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27/11/2013
'Evangelii Gaudium'
'Cristo ci invia a portare la gioia del Vangelo a tutto il mondo'

“La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento” (n.1). Così inizia Evangelii Gaudium, l’esortazione apostolica di Papa Francesco. La gioia dell’incontro con Gesù – il titolo in castigliano, la lingua in cui il documento è stato scritto, è ancor più eloquente: “Alegrìa del Evangelio” – è il centro di questa vera e propria road map del Pontefice, che può essere riassunta con le parole affidate all’account twitter di Papa Francesco: “la Chiesa è missionaria. Cristo ci invia a portare la gioia del Vangelo a tutto il mondo”. 

Infatti, la Chiesa di cui parla il Papa è una Chiesa con le porte sempre aperte, è una Chiesa “in uscita” verso le periferie esistenziale, è una Chiesa che non cresce per il potere ma per la capacità di attrarre, è una Chiesa che non cerca l’egemonia ma che è tutta rivolta alla testimonianza. Il Papa ci chiede di ripartire dal cuore della fede cristiana, di guardare all’essenziale, di non farci travolgere dall’ansia dell’organizzazione. Ma ancor prima il Papa ci chiede di non indugiare nella tristezza, di non “avere uno stile di Quaresima senza Pasqua” (n.6), di non accampare scuse  o recriminazioni (pur riconoscendo le difficoltà e i dolori che la vita riserva a ciascuno di noi) per giustificare la propria tristezza, poiché la gioia non dipende dal soddisfacimento di condizioni esterne ma attinge all’amore di Dio. Riprendendo esplicitamente le parole della Deus Caritas Est di Benedetto XVI, il Papa afferma “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva” (n.7). A questo punto sarebbe molto semplice plaudire questo messaggio, ridurlo ad una sfera intimistica con qualche venatura sociale e tornare ad una vita comoda, perché si tratta di parole, certo molto belle, ma che nulla hanno a che fare con la vita vera, concreta di tutti i giorni, né con le grandi questioni del mondo. Invece l’Esortazione Apostolica di Papa Francesco è esattamente l’opposto. Non un insieme di bei discorsi confortanti, ma l’indicazione di una strada da seguire, una strada che rinnova e trasforma la vita personale e il mondo intero, partendo da ciò che è essenziale: “la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto” (n.36).


Le grandi sfide del nostro tempo sono dal Papa affrontate con il suo stile pieno di affetto e di misericordia, ma che non fa sconti né svilisce la verità delle cose. La prima grande sfida la pone il sistema economico nel quale viviamo che ha dato vita ad un’economia dell’esclusione. Il mito del libero mercato e di una crescita che da sola e di per se stessa garantirebbe una ricaduta favorevole su tutti e una maggior inclusione, non ha retto alla prova dei fatti. In realtà questo mito è ha dato vita ad una cultura dello scarto, dell’avanzo, dell’esclusione di tanti emarginati, intesi sia come persone che come interi popoli. All’oppressione e allo sfruttamento si è aggiunta l’esclusione che colpisce le basi stesse della appartenenza alla società. Si è imposta l’idolatria del denaro come la crisi finanziaria, riflesso di una ben più grave crisi antropologica, ha messo a nudo. È una nuova forma di tirannia invisibile delle ideologie che assolutizzano l’autonomia dei mercati e della speculazione finanziaria, una tirannia che gli Stati stessi difficilmente riescono a contrastare. Dietro questo atteggiamento c’è un rifiuto di Dio che chiama l’essere umano alla sua piena realizzazione e il rifiuto di ogni etica (non ideologizzata) che viene vista come limite al potere. In modo molto accalorato Papa Francesco afferma: “il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano” (n.58). Da queste iniquità nasce una violenza che nessun potere al mondo può pensare di eliminare se non ponendo rimedio alle cause prime dell’esclusione, ad un sistema economico che è ingiusto alla radice. Qui si mette in evidenza l’opzione per i poveri della Chiesa che non si limita solamente a promuovere progetti di assistenza e di aiuto, ma che si rivolge all’altro considerandolo una cosa con se stesso ed è il punto di partenza per una preoccupazione rivolta alla persona e per la promozione del suo bene. Così la dignità della persona e il bene comune dovrebbero essere al centro della politica economica, per una migliore redistribuzione delle entrate, per la creazione di lavoro. In quest’opera è necessario l’apporto di una buona politica, aperta alla carità, che, riscoprendo la nobiltà della propria vocazione, sia capace di avere realmente a cuore la società, le persone e in particolare i poveri. È un impegno, quello per i poveri, a cui nessuno può sottrarsi, a cui nessuna comunità può venir meno. Allo stesso modo è necessario aver particolare  cura di nuove e varie forme di fragilità, come le persone anziane, gli immigrati, i tossicodipendenti, coloro che sono oggetto di una nuova tratta degli schiavi, le famiglie,  le donne che sono maltrattate, i nascituri (ai quali molto spesso si nega la dignità di persona) e la bellezza del creato oggi minacciata. Papa Francesco sottolinea sempre la dimensione della pace, che non nasce dall’assenza del conflitto che potrebbe in realtà coprire situazioni di ingiustizia, ma si tratta di un cammino per lo sviluppo integrale di tutti. Ribadendo che il punto fermo rimane la dottrina sociale della Chiesa, il Papa mette in evidenza l’importanza del dialogo per la costruzione della pace. Un dialogo che serva a favorire l’incontro e che allo stesso tempo sia in grado di promuovere la giustizia e l’inclusione, tenendo sempre presente che il soggetto storico non è una élite ma sono i popoli. In questo contesto è molto importante il ruolo dello Stato che, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di solidarietà, per la promozione dello sviluppo di tutta lo società. Allo stesso tempo, pieno di ricchezza per tutta la società è il dialogo fecondo tra la fede, la scienza e la ragione, è il dialogo tra le differenti confessioni cristiani e tra le diverse religioni.

Questi sono solo alcuni degli spunti della ricchissima Esortazione Apostolica che ha la caratteristica di valorizzare i contributi di molte conferenze episcopali. Anche se mai citata esplicitamente, non può non tornare alla mente la descrizione che il Papa ha fatto della Chiesa come un ospedale da campo che cura i feriti. E sempre per rimanere nel gergo militaresco, Papa Francesco per metterci in guardia da ogni tentazione di mondanità spirituale e di ricerca del potere, afferma: “si alimenta la vanagloria di coloro che si accontentano di avere qualche potere e preferiscono essere generali di eserciti sconfitti piuttosto che semplici soldati di uno squadrone che continua a combattere. Quante volte sogniamo piani apostolici espansionisti, meticolosi e ben disegnati, tipici dei generali sconfitti! Così neghiamo la nostra storia di Chiesa, che è gloriosa in quanto storia di sacrifici, di speranza, di lotta quotidiana, di vita consumata nel servizio, di costanza nel lavoro faticoso, perché ogni lavoro è sudore della nostra fronte” (96). I semplici soldati di uno squadrone che continua a combattere non sono chiamati a cercare un’egemonia, ma a rendere testimonianza, con la vita stessa, della gioia del Vangelo.

Giovanni GUT

 




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