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22/02/2021
L’agenda Draghi
Il discorso programmatico di Draghi presentato al Senato e alla Camera è un programma di riforme vasto e del tutto condivisibile, ma anche di lunga durata

La lista dei Ministri che compongono il Governo Draghi esprime chiaramente le linee guida che verranno seguite d’ora in avanti. Tecnici e politici (distribuiti tra gli schieramenti con una sorta di manuale Cencelli) hanno un ruolo ben preciso. I primi assicurano che i provvedimenti che costituiranno gli assi portanti del programma saranno incastonati in modo efficiente ed efficace. I secondi garantiranno, invece, la copertura parlamentare per i provvedimenti che verranno via via presentati. La scelta di Ministri politici non di prima nomina ed a volte chiacchierati (i vari Brunetta, Gelmini …) ha sollevato più di qualche dubbio, superati dall’ovvia considerazione che torneranno utili come ostaggi per ottenere e conservare il consenso proveniente dai partiti. Un Esecutivo di soli tecnici puri, come quello messo insieme da Mario Monti, sarebbe stato figlio di un Dio Minore. Mario Draghi, avendo chiara questa lezione, nella composizione del suo Governo ha seguito da vicino l’approccio di Carlo Azelio Ciampi nel 1993.

Il discorso programmatico di Draghi presentato al Senato ed alla Camera (ricevendo un largo consenso), è un programma di riforme vasto e del tutto condivisibile, ma anche di lunga durata. Sarebbe stato perfetto se fossimo stati all’inizio della legislatura, ma in realtà avrà di fronte al massimo un anno e mezzo, con l’elezione del Presidente della Repubblica a fare da intermezzo. Mettendo da parte le riforme di ampio respiro il Governo Draghi potrebbe dedicarsi a due sole urgenze: la gestione della campagna vaccinale e la riscrittura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per il Next Generation EU, con l’aggiunta di qualche provvedimento specchietto per le allodole. Facile da far passare ma nel contempo dal forte impatto mediatico che gli consentirebbe di conservare intatta la sua fama di efficiente decisionista riformatore (qualche settimana in più di scuola per gli studenti, un percorso di rientro dalla Cassa integrazione per tutti e per sempre…). Nel contempo Super Mario potrebbe usare il prestigio internazionale accumulato negli anni per portare a casa qualche risultato caro ai sovranisti italiani che in parte lo stanno per ora sostenendo. Ad esempio potrebbe stimolare l’inizio del processo di riforma dell’Unione Europea che potrebbe concludersi andando al di là del suo mandato. La sua gestione della vaccinazione sarà sicuramente migliore rispetto a quella attuata finora: con i vaccini che sono stati somministrati in prevalenza al personale amministrativo delle ASL e ad amici degli amici. Tenendo conto però che il successo dell’operazione vaccini dipenderà dalla disponibilità delle dosi e quindi dalle decisioni europee. Finora l’Europa si è dimostrata fin troppo cauta ed inefficiente, ma col tempo si può sperare il suo operato migliori.
In contrasto, la nuova stesura del PNRR potrà essere cruciale per il nostro Paese. In molti finora hanno visto il Next Generation EU all’italiana come una sorta di Eldorado da sfruttare per generare consensi elettorali ma sulla carta non è così. Il piano dovrà essere molto dettagliato e dovrà contenere non solo indicazioni di spese (e risultati) ma anche riforme per aumentare la competitività. La bozza di dicembre elaborata dal Governo Conte II, estraniando i tecnici del MEF era una mera lista di buone intenzioni senza calcolo alcuno. La versione rivista attualmente disponibile è migliorata significativamente. Questo per merito dei tecnici del Ministero di Economia e Finanza che, come ha ricostruito il giornalista Emiliano Fittipaldi su Domani, in una decina di giorni sono riusciti nell’intento. Ora finalmente ci sono le cifre che collimano con le indicazioni dell’Unione Europea ma mancano ancora le indicazioni dei risultati ottenibili e delle riforme da fare e, soprattutto, manca la definizione della Governance. Su questo, Draghi ha ampio margine per intervenire. Ha poco tempo (un mese e mezzo) ma questo è positivo perché riduce gli spazi di contrattazione politica e dell’annesso mercato delle vacche. Fra l’altro altra nota positiva è che i partiti non hanno esperti in grado di entrare nel merito del Piano mentre Draghi ed i suoi Ministri tecnici conoscono bene la materia. Tanto più il PNRR sarà preciso, tanto più indirizzerà il processo di riforma anche oltre la fine della legislatura mettendo così una sorta di pilota automatico agli esecutivi che verranno dopo.

Prendiamo come esempio la riforma delle tassazione alla quale si stava dedicando anche il precedente esecutivo individuando nel modello tedesco la soluzione (col passaggio dai gradini degli scaglioni alla rampa con una rimodulazione delle aliquote). I difetti del sistema fiscale italiano sono ben noti e molti esperti concordano sulle soluzioni. Bisogna semplificare e ridurre le aliquote disboscando le agevolazioni ed utilizzando i proventi della lotta all’evasione in modo tale da mantenere la pressione fiscale invariata. Draghi ha giustamente ricordato che la riforma dovrà riguardare il sistema fiscale nel suo complesso, e non, come fatto finora, interessando singole tasse ed ha quindi ipotizzato di predisporla con la nomina di una Commissione di Esperti. Questo percorso naturalmente non è compatibile con un Governo col timbro di scadenza affisso e comunque non è politicamente semplice. Visto che i partiti, anche se sono d’accordo in linea di massima, inizieranno ad opporsi appena si entrerà nel merito della riforma. Pertanto un Governo Draghi di breve durata avrebbe solo il tempo di nominare la Commissione e di promettere all’Unione Europea, facendosi garante, che l’Italia approverà una riforma fiscale entro il 2022 (sei-otto mesi per i lavori della Commissione ed il resto per l’approvazione).  Nel Piano dovrebbe indicare con una certa precisione gli obiettivi (p. es. semplificazione, riduzione del carico fiscale per i redditi medi a gettito fiscale invariato, eliminazione delle esenzioni superflue etc.), lasciando al Governo che succederà al suo (che potrebbe essere presieduto da Salvini o dalla Meloni) il compito di specificare i dettagli (quali agevolazioni abolire, come disegnare le aliquote e quale modello adottare). La legge dovrebbe prima essere firmata dal successore di Mattarella e giudicata conforme al Recovery Plan dal Commissario europeo Gentiloni e poi dal Consiglio dei Ministri dell’Unione. Va da sé che senza la riforma o con riforme non conformi, la Unione Europea potrebbe non erogare la tranche di fondi prevista per il 2022.

Concludendo, non penso che il P.d.C. Mario Draghi avrà l’opportunità di riformare l’Italia visto che gli stessi italiani sono refrattari alle riforme. O meglio tutti accettano gli eventuali cambiamenti a parole, ma a patto che vengano intaccati i privilegi degli altri e non i propri. Non resta che essere ottimisti auspicando che nel medio periodo la prevedibile ostilità della maggior parte degli italiani verso le riforme venga attenuata dagli effetti positivi derivanti dal mix fra sussidi arrivati dall’Unione Europea, forte ripresa della crescita economica ed effetti d’impatto positivi delle riforme.

Marco Boleo




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