PRIMO PIANO
23/03/2023
Lo sforzo necessario per la crescita economica
Il contributo della politica fiscale, monetaria e dei redditi potrebbe sostanzialmente contribuire ad evitare il surriscaldamento della domanda.

Carlo Azeglio Ciampi durante il suo mandato da Governatore della Banca d’Italia amava ripetere che l’autonomia delle Banche Centrali, il rafforzamento delle procedure di bilancio e un codice di contrattazione collettiva sono un prerequisito per la stabilità monetaria. Necessaria per il risparmio e l'accumulazione. Mai come nella stagione che stiamo vivendo è attuale la sua lezione. Durante la pandemia da Covid-19, gli interventi in giro per il mondo delle Banche Centrali, così come le misure fiscali dei Ministeri dell’Economia, sono stati fondamentali per sostenere le famiglie e le imprese e per alleviare le tensioni nei mercati finanziari. La consistenza degli interventi potrebbe essere sicuramente oggetto di discussione (come avvenuto anche su questo blog) e, col senno di poi, potrebbe essere stata eccessiva in alcune economie come negli Usa, o forse avrebbe dovuto essere interrotta un po' prima. Tuttavia, le Banche Centrali e le Autorità Fiscali sono state fondamentali per evitare che una crisi temporanea innescasse distruzioni permanenti dal lato dell'offerta aggregata e creasse cicatrici di lunga durata nella domanda aggregata, in condizioni di estrema incertezza. Attualmente siamo di fronte a una nuova situazione critica e alla rinascita come l’araba fenice di un personaggio che molti pensavano fosse uscito di scena per sempre, nel nuovo contesto di mercati globalizzati, progresso tecnologico continuo e Banche Centrali indipendenti. Compare di nuovo un'inflazione non trascurabile, frutto sia della ripresa della domanda finale che ha incontrato strozzature nell'offerta, sia dell'impennata senza precedenti dei prezzi dell'energia, causata dai preoccupanti sviluppi geopolitici culminati nella drammatica aggressione dell'Ucraina da parte della Russia. Il primo fattore è stato particolarmente all’opera nell'economia degli Usa; mentre il secondo ha svolto un ruolo cruciale in Europa, dove la dipendenza dalle importazioni di gas naturale e di altri combustibili fossili dalla Russia era particolarmente elevata. Entrambi hanno portato ad un inasprimento della politica monetaria per contrastare la fiammata inflazionistica che ne è derivata. Nell'Eurozona ciò ha avuto soprattutto lo scopo di contrastare la probabilità di effetti di ‘secondo impatto’ (dai prezzi dell’energia, cui soprattutto si deve l’aumento dell’inflazione, a salari e margini di profitto) a seguito di uno shock dal lato dell’offerta così rilevante. Ma ad avviso del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e di altre colombe presenti nel direttivo della Banca Centrale europea (BCE), è ancora troppo presto per sentenziare che vi sia una tendenza a un'inflazione relativamente elevata a radicarsi nelle negoziazioni salariali e nella formazione dei singoli prezzi alla produzione e al consumo.

