PRIMO PIANO
18/11/2022
Non ci sono alternative
Negli ultimi mesi sia l'euro che la sterlina si sono deprezzati rispetto al dollaro.

Non ci sono alternative L’acronimo anglosassone TINA (There is no alternative) è l’espressione più democratica per un Governo perché lo sottopone all’unico vincolo che conta per un buon Governo di einaudiana memoria: quello di mercato che attraverso la scarsità delle risorse (soggette ad utilizzi alternativi) pone chiunque di fronte al vincolo di bilancio ed a scelte divisive. Di fronte a ciò non ci sono discriminazioni insopportabili ma soltanto buone o cattive allocazioni delle risorse da compiere. Quanto più un Governo mette la testa sotto la sabbia fuggendo da questo principio, per le più svariate ragioni, tanto più tende a raccontare ai propri elettori una favola (realtà) che non esiste, ma che loro amano sentirsi raccontare, per essere in genere rieletto alle elezioni successive. In base ai sondaggi si indirizzano le scelte. Insomma se questo processo così sommariamente descritto ha un andamento fisiologico, nulla da eccepire, ma quando il suo profilo diviene patologico posso sorgere grossi problemi. I Governi tendono a nascondere problemi seri che richiedono misure appropriate e tempestive, che nella maggior parte dei casi si concretizzano nell’aumentare la produttività o mantenere i conti in ordine. Ma siccome questo è poco gradito agli elettori i Governi cercano di comprare tempo. Ma quanto più il tempo scorre, tanto più i problemi si aggravano e le soluzioni diventano sempre più dolorose. Il compianto Rudiger Dornbusch amava ripetere che: “il mondo è pieno di persone che propongono soluzioni facili, quasi sempre sbagliate”. Il crinale scelto è quello del populismo. Definito dallo stesso R. Dornbusch insieme a Sebastian Edwards: “… un approccio che insiste su crescita [di breve periodo] e redistribuzione e guarda meno ai rischi di inflazione e di deficit, ai condizionamenti esterni ed alla relazione dei soggetti economici, a politiche aggressive, [e si situa] fuori da logiche di mercato”. Guardando al continente europeo abbiamo due esempi a portata di mano. Quello italiano da almeno trent’anni e quello del Regno Unito dall’ultimo lustro.

Va detto subito che per la qualità delle politiche ci sono due alternative: a) un riscontro immediato (aumento dello spread, fughe di capitali, e svalutazione) sui propri errori di policy o b) avere qualcuno dall’esterno (nel caso dell’Italia lo scudo dell’euro, il Quantitative Easing della Bce divenuto nel frattempo TPI, e PNRR dell’Unione Europea) che li finanzia e li perpetua, incentivando l'irresponsabilità governativa. Il Regno Unito dovendosela cavare da solo ha messo subito da parte le velleità keynesiane alla Truss. Mentre il Governo Meloni sembra voler ancora fare affidamento sul backstop di Bruxelles e di Francoforte sul Meno col suo sovranismo accattone e di ricatto: l’Italia è ‘troppo grande per fallire’. Nel caso ciò dovesse accadere potrebbe venir giù tutta l’architrave dell’euro. Per ora la strategia sta funzionando. Potrebbero stufarsi però. Ma l’azzardo morale finanziato dall’Europa ha due facce come il Giano bifronte: nel breve termine il backstop elimina il rischio e genera bonanza, creando l’illusione che non ci sono problemi; nel lungo, invece, le scelte di policy prese senza considerare i rischi provocano stagnazione, instabilità, inefficienza, e fragilità. Negli ultimi mesi sia l'euro che la sterlina si sono deprezzati rispetto al dollaro. Del resto la forza del dollaro deriva dalle scelte della Federal Reserve che sta aumentando i tassi di interesse, perché gli USA possono permettersi entro certi limiti di combattere l'inflazione. Mentre il Regno Unito ha accentuato al ribasso il declino comune con l'euro con un deficit spending mostruosamente grande, fatto essenzialmente per comprare voti in una fase di crisi inflazionistica. Ora dal punto di vista macroeconomico, va tenuto presente che: 1) Gli stimoli fiscali hanno effetto nullo o quasi sul Pil oltre un orizzonte temporale di pochi mesi; 2) tenere i tassi bassi produce pressione inflazionistica, e fa fuggire i capitali dove i tassi sono maggiori, e svaluta la moneta; 3) gli stimoli fiscali in assenza di capacità produttiva inutilizzata si scaricano solo sull’inflazione; e 4) i tagli fiscali non producono abbastanza crescita del Pil da essere a costo zero, proprio perché il moltiplicatore della spesa pubblica è molto basso (inferiore ad 1).

Insomma, la miscela di politiche keynesiane sul lato domanda e quelle sul lato offerta (flat tax finanziata in deficit) si basa su teorie macroeconomiche wodoo. Per ora il Regno Unito sembra essere in una posizione di debolezza nella politica economica rispetto all'Eurozona, che non può permettere politiche monetarie eccessivamente restrittive perché altrimenti i paesi ad elevato debito pubblico (Italia in testa) andrebbero in default. Ma il Regno Unito che sta investendo ancora di più nel nucleare, nelle trivelle, nello shale oil, risolverà prima o poi il problema energetico (cosa che non vedo in atto in molti paesi europei) e questo potrebbe consentirgli di avere delle politiche energetiche migliori. Il Tina non consente ai Governi di avere troppa fantasia nelle policy. Ci sono dei vincoli. Non va dimenticato infatti che: i) combattere l'inflazione è una manovra recessiva, ma necessaria; ii) i problemi sociali prodotti dall'inflazione e la crisi energetica hanno un impatto reale su famiglie e imprese; iii) vi è uno spazio fiscale residuo per politiche sociali, perché gran parte degli Stati è già troppo indebitata; iv) l’inflazione ha più cause, con alcune che si trascinano da almeno due lustri e che richiedono politiche lungimiranti, come investire in fonti energetiche alternative, e ridurre gli stimoli monetari; v) a livello globale c'è un problema di fragilità finanziaria dovuto al ‘moral hazard’ prodotto dalle politiche monetarie espansive, un po' rientrato dopo la crisi del 2011, ma ancora preponderante; e vi) numerosi Stati possono permettersi un sistema previdenziale a capitalizzazione solo se gonfiano i mercati finanziari per creare quotazioni irrazionali dei titoli, segno che c'è un problema di sostenibilità di lungo termine. Altrimenti si ridurrebbe la capitalizzazione con conseguente decurtazione degli assegni pensionistici.

Marco Boleo




Via Luigi Luzzatti 13/a - 00185 ROMA - Tel +39-06-7005110 - Fax +39-06-77260847 - [email protected]
2012 developed by digitalset digitalSet