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12/06/2020
L'impatto della pandemia sul mondo del lavoro
Ciò che occorre non è un incremento dei sussidi, che lasciano le persone più disperate di prima, ma una serie di investimenti reali

Nelle note sulle prospettive della nostra economia, l'Istat prevede un calo del 9,3% delle unità di lavoro, che significa che sono a rischio circa due milioni di posti di lavoro. Una situazione anticipata da un'altra informazione fornita dall'Istat secondo la quale mei primi mesi del 2020 50.0000 persone hanno smesso di cercare lavoro. Questi semplici e drammatici dati ci danno l’immagine dello tsunami che, a causa della pandemia, si sta abbattendo sulla nostra economia ed in particolare sul mondo del lavoro. Uno tsunami che desta preoccupazione in tutti, ma che evidentemente non ne desta abbastanza, poiché il dibattito politico non si concentra su di esso. Tuttalpiù si occupa di come far fronte ad alcuni effetti negativi dell'impatto della pandemia sul mondo del lavoro, senza però mettere il lavoro al centro.

Il più lampante esempio di questo atteggiamento è il fatto che si presta più attenzione ai bonus, ai sussidi, alle sovvenzioni che a far ripartire il lavoro, che semplicemente significa far ripartire le imprese (nell'accezione più vasta). In questo c’è continuità con la linea adottata nel “pre pandemia”, in cui la più significativa iniziativa di politica del lavoro è stata il reddito di cittadinanza che nel migliore dei casi ha messo qualche toppa, ma che nei fatti ha prosciugato le risorse senza avere alcun impatto realmente positivo sul mondo del lavoro.

Ciò che occorre non è un incremento dei sussidi che lasciano le persone più disperate di prima, ma una serie di investimenti reali (non solamente annunciati), a partire dalle infrastrutture per ammodernare il Paese, e la valorizzazione di esperienze positive sul lavoro che si sono viste in questi mesi di lockdown. In particolare, lo smart working che ha permesso una certa continuità lavorativa e che, se ben equilibrato, può essere una risorsa importante per la conciliazione tra il lavoro e la famiglia. Proprio questa conciliazione sarà decisiva nei prossimi mesi che vedranno ancora molti bambini piccoli restare a casa o andare ad intermittenza alle scuole dell'infanzia (nella speranza che non chiudano i cicli scolastici successivi). Assieme a queste c’è la grande sfida della sicurezza dei luoghi di lavoro che non può limitarsi solamente alla risposta alla pandemia, ma che deve diventare cultura condivisa.

Alle prese con il tragico bollettino dei dati della pandemia, con i quotidiani aggiornamenti sui contagi e sulle morti, è passata sotto traccia la notizia delle persone che si sono suicidate durante il lockdown per aver perduto o per timore di perdere il posto di lavoro. Occorre dare una risposta a questa disperazione attraverso la vicinanza e un investimento sul lavoro, affinché il nostro Paese possa realmente ripartire.

Giovanni Gut




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