In effetti, nel complesso, le aspettative di inflazione sembrano essere rimaste ben ancorate e le Banche Centrali sono pienamente impegnate a garantire la stabilità dei prezzi. Tuttavia, l'esperienza degli anni '70 e '80 del secolo breve suggerisce che un esplicito raggiungimento di questo obiettivo dipende anche dalle strategie aziendali delle imprese, da accordi responsabili sul costo del lavoro (politica dei redditi) e da politiche fiscali prudenti dal lato della domanda (ma sufficientemente favorevoli alle condizioni dell'offerta). I prerequisiti cari a Carlo Azeglio Ciampi. Lo shock energetico ha, infatti, provocato una variazione delle ragioni di scambio, una ‘tassa’ sull'economia dell'Eurozona che non può essere rispedita al mittente e non può essere ‘traslata’ attraverso quella che diventerebbe una rincorsa infruttuosa tra prezzi e salari, una spirale alla quale la politica monetaria reagirebbe prontamente, né attraverso aumenti eccessivi e permanenti del debito pubblico (politica fiscale ultra-espansiva), che graverebbero sulle generazioni più giovani e future. Per sopperire alla perdita di potere d'acquisto, l'unica soluzione potrebbe essere quella di puntare su una crescita sostenuta della produttività, anche se ovviamente non vanno escluse misure fiscali mirate e temporanee per alleggerire il carico sulle famiglie e sulle imprese più colpite. Se l'attuale riduzione dell'inflazione complessiva, che riflette il ritorno dei prezzi del gas in Europa a livelli più moderati, fosse seguita da una tendenza simile, anche se ritardata, dell'inflazione di fondo, lo shock dell'offerta si sarebbe rivelato temporaneo, anche se più duraturo del previsto, anche quale ulteriore conseguenza negativa dei drammatici avvenimenti in Ucraina. Ma questo è ovviamente troppo presto per dirlo. Il Governatore Visco ha sostenuto nel ‘Warwick Economic Summit 2023’ dell’11 febbraio scorso che l'estrema incertezza che stiamo attraversando oggi deve inevitabilmente implicare, per il momento, un continuo inasprimento della politica monetaria per evitare la possibilità che rilevanti ‘effetti di secondo impatto’ (che si verificano quando gli agenti trasferiscono l'impatto inflazionistico degli effetti diretti e indiretti alla fissazione dei salari e dei prezzi, portando potenzialmente ad una spirale salari-prezzi) si propaghino in tutta l'Eurozona. Tuttavia, questa stessa incertezza suggerisce anche di muoversi con gradualità e prudenza, con i tassi ufficiali di sconto (tassi d’interesse) che continuano a salire in modo progressivo ma misurato, sulla base dei dati in arrivo e del loro utilizzo nella valutazione delle prospettive di inflazione.

Noi crediamo, invece che si debba essere anche molto cauti nel fornire una valutazione quantitativa degli effetti del preferire l'uno o l'altro dei due opposti rischi: di fare troppo o troppo poco. Alla luce anche dei recenti fallimenti bancari. Sembra ragionevole, infatti, che non ci siano ragioni a priori per preferire di sbagliare da una parte o dall'altra. Ecco perché le Banche Centrali hanno messo da parte gli annunci vincolanti (forward guidance) e vivono alla giornata aspettando di conoscere i dati e l’evolversi dell’instabilità finanziaria alimentata dal rialzo dei tassi d’interesse. Il quadro monetario è, infatti, attualmente incentrato sull'obiettivo simmetrico di un'inflazione complessiva del 2 per cento da mantenere nel medio termine. Se dovessero manifestarsi segnali di una spirale salari-prezzi e se le aspettative di inflazione dovessero divenire insufficientemente ancorate, sarebbe certamente giustificato un ulteriore e significativo inasprimento della politica monetaria. Non crediamo, tuttavia, che dovremmo affidarci esclusivamente alla politica monetaria. Il contributo di tutte le politiche, comprese forse alcune nuove versioni di formule di politica dei redditi, potrebbe sostanzialmente contribuire a evitare il surriscaldamento della domanda ed una più lenta discesa dell'inflazione. Ci sono prove significative che questo ha funzionato bene in alcuni paesi in una fase cruciale della loro storia. Italia in primis negli anni ‘90 del secolo breve. La politica dei redditi è uno strumento per raggiungere una crescente equità nella distribuzione del reddito mediante il contenimento dell'inflazione e dei redditi nominali. Per promuovere altresì la crescita economica e quella occupazionale attraverso l’allargamento della base produttiva ed una maggiore competitività del sistema economico e produttivo.

Marco Boleo




Via Luigi Luzzatti 13/a - 00185 ROMA - Tel +39-06-7005110 - Fax +39-06-77260847 - [email protected]
2012 developed by digitalset digitalSet