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27/07/2020
Santa Sofia di Istanbul riapre come moschea
La Turchia sta attraversando una fase molto delicata e difficile sul fronte della laicità, della democrazia, della tutela dei valori umani

Venerdì 24 luglio 2020: Santa Sofia di Istanbul ha riaperto come moschea! La basilica, dedicata alla Sofia (cioè alla Sapienza) fu costrurita nel 537 e fino al 1453 fu chiesa cristiana (prima cattolica di rito bizantino e poi ortodossa).  Dopo la presa di Costantinopoli da parte degli ottomani diventò moschea e, nel 1934 Mustafa Kemal Atatürk, primo presidente della repubblica di Turchia, rinata dalle ceneri dell’impero ottomano, la trasformò in museo. Fino a giovedì 23 luglio la basilica è stata sito Unesco, patrimonio dell’umanità. Il provvedimento di Atatürk era evidentemente clamoroso perché si inseriva all’interno del processo di laicizzazione e di modernizzazione della Turchia. Quindi, nessun favore al cristianesimo né tantomeno all’Occidente cristiano. Venerdì 10 luglio Recep Tayyip Erdoğan, presidente di una repubblica che sta realizzando un progetto di islamizzazione, ha decretato la riconversione di Santa Sofia in moschea e ha trasferito il controllo al Direttorato degli Affari religiosi turco. Il decreto ha fatto seguito alla sentenza del Consiglio di Stato della Turchia, che ha stabilito illegittima la decisione di Atatürk. Tutto perfettamente legittimo.     

Qualcuno sostiene che tutto ciò accade perché il presidente Erdogan si trova in grande difficoltà, specie in questo momento di crisi economica anche per la Turchia, e, pertanto, ha bisogno dei consensi della parte più conservatrice, cioè di quella parte che mescola religiosità con sentimenti nazionalisti, una miscela che ha come unico sbocco l’opposizione verso i Paesi occidentali. Tuttavia, questa analisi, tutta interna alle vicende turche e al progetto di Erdoğan di “ottomanizzare” la Turchia, non è di per sé esaustiva e men che meno soddisfacente. La riconversione di Santa Sofia, che segue analoghe iniziative di trasformazione avvenute in passato (come ad esempio la chiesa dei santi Sergio e Bacco a Istanbul e la chiesa di Santa Sofia a Trebisonda riconvertita nel 2013 nel silenzio dell’Occidente), è parte di un più ampio progetto di restaurazione, che ha come obiettivo il controllo della società turca e il consolidamento di un potere che vuole diventare assoluto.

La Turchia sta attraversando una fase molto delicata e difficile sul fronte della laicità, della democrazia, della tutela dei valori umani. È illuminante ciò che sta accadendo all’Ordine degli avvocati di Turchia. La settimana scorsa il parlamento turco ha approvato una legge che ridisegna la composizione dell’ordine degli avvocati nazionale (istituzione tra le poche rimaste a tutela dei diritti umani, del diritto e della costituzione e, pertanto, poco gradita al regime). Il 90% degli avvocati è contrario alla legge e ha protestato a maggio e giugno con marce sulla capitale, con sit-in di protesta (anche di 28 ore continue sotto la pioggia) con tentativi di ingresso in Ankara (altre manifestazioni si prevedono), sempre ostacolate dalla polizia che ha anche ripetutamente caricato i dimostranti. A tutt’oggi esistono numerosi avvocati incarcerati per il solo fatto di aver difeso persone che hanno protestato contro ogni forma di repressione (si tratta di insegnanti e persone sospettate di appartenere a organizzazioni di opposizione e di atti di terrorismo poi prosciolte, di donne che hanno subito varie forme di violenza,..). Due avvocati tra quelli arrestati sono in sciopero della fame da circa un anno (oggi pesano meno di 40 chili e sono in pericolo di vita). La nuova legge riduce l’autonomia dell’ordine degli avvocati e ridimensiona il numero dei delegati provenienti dalle associazioni più numerose e rappresentative (come ad esempio Istanbul, Ankara, Izmir) dal 55 % al 13%, facendo crescere i delegati di piccole associazioni provinciali vicine al regime. Dopo aver attaccato giornalisti, professori, magistrati ora il regime attacca l’avvocatura e la libertà religiosa. Dal 2016 ad oggi sono stati arrestati oltre 600 avvocati ed emanate oltre 340 condanne, notizie contenute in Arrested Lawyers Initiative a cura del Consiglio Nazionale Forense.                

Santa Sofia e avvocatura sono due vicende (tra le altre) parallele, frutto di una stessa strategia politica, di fronte alla quale l’Europa reagisce molto timidamente e, forse, anche con disinteresse, concentrata come è sulle questioni sanitarie e, soprattutto, su quelle economiche e finanziarie tutte interne.  Sembra che i Paesi europei e l’Unione Europea non siano consapevoli delle proprie responsabilità in questo momento storico.  In una recente intervista monsignor Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell’Anatolia, accusa il disinteresse dell’Europa e aggiunge: “Alcuni politici usano la religione solo per i loro scopi. C’è chi sventola i rosari in piazza ma poi non fa niente per la libertà religiosa. Così come non si può sbandierare la riconquista di Santa Sofia, non bisogna neanche agitare i rosari in piazza. Il fondamentalismo identitario e l’uso distorto della religione attirano molte persone, qui come in Europa. Ma le religioni devono servire per la pace e la convivenza, non per la contrapposizione. Questa è la linea del Papa, della Chiesa e del Vangelo”. Emergono anche gli errori dell’Europa di un recente passato in cui a lungo si è discusso dell’ingresso in UE della Turchia senza pensare che le incertezze europee l’avrebbero spinta al punto in cui si trova oggi. Quale via alternativa ha offerto l’Unione chiusa nel suo fortilizio perché la Turchia potesse svilupparsi in un quadro di valori giuridici e umani condivisi nei trattati europei? Sulla strada del rafforzamento sposando un certo tipo di politica islamica, la Turchia si è anche inventato un ruolo internazionale nei vari scenari mediterranei, spazi lasciati dalla assenza dell’Europa. Di fronte ai segnali provenienti da parte turca bisogna avere il coraggio di praticare relazioni basate su dialogo e coinvolgimento in un quadro multilaterale, riaprendo una trattativa di segno diverso, certamente non tendente ad arricchire la Turchia perché si tenga i profughi.

Una via è stata indicata da papa Francesco e dai vescovi del Mediterraneo nell’incontro svoltosi a Bari nel febbraio di quest’anno. Nel suo discorso a Bari Papa Francesco sollecitò le chiese ad alzare “la voce per chiedere ai Governi la tutela delle minoranze e della libertà religiosa”; tra le proposte finali dei vescovi si legge di istituire comitati interreligiosi “soprattutto con i credenti musulmani per realizzare insieme opere di solidarietà” e di realizzare con la società civile un cammino di tutela del bene comune. La questione di Santa Sofia e i temi relativi alla tutela del diritto, della libertà, della democrazia possono essere un’occasione. Ma serve un impegno oggi senza ulteriori indugi.

Gaetano Dammacco




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