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16/06/2020
Al C.N. dopo la pandemia
dare risposta al bisogno di vita che viene dai territori potrĂ  condurre ad una sapiente sinergia sociale, animata da una visione sociale, culturale e spirituale

Tralascio le ragioni del perché l’epidemia di coronavirus non ha affatto colpito tutto il mondo con la stessa durezza, ma solo alcuni Paesi che hanno gestito la situazione in modo disastroso, stando agli esperti ahinoi, proprio dal nostro Paese, ma vorrei soffermarmi sulla possibile lezione al Movimento.

Il punto di partenza per il credente è sempre l’invocazione al Padre… come Lui stesso ha detto di rivolgersi “Padre Nostro…”, quindi la nostra posizione è collocata su una riflessione di come abbiamo vissuto in questo tempo della pandemia.

Importante per noi è il MCL, come una grande famiglia di credenti che si pone davanti a una “prova”, o meglio di come si pone il lavoratore da cristiano che crede nel Dio della salvezza di fronte al termine “prova”, che non separerei da “tentazione” quella situazione di comportamento non conforme alla parola del Vangelo e in pratica opposta a Dio. Facilmente nella situazione in cui ci troviamo, il Covid ci appare subito come esempio di una prova, anche se vista come tale non è riservata a qualcuno in particolare: i credenti, ma riguarda tutta la condizione umana, anzi le spesso citate pestilenze, carestie bibliche, non costituiscono la fine della storia umana, ma il suo continuo. Ma siamo davvero davanti alla “prova”? La parola chiave per il credente è sempre, ma vorrei invece parlare di alcune lezioni che dovremmo imparare da quanto è successo per evitare di continuare a sbagliare, come per molti aspetti sta già purtroppo accadendo.

1) Anzitutto, dobbiamo avere chiaro che, nonostante tutti i disagi sopportati, ci troviamo ancora in una situazione ad alto rischio, (pandemia).
2) Dobbiamo prepararci al fatto che la domanda “Cosa dobbiamo fare per riaprire in sicurezza?” potrebbe ben presto convertirsi in un’altra assai più drammatica: “Cosa dobbiamo fare se ci accorgiamo che non si può riaprire in sicurezza?”. E per rispondere correttamente dobbiamo prima riflettere su uno slogan che fin qui abbiamo ascoltato (e molti anche ripetuto) in modo acritico: “La salute vale più dei soldi”. Non che in sé sia sbagliato, ma il problema è che senza i soldi non c’è neanche la salute. E non solo perché le cure mediche costano, ma anche e soprattutto perché il benessere rappresenta di per sé la miglior difesa della salute, mentre la povertà uccide, direttamente, ma soprattutto indirettamente, perché ci rende più vulnerabili: al caldo, al freddo, alla fatica e alle stesse malattie… cioè alle prove.
3) Abbiamo dimostrato che anche noi siamo capaci di costruire un ospedale in una settimana come i cinesi (probabilmente anche migliore del loro). Finiamola, quindi, con la sequenza che l’Italia non sarebbe un Paese ad alta tecnologia, identificando arbitrariamente quest’ultima con la tecnologia informatica e le aziende all’avanguardia con le grandi aziende.
4) A parole sembra che tutti l’abbiano capito, ma i soldi promessi faticano ad arrivare proprio per l’eccesso di burocrazia e la prevista sospensione per 3 anni del demenziale Codice degli appalti è sparita dal decreto Rilancio.
5) Qui senza cambiamenti rapidi e radicali rischiamo, come già nella crisi finanziaria del 2008, di perdere un gran numero di imprese sane e di avere una ripresa molto più lenta del resto d’Europa. Se accadesse di nuovo, usciremmo definitivamente dal gruppo dei Paesi più avanzati.
6) Dobbiamo tornare a investire nella ricerca, cominciando dall’università. Sembra che lo si voglia fare davvero, ma attenti al tragico errore (che si stava rischiando di commettere anche prima del coronavirus) di investire solo nei settori “alla moda”: ieri l’ambiente, oggi la medicina. Questo significa non capire nulla di come funziona la scienza, dove spesso la soluzione a un problema arriva da un campo completamente diverso (per esempio, gran parte delle apparecchiature oggi usate negli ospedali sono nate grazie alla fisica atomica). E non dimentichiamo le materie umanistiche, perché, come abbiamo visto chiaramente in questo periodo, per resistere ai drammi della vita non basta il progresso tecnologico.
6) Quello che invece non dobbiamo assolutamente fare è aumentare (semmai migliorare) la spesa per la sanità (anche se in parte sarà inevitabile, ma cerchiamo almeno di limitare i danni). L’enorme debito pubblico (che era fuori controllo anche prima del virus) e l’assurdo livello di tassazione (il più alto del mondo) indicano chiaramente che già da molto tempo stiamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità e stiamo spendendo più di quanto ci possiamo permettere: e la spesa per la sanità è una delle più ingenti.
7) La verità è che alla scuola non serve affatto più digitale, bensì un digitale usato con più intelligenza, perché la comunicazione umana è in gran parte non verbale, teoricamente l’abbiamo sempre saputo, ma adesso l’abbiamo toccato tutti con mano: vediamo di non dimenticarcelo.
8) Discorso analogo per il lavoro, anche a distanza (smart working): va bene se si limita a integrare il lavoro normale (in università lo praticano da ben prima che inventassero i computer), non andrebbe più bene se invece pretendesse di sostituirlo.
9) Dobbiamo prendere atto che le frontiere a volte servono e che la globalizzazione integrale non è così fantastica, come all’inizio era sembrato, perché fa girare più in fretta non soltanto le cose buone ma anche quelle cattive. L’avevamo già visto in parte con il terrorismo e poi con la crisi finanziaria, adesso con il virus dovrebbe essere diventato chiaro a tutti.
10) L’Europa ha brillato per la propria inconsistenza, anche se negli ultimi giorni si è visto qualche segnale più incoraggiante, cambiamenti ancora molto timidi e dettati assai più dalla paura che da una vera solidarietà, ma non è detto che la paura sia sempre una cattiva consigliera: dopo tutto, come dicevano gli antichi, “Sperare non costa nulla”, quindi speriamo.
11) Il nostro MCL in questo delicato momento, dove si presenta la fase statutaria prevista per il rinnovo dei suoi organi centrali, cosa fa per leggere e vivere la nuova “prova” come cercatori dei segni della presenza di Dio nella realtà del lavoro, dell’economia e della politica, alla luce della Parola, da “cooperatori di Dio” (1 Cor 3,9) e “pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti” (1 Cor 9,19)?

