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19/08/2020
De Gasperi: una doppia attualitĂ 
la distanza tra la politica e gli uomini del tempo di De Gasperi e il pressapochismo di troppo ampi settori dell’imbarazzante classe politica attuale

E’ di poche settimane la proposta presentata a Firenze, nel corso  della tradizionale conferenza sullo “stato dell’unione” dell’Europa, da parte del Presidente della Ue Charles Michel, di chiamare “Piano De Gasperi”, il Recovery Fund approvato dal Consiglio europeo.

Il richiamo fa riferimento all’azione politica svolta nell’immediato dopoguerra dallo statista trentino in favore di un piano per la difesa europea. Lo stesso Michel ha ricordato le parole di un significativo discorso del 10 dicembre del 1951.  “La storia, con le sue similitudini e le sue coincidenze” disse allora De Gasperi “con le sue connessioni che quando sono spezzate sono forgiate di nuovo all’istante, ci mostra che l’unione delle nostre forze probabilmente dissolverà il rancore nei nostri cuori e ci darà la pace dentro l’Europa. La condivisione delle nostre esperienze raddoppia la forza delle nostre potenzialità nazionali dando loro nuovo impeto verso la creazione di una civilizzazione ancora più avanzata e nobile”.

E’ evidente il riferimento, in quelle parole, al senso dello sforzo di De Gasperi di allora: la convinta adesione alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio e la proposta della Comunità Europea di Difesa rappresentavano il nuovo indirizzo sul quale costruire l’Europa, superando rancori, divisioni e guerre. La similitudine con la situazione di oggi è del tutto evidente: a fronte degli effetti sul piano sociale ed economico della pandemia, occorre ritrovare quella stessa capacità di dissolvere i rancori che riaffiorano, dividendo e ritardando, di conseguenza, il cammino politico dell’Europa.

Su di un piano più ampio che richiama la solidarietà occidentale ed il rafforzamento della democrazia contro i rischi di scivolamento nazionalistico e/o di condizionamento delle libertà, si può richiamare un'altra vicenda che vide protagonista Alcide De Gasperi: la visita in America del 3 gennaio del 1947 e l’incontro con il Presidente Harry Truman con i primi aiuti all’Italia e l’avvio verso l’esperienza politica centrista. Come ricorda Giulio Andreotti, in quella occasione “De Gasperi aveva conosciuto Marshall” ed “era rimasto colpito dalla conoscenza che il generale mostrava di avere dei problemi europei”; “ne comprese la ragione - continua Andreotti - poco più tardi quando Marshall lanciò un programma di forti aiuti per la ricostruzione, offrendolo a tutti i Paesi del nostro vecchio continente”. Quel piano, oltre che il sostegno economico, conclude, “avrebbe potuto anche favorirne la compattezza”.

Ci piace richiamare le parole in una intervista di due anni fa della figlia Maria Romana che in quel viaggio l’accompagnò. “L’ultimo giorno si realizzarono le sue speranze. Gli fu consegnato un assegno da 100 milioni di dollari della Export-Import Bank. L’Italia poteva sperare di tornare a lavorare”, e rispondendo alla domanda di cosa poteva aver convinto i governanti americani a fidarsi dell’Italia, risponde: “sono certa che la garanzia più grande sia stata la vita di mio padre. Gli americani si fidavano di lui, perché sapevano che aveva pagato di persona il prezzo del fascismo con la prigione e l’isolamento”.

Sulla persona di De Gasperi, sui caratteri della sua visione di cristianesimo e democrazia, sulle scelte politiche decisive, sulla sobrietà e dignità del suo stile, illuminanti sono alcune riflessioni, in occasione del sessantesimo anniversario della morte, contenute in un pregevole saggio del 2013 del professor Francesco Mercadante, già vicino al Movimento Cristiano Lavoratori e che ha avuto l’amabilità di attribuircene la sollecitazione a scriverlo.

Con De Gasperi in auge - argomenta Mercadante - immagine viva e credibile del centrismo maggioritario di ispirazione religiosa, i cattolici vivono in politica lo ‘stato di grazia’, come per una seconda nascita della democrazia italiana… dando corpo solidissimo al ‘soprannaturale democratico’, non ovviamente a quello irriso da Marx, ma a quello che metterà in crisi il marxismo”. A questo riconoscimento storico il professore emerito di filosofia del diritto fa seguire una valutazione sulla persona, necessaria per una storiografia italiana troppo attenta, anche secondo Pietro Scoppola, “ad una visione dei ruoli, più che delle persone, con tutto il loro spessore di umanità”. Di De Gasperi ne viene fuori una immagine straordinariamente efficace ed incisiva nella sua verità: “A voler rimediare, scavando nella zolla delle origini, a inquadrare storicamente… di là della figura, balza in primo piano la persona, con il suo calzino bianco e con il portafoglio vuoto. Un modello tra gli innumerevoli altri, di santità e che se poi fa da contrappeso a un costituente, a un parlamentare ‘tira’ ancor di più, perché si rivela il tassello mancante di una moderna economia del bene comune, preso en bloc, senza il filtro della lottizzazione partitocratica”.

Attraverso queste espressioni sentiamo tutta intera la distanza che ci separa tra la politica e gli uomini del tempo di De Gasperi e il pressapochismo di troppo ampi settori dell’imbarazzante classe politica attuale. 

Ed è questo, nei tempi della totale inadeguatezza della rappresentanza, un ulteriore motivo di riconoscenza, di ricordo, di attualità per una personalità che ancora oggi è in grado, con la sua storia istituzionale e personale, di indicare, per quel che è ancora possibile, la strada alla politica di oggi.

Pietro Giubilo




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