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01/12/2022
La scuola tra merito e meritocrazia
La discussione si รจ soffermata sul concetto di meritocrazia che ben distorce quelli di merito e meritevole.

Ha fatto scalpore la notizia che il Ministero dell’istruzione sia chiamato anche del merito. Non sarebbe una novità solo se si pensasse che anche la Carta costituzionale all’articolo 34 recita: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore impartita per otto anni (col tempo portata a sedici) è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. La discussione avviatasi si è soffermata sul concetto di meritocrazia che ben distorce quelli di merito e meritevole. Consultando diversi dizionari della lingua italiana, il merito è definito come ciò che rende una persona meritevole di un premio; nel caso della scuola consiste nel voto, o giudizio, sul profitto, che il docente assegna ad un alunno. Ma da cosa è dato il profitto? Da alcuni obiettivi che la scuola individua in seno al Collegio dei docenti: conoscenza degli argomenti, esposizione in corretta lingua italiana, capacità di esprimere concetti in maniera logica, capacità di confronti fra argomenti e di approfondimento individuale; seguono, poi, gli obiettivi delle singole discipline che completano il percorso degli studi. All’interno di tale percorso l’allievo merita un giudizio ed è meritevole di “raggiungere i gradi più alti dell’istruzione”.

In tal senso, dunque, il cittadino che si è formato nella scuola andrà ad occupare la posizione sociale in base alle conoscenze e alle competenze apprese e che sfrutta nel mondo della divisione del lavoro, indipendentemente dall’origine sociale, del genere o l’appartenenza etnica. Ecco, dunque, che la scuola diventa “l’Istituzione” essenziale per infondere nel cittadino il forte senso della responsabilità personale, del rendimento e dell’impegno sul lavoro, accompagnato dall’apprendimento delle nuove tecnologie multimediali che la scienza mette a disposizione. Non è un caso che tutte le Università italiane lamentino che gli studenti non sappiano esprimersi correttamente, o fornire un senso logico alla discussione intrapresa. Nel momento in cui, invece, si desse alla scuola il compito di formare il cittadino-lavoratore, già preconfezionato per il mondo del lavoro, il merito si deforma in meritocrazia (capace o non capace di effettuare quel lavoro?), e in tal guisa la scuola sarebbe succube di un’ideologia dominante che imporrebbe la formazione di un “prodotto”, piuttosto che di un “cittadino”. La storia ci ha dato tanti esempi in cui l’ideologia ha distorto il valore degli studi, assimilandoli all’accettazione di un uomo solo al comando o di un gruppo di tecnocrati che vorrebbero persone cieche e silentemente obbedienti al sistema sociale imposto.

Alberto Fico




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