Allora ritornando alla richiesta precisa al Padre di non introdurci nella “prova” e liberarci dal male, (qui ne ho elencati 11, ma ce ne sono ben di più…), facente parte della nostra vita e non certo creata da Dio: per la “prova” ci dovremo passare, io - (noi) - ma ci fidiamo di Te, perché “sia fatta la tua volontà” orientando cosi il nostro impegno a sottrarci dal maligno. Come? Accettare soffrendo? Conversione e cambiamento interiore? Niente sarà come prima? No! Dovremo dire: per me - (per noi) - niente sarà come prima! Perché sarà possibile generare solidarietà (welfare generativo) con l’umanità sofferente e, dopo questa triste esperienza di pandemia fra le tante fragilità diffuse nel mondo, poterla definire una situazione normale! Da questo momento in poi, le nostre azioni, la disponibilità agli altri, i valori che dominano nella vita, non saranno quelli di prima. Non saremo più quelli di una volta: è questa la vera rivoluzione. Non chiedere agli altri, non demandare a nessuno quello che spetta a noi. Non è forse questa l’unica vera rivoluzione possibile? Non è forse questo l’insegnamento di Cristo?

Allora la circostanza vuole che nel MCL partiamo dunque dal territorio, per costruire una nuova esperienza di governance nella società, più capace di difendersi dalle logiche di potere che la inquinano e la indeboliscono, più attenta al vissuto quotidiano, più progettuale, creativa, coraggiosa, riflessiva, dialogica, non aggressiva ma propositiva, all’altezza delle sfide del momento presente. L’esigenza di dare risposta al bisogno di vita che viene dai territori potrà condurre ad una sapiente sinergia sociale, animata da una visione sociale, culturale e spirituale. Allora Buon lavoro!

Gilberto Minghetti




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