribuiti sono opportunità aperte a molti se non a tutti se ci sono politiche attive del lavoro che migliorino il ‘mismatch’ tra domanda ed offerta. I politici sia al governo che all’opposizione e le parti sociali piuttosto che vagheggiare improbabili controlli statali del progresso tecnologico, per evitare gli effetti negativi sul mercato del lavoro, dovrebbero dedicarsi ad elaborare ricette che favoriscano questa prospettiva con una riforma del welfare. L’Italia ha consolidato negli anni un welfare basato su una previdenza generosa, su discutibili pensioni di invalidità, sulla cassa integrazione in deroga, e su altalenanti politiche locali ecc. Quello che il sociologo Luca Ricolfi ha definito un “welfare arlecchino”: un sistema distante anni luce da quelli adottati nella quasi totalità dei paesi europei e che non aiuta ad assecondare i mutamenti economici e sociali in atto.

Marco Boleo




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