Qualche giorno fa il Parlamento Europeo ha approvato il programma Erasmus+, il nuovo programma dell’UE per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport. Il nuovo programma dovrebbe presto essere approvato dal Consiglio e prendere il via dal prossimo gennaio. Erede del vecchio progetto Erasmus, che prevedeva l’erogazione di borse di studio per la mobilità degli studenti, Erasmus+ unisce in sé tutti programmi dell’UE nel campo dell’istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport compreso il programma di apprendimento permanente Gioventù in azione e cinque programmi di cooperazione internazionale. Il programma ha come scopo quello di promuovere le competenze e l’occupabilità, di sostenere la modernizzazione dei sistemi d'istruzione e formazione, e avrà una durata di sette anni con un budget di 14,7 miliardi di euro (un aumento del 40% rispetto ai livelli attuali). Di questo programma beneficeranno circa 4 milioni di persone: 2 milioni di studenti dell’istruzione superiore (tra cui 450 mila tirocini) che potranno studiare all’estero; 650 mila studenti dell’istruzione professionale e apprendisti riceveranno borse di studio per studiare, formarsi o lavorare all’estero; 800 mila insegnanti, docenti, formatori, membri del personale educativo e giovani lavoratori potranno insegnare o formarsi all’estero; 200 mila studenti che intendano completare un corso di laurea magistrale all’estero beneficeranno di garanzie sui prestiti; più di 500 mila giovani potranno fare attività di volontariato all’estero o partecipare a scambi giovanili; più di 25 mila studenti riceveranno borse per corsi di laurea magistrale congiunti che comportano lo studio in almeno due istituzioni d'istruzione estere. Erasmus+ non coinvolge soltanto le persone, ma pure le scuole, le imprese gli enti, le associazioni e i partenariati: 125 mila scuole, istituzioni d’istruzione e formazione professionale, istituzioni d’istruzione superiore e degli adulti, organizzazioni giovanili e imprese riceveranno finanziamenti per costituire 25 mila “partenariati strategici” al fine di promuovere gli scambi di esperienze e i contatti con il mondo del lavoro; 3.500 istituzioni educative e imprese riceveranno un sostegno per creare più di 300 “alleanze della conoscenza” e “alleanze delle abilità settoriali” per promuovere l’occupabilità, l’innovazione e l’imprenditorialità; saranno finanziati 600 partenariati nel campo dello sport, tra cui eventi europei non profit.
Guardando al programma Erasmus+ non si può non pensare immediatamente alla Youth Guarantee, altro programma dell’UE per favorire i percorsi di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. La loro vastità, sia per budget che per numero di persone e di soggetti coinvolti, stimola più di una riflessione. La prima cosa che appare evidente è che l’Unione Europea ha deciso di investire fortemente sui giovani. Sicuramente questa situazione è dovuta alla necessità di affrontare un mercato del lavoro europeo che conta circa 6 milioni di giovani disoccupati e che registra 2 milioni di posti di lavoro vacanti con un terzo dei datori di lavoro segnala difficoltà ad assumere personale con le qualifiche richieste, una asimmetria che può essere superata sia con la mobilità sia attraverso lo sviluppo delle competenze. Non si tratta, però, di rispondere solamente ad un’emergenza, ma di indicare concretamente verso quale modello di sviluppo andare e di indicare i valori, ossia di dare concreta importanza a ciò che noi riteniamo abbia valore. In scia con Lisbona 2020, che rilancia la strategia di Lisbona, l’Unione Europea ha così ribadito di puntare sulla conoscenza come fattore di ricchezza e di sviluppo. Non a caso è nell’investimento sull’istruzione e la formazione che l’UE punta per rispondere alla drammatica situazione che molti giovani vivono. Allo stesso tempo mette in risalto il legame tra il sistema formativo e il mondo del lavoro. Si tratta di un’alleanza che travalica l’ideologica distinzione tra educazione e lavoro, per un più realistico intreccio tra queste dimensioni della persona al fine di superare le distanze tra due mondi ritenuti divisi e di metterli insieme per servire la persona. Quest’ultimo aspetto non è affatto scontato, poiché troppo spesso sembra che la persona sia al servizio del sistema educativo (basti pensare a quanti “falsi” percorsi formativi ci sono) o al servizio del mercato del lavoro, come se fosse il mercato a dover dire a ciascuno di noi chi siamo e qual è il nostro posto del mondo. Un simile salto di qualità mette in evidenza uno dei valori principali dell’UE: il dialogo sociale.
Erasmus+ e la Youth Guarantee non fanno riferimento solamente alle persone e alle istituzioni, ma coinvolgono tutte le espressioni della società, dalle associazioni alle imprese, dai sindacati agli enti non profit. In questi programmi ci sono grandi opportunità per tutta la società civile, per rimettere in moto un ciclo virtuoso del lavoro che la falsa dicotomia Stato-Mercato ha arrestato. Il raggio d’azione di questi programmi, grazie al dialogo sociale, è più ampio di quanto possa sembrare, poiché contribuiscono alla costruzione di un positivo percorso di cittadinanza. È una responsabilità che tante associazioni già vivono, basti pensare al coinvolgimento di MCL in network come EZA o nei suoi progetti nei Balcani e nel Mediterraneo, che permette la scoperta dell’essere cittadini dell’Unione Europea attraverso l’incontro e la condivisione, per non cadere nella trappola di una cittadinanza astratta e costruita a tavolino che nulla ha a che fare con la realtà. Il dialogo sociale è, a ben vedere, una delle caratteristiche principali che fa dell’Unione Europea un soggetto unico al mondo, con un suo particolare sistema di welfare e di workfare, con un suo particolare modello di lavoro e di educazione. Proprio il dialogo sociale, figlio (consapevole o meno) di una visione che mette al centro la persona, è il vero vantaggio completivo dell’UE rispetto al resto del mondo, un vantaggio che non va appiattito, ma deve essere esaltato. È verso questa direzione che l’Unione Europea deve proseguire per scrollarsi di dosso la tentazione di ridursi ad un groviglio di burocrati anziché essere un incontro tra popoli che hanno una storia e un futuro comuni.
Giovanni GUT